PNS: Una Costituente per il Partito Nazionale Sardo

All’inizio del secolo scorso, finita la prima guerra mondiale, i Sardi si resero conto di non essere sufficientemente rappresentati nel quadro istituzionale isolano ed italiano. Il popolo Sardo era vittima dei bizantinismi di quei pochi notabili locali che si spartivano le seggiole offerte dal giovane Regno d’Italia, affogando nella retorica ogni concreta soluzione di tutela e sviluppo della Sardegna, e che più volte vennero contestati in passato da uomini come Tuveri e Attilio Deffenu.
Fu l’epoca in cui l’ideologia nazionalista italiana portò i Sardi a consolidare l’opinione che i destini d’Italia venissero prima di quelli dell’isola, come se la Sardegna fosse un mondo separato dalle medesime istituzioni, e con la maldestra convinzione che occuparsi dell’Italia significasse occuparsi anche della Sardegna, incuranti di una specificità territoriale che solo a posteriori si tradusse nella nascita dell’Autonomia Sarda, peraltro insufficiente.
I padri fondatori del sardismo, fra cui l’avvocato siniscolese Luigi Oggiano, erano ben consapevoli dell’assenza – non solo di contenuti ordinati e rivolti verso un preciso obiettivo – ma anche del contenitore politico stesso, e cioè dello strumento che avrebbe dovuto promuoverli. Fu in base a questi presupposti che in essi nacque l’idea di un “partito dei Sardi”, sebbene non avessero ancora maturato una chiara dimensione nazionale, e che li portarono a formare il Partito Sardo d’Azione.

Nel 2013 si presentano analoghe necessità: una architettura istituzionale ed una classe dirigente non più adeguata a far fronte alle nuove sfide globali ma, purtroppo, abbiamo anche uno stato di persistente debolezza strutturale del nazionalismo Sardo (nato fra alti e bassi nel corso del ’900).
Frammentazioni e personalismi, spesso uniti ad una certa dose di confusione ideologica e impresentabilità dei leader (di cui vi abbiamo spesso parlato), sono il maggior ostacolo alla possibilità che i cittadini possano trovare un chiaro e credibile punto di riferimento a cui offrire la propria delega.
Le forze autonomiste e indipendentiste Sarde dovrebbero pertanto mettere da parte sedicenti differenze programmatiche (non suffragate dalla realtà di programmi spesso identici) e promuovere un percorso costituente per la nascita di un Partito Nazionale Sardo. Ieri come oggi, cambiano i fattori ed i problemi, ma non i capisaldi della forza delle idee e dell’unità. In questo senso, l’SVP Tirolese rimane un ottimo punto di riferimento all’interno della Repubblica Italiana. Ad esempio, nel nostro contesto, a cosa ci servono diversi e marginali partiti locali che parlano di ”Agenzia Sarda delle Entrate” senza governare e riformare in tal senso la nostra esigua sovranità?
Paradossalmente, persino all’interno del ProgReS, movimento nato da una scissione di IRS, alcuni membri (anche coloro i quali in passato contestavano la visione di U.R.N. Sardinnya), si sono resi conto che non è più possibile giustificare l’attuale livello di frammentazione, opinione del resto sostenuta da anni anche da Sardigna Natzione.

Vediamo dunque quali dovrebbero essere i pochi ma semplici e determinanti punti con cui ragionare sullo spirito di un Partidu Natzionale Sardu:

