Sui programmi Murgia, Maninchedda e…Cabras: sovranismo senza sovranità?

Adriano Bomboi.

Terremoto politico romano permettendo, viviamo settimane decisive nelle quali verranno a galla le principali personalità politiche che si scontreranno sul terreno delle prossime elezioni regionali. Ma dietro il balletto dei nomi, continuano ad apparire poco chiari i programmi che si intendono promuovere per governare meglio la Sardegna. I principali nomi dell’autonomismo e dell’indipendentismo vedono al momento solo Paolo Maninchedda (“Partito dei Sardi”) e Michela Murgia (ProgReS) come potenziali candidati alla presidenza. Nel dibattito si è inserito anche Andrea Pubusa, il quale ha chiesto ai sovranisti come vedono il proprio rapporto riformistico con la Costituzione. Parlerò prima di economia e dopo di lingua, con un occhio verso la Costituzione, partendo da uno scambio di opinioni avuto con Giuliu Cherchi, il quale, confermando l’impegno del “partito dei Sardi” ad una legislatura riformistica, ricordava l’intesa col PD per costruire un programma condiviso in cui verrebbero discussi i rapporti Stato-Regione, ed in cui ci sarà l’introduzione del bilinguismo, l’adozione dell’Agenzia Sarda delle Entrate, ed un’altra serie di misure destinate a migliorare l’amministrazione del territorio.

Uno degli elementi in cui si palesa la sovranità reale di un territorio è la capacità delle sue amministrazioni di monitorare l’effettivo sviluppo del proprio mercato, in questi termini, l’idea di creare in Sardegna una Authority garante della concorrenza è uno dei maggiori contributi teorici offerti da U.R.N. Sardinnya nella storia dell’indipendentismo contemporaneo. Il paradosso è che per la prima volta una concezione liberale fa capire ad un ambiente fin’ora attraversato da correnti folcloriche e ideologizzate che lo sviluppo di una terra non dipende dal semplice possesso di beni o servizi ma dalle regole che ne accompagnano la loro libera operatività nel mercato.