1) Razionalizzare la proposta politica: voler creare un PNS non significa voler creare un partito unico, ma creare una robusta realtà politica di riferimento. E’ chiaro che dalle circa 12 sigle Sarde attuali dobbiamo passare a max 2 o 3 sigle, in cui un PNS possa assumere un ruolo egemone, ma anche libero da una determinata impostazione ideologica riconducibile alla dicotomia “destra-sinistra” secondo il modello novecentesco. Per queste ragioni non ci sentiamo di condividere l’opinione degli amici che guardano ad un grande partito nazionalista della sinistra Sarda. Le maggiori sigle nazionaliste internazionali risultano infatti più versatili nell’approccio con le rispettive e composite realtà territoriali, privilegiando di volta in volta il programma piuttosto che il singolo posizionamento ideologico in se. SNP in Scozia ed SVP in Sud-Tirolo dimostrano infatti il miglior connubio fra una impostazione nazionalista ed una tendenza liberal-progressista vicina alle nuove esigenze del welfare state, senza radicalismi comunicativi. Non a caso, sia il ceto medio, sia gli ambiti amministrativi e persino della pubblica sicurezza trovano anche (e soprattutto) in tali partiti dei credibili riferimenti politici. Ma nella nostra realtà conoscete qualche partito vicino sia alle esigenze dell’agricoltore che dell’agente di Polizia?
2) L’identità come fattore di specificità: essere alternativi al modello italiano non significa necessariamente contrapporsi ai partiti politici italiani (magari con qualcuno sarebbe possibile allearsi per programma). Essere alternativi al modello italiano significa rappresentare il territorio, e non solo sotto un profilo economico – cosa che può fare qualsiasi sigla, anche italiana – ma ricordando all’elettorato che la forza dello sviluppo di un territorio è data dalla specificità identitaria e culturale, in primis quella linguistica e quella storica. Non siamo all’epoca delle rivoluzioni settecentesche, in democrazia sono i diritti civili, come quello dell’esercizio della propria lingua, a dare alla popolazione un senso di unitarietà territoriale che deve accompagnarsi alla rivendicazione dei diritti economici, come quelli relativi alla sovranità fiscale. Senza rappresentanza dei diritti identitari non esiste una Nazione Sarda ma solo una fantomatica e marginale Autonomia italiana. Oggi invece, a differenza di Scozia, Catalogna o Alto Adige, la nostra lingua territoriale non è una base per la rivendicazione dei diritti fiscali (pensiamo ai vantaggi elettorali ed economici delle Province di Trento e Bolzano con l’art. 117 della Costituzione). Né il nostro patrimonio archeologico, fra i più antichi dell’umanità, è un punto di attrazione internazionale in ambito mondiale.
3) Il riformismo liberale come base della sovranità: un progetto politico Sardo votato alla conquista della sovranità non potrà mai affermarsi senza la consapevolezza degli strumenti di cui effettivamente essa si serve per poter essere tale. Rinunciare alle politiche stataliste nella gestione dei maggiori servizi (piuttosto che perdere tempo sulla scontata utilità del loro valore pubblico) deve poter essere di stimolo all’incremento dell’imprenditoria privata che in Sardegna abbia cuore, mente e soprattutto portafoglio. In parole povere, non è con le “flotte Sarde” che si costruisce la competitività di un mercato, ma neppure con il solo esercizio della fiscalità o delle zone franche (comunque utili e da sostenere). La riforma dello Statuto Autonomo Sardo dovrebbe essere la base per l’introduzione di quegli strumenti di controllo (pensiamo ad un Antitrust locale) capaci di eliminare gli abusi e le distorsioni interne ed esterne a danno del nostro mercato. Mentre la necessità di procedere alle liberalizzazioni (oltre ad una doverosa riforma dell’istruzione pubblica, e dunque della competitività), dovrebbe avere l’obiettivo di eradicare tutti quegli spazi entro i quali si moltiplica il parassitismo clientelare e assistenzialista (in particolar modo quello che struttura il consenso della politica italiana), contrapposto attualmente ad una debole e disordinata economia territoriale. O forse si preferisce sperare solo nel grillismo? Questi abolirà gli enti inutili oppure li estenderà nella convinzione ideologica di assicurare tutti i servizi pubblici? E’ chiaro che essere sovrani non significa solo possedere un bene o un servizio ma favorirne una sana gestione, non necessariamente pubblica.
4) La rinuncia del populismo di testimonianza: arrivare ad una politica riformista di governo, ma anche europeista, significa abbandonare totalmente la tendenza al complottismo comunicativo privilegiando il dialogo con tutti i settori della società e del lavoro. Ad esempio: ai teoremi sul complotto internazionale delle banche (che hanno politiche aggressive, comunque da noi non condivise) dobbiamo invece anteporre la sovranità fiscale. Ai teoremi sulle sedicenti “scie chimiche” dobbiamo anteporre il dialogo sulle politiche del lavoro con l’anima riformista del mondo sindacale, con le categorie in crisi e persino con tutte quelle categorie stipendiate dallo Stato che non si ritengono soddisfatte dalle scarse attenzioni centrali ai loro problemi operativi. Serve dunque ordine dei programmi, coerenza strategica, meno aggressività verbale e maggiore sensibilità nei confronti delle parti sociali oggi lontane dall’indipendentismo.
5) Primarie e superamento delle divisioni fra autonomismo e indipendentismo: il rinnovo dell’immagine del nazionalismo Sardo, come più volte abbiamo scritto, passa inevitabilmente per il rinnovo dei volti, e ovviamente delle competenze, necessarie a guidare un simile processo di ristrutturazione e riposizionamento del nazionalismo Sardo, per farlo uscire dalle secche del marginalismo sociale, economico e politico. Puerili e fuori dalla realtà le divisioni fra un sincero autonomismo determinato a governare ed un indipendentismo di pura testimonianza votato a battaglie che si concludono puntualmente senza concrete riforme, e dunque, alla base, senza alcun tipo di radicamento territoriale ed elettorale.
6) Il rilancio dell’eredità sardista: scordiamoci l’avvento di un serio PNS senza il coinvolgimento del sardismo, sia nei termini della continuità del prestigio di una tradizione politica, sia nei termini del pragmatismo politico determinato dalla volontà di non ricoprire un semplice ruolo di testimonianza e di intransigenza nel quadro politico isolano. Un PNS infatti non potrà che essere la naturale evoluzione di un sardismo azionista che ha ormai da tempo esaurito il suo ruolo-guida nel frastagliato nazionalismo Sardo ma anche nella storia dell’Autonomia regionale. Una frammentazione dovuta in parte alla progressiva “italianizzazione” del Partito Sardo d’Azione, che, al di là della retorica, ha rinunciato alla difesa della specificità territoriale; presenta obsolescenza di alcune sue proposte politiche; ed è avvezzo al clientelismo conservatore che contraddistingue diversi suoi eletti a fronte della necessità di promuovere le grandi riforme, a conferma dell’assenza di una intellettualità isolana ormai distante dallo spirito che sancì la nascita e l’affermazione del sardismo nella politica territoriale.