Giuliu Cherchi, con riferimento alle varie riforme da fare, rimarcava un aspetto, e cioè che non ci sarebbe bisogno di fare chissà quale modifica dello Statuto Autonomo, in quanto, con una corretta applicazione della legislazione vigente, si otterrebbero comunque dei buoni risultati. L’Agenzia Sarda delle Entrate sarebbe parte di questo programma, realizzabile senza alcuna modifica statutaria, e riteneva anche valida la proposta di U.R.N. Sardinnya sulla realizzazione di un Antitrust regionale, ma solo a seguito di altri interventi legislativi, evitando così che un eventuale Authority diventi l’ennesimo ente privo di efficacia. A questo punto bisogna farsi una domanda: la Costituzione Italiana permette ai Sardi di sburocratizzare e monitorare il proprio mercato, e, se necessario, di apportare sanzioni per tutelare la concorrenza? Secondo Giuliu Cherchi l’adozione di un Antitrust non richiederebbe una riforma statutaria, secondo la Costituzione Italiana, Titolo V°, art. 117, comma e), leggiamo che lo Stato ha la competenza esclusiva nelle seguenti materie: “moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie”. Ecco perché la nostra proposta di Antitrust non era slegata dalla contestuale riforma statutaria. I sovranisti non dovrebbero confondere le materie di competenza esclusiva dello Stato con quelle concorrenti attribuibili alle Regioni (a meno che, ovviamente, non si parli di riforme che si pongono in una sfera statale). Fra le materia di competenza concorrente vi è, ad esempio “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”. Poniamo il caso che i sovranisti mettano in piedi una Agenzia Sarda per l’Energia, secondo voi, senza una Authority locale di controllo del mercato, non diventerebbe proprio l’Agenzia per l’Energia il vero carrozzone inutile? Se il sovranismo non affronta globalmente i problemi strutturali connessi alle nostre istituzioni sarebbe di scarsa utilità rispetto ai partiti italiani, e per nulla innovativo rispetto al sardismo. Eppure Maninchedda pare ben consapevole che una sana sovranità si gioca nel rapporto dell’equilibrio tra poteri (fu anche fra i promotori di una legge sul conflitto di interessi), ma in tema di garanzia del mercato non sembra avere una posizione chiara sugli strumenti che dovrebbero assicurarla. Del PD si richiama la posizione di Antonello Cabras, che se sulla legge elettorale manifesta posizioni condivisibili, sulla necessità di svincolare il nostro mercato dagli oligopoli pubblici e privati non solo non ha una posizione, ma all’art. 7 della sua proposta di riforma dello Statuto Autonomo presentata nel 2010 si limita a fare copia e incolla dall’art. 117 della Costituzione, attribuendo solo a Roma la possibilità di tutelare la concorrenza.
Ad Andrea Pubusa chiederei volentieri se la Costituzione dobbiamo tutelarla oppure riformarla. Io sono per la seconda opzione. Ai sovranisti del neo-PDS invece vorrei chiedere se discutere un programma col PD si tradurrà anche in una riforma dello Statuto Autonomo o se ci si limiterà a fare i sovranisti senza sovranità. E qui arriviamo anche al tema linguistico. Giuliu Cherchi mi diceva che da tempo ci sono tante chicche in serbo sul tema del bilinguismo, io so solo che da due anni stiamo bombardando periodicamente i lettori di Sa Natzione con le comparazioni dell’Autonomia altoatesina. L’indipendentismo Sardo nel XXI° secolo non ha ancora capito che la specificità linguistica conferisce maggiori poteri anche nel campo della rivendicazione economica. Speriamo sia maturata una maggiore attenzione, perché nel 2011, ad un convegno con Gesuino Muledda, Franciscu Sedda ha chiesto alla platea cosa avrebbero potuto ottenere un milione e mezzo di Sardi rispetto agli oltre 60 milioni di italiani. Mi bastò quella domanda per capire che uno dei più brillanti indipendentisti che abbiamo a disposizione non sapeva nulla sul tema, né che poche migliaia di altoatesini contano più dei Sardi, e non per ragioni economicistiche, ma perché le ragioni economicistiche sono perseguite con profitto grazie alla riconosciuta alterità linguistica. Ma non solo, hanno anche una maggiore rappresentanza democratica, perché le legge elettorale statale riconosce maggiori possibilità percentuali alle minoranze linguistiche riconosciute come tali dal proprio Statuto Autonomo (vedere porcellum). Anche in questo caso chiederei volentieri a Giuliu Cherchi come pensa di aggirare l’ostacolo a legislazione corrente, datosi che il nostro Statuto Autonomo non include tale riconoscimento, e che la legge regionale n. 26/97 non rientra in questa caratteristica.
Sotto questo punto di vista Antonello Cabras ha una posizione più avanzata dei sovranisti, perché all’art. 3 della sua proposta del 2010 riconosce la necessità di riformare in tal senso lo Statuto speciale, dando formale riconoscimento alla lingua Sarda.

Sul versante linguistico è indubbiamente più avanti il ProgReS di Michela Murgia, che grazie all’impegno di attivisti come Nicola Cantalupo e Massimeddu Musu Cireddu, ha contribuito in passato a proporre idee come l’Istituto per il plurilinguismo. Idee tuttavia annacquate da orientamenti interni tesi a snazionalizzare l’apporto politico della lingua (lo stesso errore di U.R.N. Sardinnya del 2005). Ad esempio pensiamo ad Omar Onnis ogni qualvolta insiste nel riciclare l’assurda teoria del “non-nazionalismo” promossa da Sedda (come se utilizzare l’albero giudicale sia “meno nazionalista” rispetto ai 4 Mori); o pensiamo a quanti usano l’esempio scozzese e irlandese per giustificare un indipendentismo privo di lingua nazionale (scordando che tali nazionalismi avevano però altri elementi di coesione sociale, fra cui la religione). Ma se nel nostro contesto ponessimo in secondo piano la lingua, sulla base di quali elementi vorremmo definirci “popolo” e proclamare la nostra autodeterminazione rispetto allo Stato italiano? Solo per ragioni insulari? Si potrebbe fare, ma a quel punto bisognerebbe votare Mauro Pili, che sulla sola insularità giustifica le sue battaglie politiche (poco pratiche e molto mediatiche, relegando la lingua Sarda ad una manifestazione culturale di contorno). Io non voterò per una Sardegna provinciale ma per una Sardegna natzionale. In ProgReS, l’assenza di una chiara linea sul tema è emersa anche in un recente comunicato alla stampa, nel quale il movimento ha affermato: “che non punta solo sugli elementi distintivi: lingua, costumi, ma ha le sue ricette in materia economica e sui diritti civili”.
E da quando in qua il diritto a parlare la propria lingua non è anch’esso un diritto civile?
Augurandoci che la confusione venga presto risolta, c’è da sperare che persino Michela Murgia non si limiti a raccontare le storie dei Sardi che ce l’hanno fatta ma che proponga soluzioni anche a quei tanti che non ce la fanno. Non si tratta dei Sardi che vanno ai festival letterari italiani, ma dei tanti anonimi poveri Cristi che non disdegnano le sagre di paese e che quando possono ascoltano ancora il momento della poesia (in Sardo) sui palchi delle nostre piccole comunità. Sono certo che il ProgReS non aspetterà ulteriormente i vari Pili e Grillo del momento e si occuperà anche delle tasche dei contribuenti. Pensiamo alla TARES, per dirne una, od alla razionalizzazione della macchina pubblica per dare libertà e dignità a cittadini e imprese. Ed anche in questo caso bisognerebbe capire se il gruppo di Michela Murgia intende riformare lo Statuto Autonomo, perché di sovranisti e indipendentisti senza sovranità la Sardegna ne ha già conosciuti parecchi. E nessuno ne sente la mancanza.

In quanto agli altri indipendentisti convocati dal Laboratorio Gallura, forse sarebbe tempo di capire che le adunate pre-elettorali non servono a dare credibilità all’indipendentismo. Oltre alla Murgia, se ci sono nomi e programmi alternativi ai partiti italiani, si esca dalle logge segrete, si facciano dibattiti pubblici e si accettino le primarie come spazio in cui sottoporre a verifica la propria proposta.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos

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    9 Commenti

    • Adriano, come al solito fai un minestrone. Metti la questione dell’antitrust. Non ti ho detto che servirà molto dopo ma dopo, al massimo contestualmente, all’avvio di governabilità sui vari temi di interesse, oggi assenti. ho detto che avere prima un antitrust sardo non serve, e te lo ripeto, perchè sarebbe subalterno a quello italiano, non avendo oggi governo alcuno sui settori da controllare. E’ ben diverso da come riporti. Ne tantomeno ho detto che non servirà la revisione dello statuto, ma che prima di revisionarlo c’è da “togliere il bambino dalla bacinella dell’acqua sporca”, poi ci si rimette l’acqua pulita. Se trovo tempo ti rispondo punto per punto.

    • Un panegirico di parole per dire le stesse cose della nostra proposta, :) è chiaro che una revisione statutaria si pone in misura contestuale ad altri elementi, ad esempio nel settore dell’energia, ecc.
      Comunque quando vorrete esplicare meglio la natura delle proposte sarebbe apprezzabile, perché sin’ora non si è ben capito se la riforma dello Statuto sarà parte dei programmi o se sarà demandata ai posteri.

    • solo gli stolti possono pensare che si possano realizzare certi programmi senza revisionare lo statuto, ma prima si prende quello che consente già oggi, e non è poco.

    • E sarà nel programma o col PD si contratta al ribasso?

    • kelledda quindi è stata incoronata Reina della Nazione. Ormai si sapeva. Una candidatura confermata in modo teatrale in un teatro , sarebbe stata piu’ bella se espressa che so, magari in piazza tra la gente. Niente di nuovo. Kelledda è candidata ora sta nominando gli assessori, poi leggerà il suo programma e così tutti i sardi saranno finalmente salvi e liberati. Sarcasmo a parte, il suo slogan della sardegna possibile suona come un yes we can truccato, già suona vecchio. Michela sarà brava ma non ha i tempi della politica, resta una candidatura interessante ma non incisiva anche nei numeri. Kelledda è sempre stata lo Sponsor di progress che la maggior parte dei sardi fa pure fatica a pronunciare come nome. Comunicazione politica molto debole insomma. Andiamo oltre…

    • ma perchè gli indipendentisti non spiegano i programmi?

    • @ Ady, nessun ribasso, pochi ma fermi. @ Davide: noi siamo un partito indipendentista, il partito dei sardi, che vuole portare al governo le proprie elaborazioni del fare, non stare ad abbaiare alla luna.

    • il nostro programma uscirà a breve. Chiaro e diretto.

    • Scusate forse ho perso qualche passaggio. Ma quanti sono i “partiti dei sardi”?

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