Noi siamo inoltre persuasi del fatto che questi sei punti potrebbero avvicinare tanti validi candidati sinceramente autonomisti e che guardano al rilancio dell’isola, ma sono ingabbiati nella partitocrazia italiana e tenuti alla larga dalla frantumazione e dalla pessima immagine fornita alla Pubblica Opinione dall’attuale indipendentismo Sardo. Parliamone.

Fortza Paris!

- Articolo sul tema: Idee per un PNS (Sa Natzione, 2010).

Di Adriano Bomboi e Marco Corda.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos

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    15 Commenti

    • D’ accordo pressochè su tutto ma bisognerebbe specificare che la linea politica (liberale, in questo caso) non dovrebbe essere definita a priori ma piuttosto che possa variare in base al sostegno dato di volta in volta dai tesserati: questo è un principio che viene prima di tutti gli altri. Se poi si tratta unicamente di una tua opinione personale (che, peraltro, coincide con la mia)su ciò che dovrebbe essere fatto dovresti specificarlo. Saluti.

    • Interessante riflessione condivisibile in molti punti.

    • SALUDU E TRIGU,
      seguo con interesse le vostre indicazioni, riflessioni ed analisi della società sarda e l’ipotetico governo che la Nostra Isola-Nazione potrebbe avere nell’immediato. Ma c’è un semplice ma che ancora non dà risposte. Chi e come o quale possa essere il ” Condottiero ” che imposti una vera ed effficiente propaganda pro PNS? Non bastano le belle parole, le frasi di circostanza, come la storia die popoli ci insegna ancora non vedo il VIA. Il siamo pronti? E grazie agli strumenti democratici che abbiamo, iniziare ad utilizzarli per raggiungere l’obiettivo. In caso contrario tutto resta circoscritto a pochi eletti, ai sapienti di turno che si gratificano per quanto detto, ma il vero ed unico obiettivo, quello di dare alla Sardegna l’appellativo di Nazione rimane una semplice utopia. Essere alla pari di Malta, San Marino, Principato di Monaco, Estonia, Lituania ed altri Stati Indipendenti non si ottiene solo scrivendo questo o quello, ma iniziando una vera ed efficace azione identitaria, sardista indipendentista.

    • [...] ma italianista, dunque privo dei connotati culturali territoriali; mentre noi liberali di U.R.N. Sardinnya (compreso Roberto Bolognesi) sosteniamo da tempo un Partito Nazionale Sardo, senza alcun tipo di [...]

    • [...] Volantino dimostrativo – Idea PNS. [...]

    • [...] Altra osservazione è che non riteniamo quindi questo PD regionale come migliore o peggiore della controparte in merito a specifiche tematiche autonomiste, ben pochi esponenti di questo partito centralista hanno reale competenza al riguardo, e persino la base è dedita a parlare di sciocche correnti romane e di legge elettorale italiana, senza il benché minimo impegno alla valorizzazione dello status di minoranza linguistica (e quindi anche fiscale) che invece contraddistingue altre autonomie della Repubblica, ben rappresentate pure da esponenti politici centralisti. Si tratta di un penoso ritardo culturale e politico sedimentato nel tempo da una classe dirigente che della nostra specialità autonomistica non ne ha mai esercitato le prerogative, né le ha mai potenziate, essendo unicamente occupata a preservare le singole rendite di posizione. Se l’idea di Paolo Maninchedda saprà creare una efficiente sintesi di governo (e per sintesi intendiamo una lista del Popolo Sardo, non una “simulazione di PNS”), sapremo sostenerla, e credo anche tanti altri indipendentisti oggi delusi dai loro rispettivi movimenti di appartenenza, ancora afflitti da un settarismo che non ha ragioni di esistere. Ma solo a posteriori si potrebbe riparlare seriamente di un Partidu Natzionale Sardu. [...]

    • [...] nel metodo e nei tempi. Parlo da anni di “partito dei Sardi” e continuo a condividere l’idea di un PNS, pur attendendo ulteriori dettagli sull’evoluzione del progetto Sedda-Maninchedda, su cui ho [...]

    • [...] quest’ultima frase o partirebbero infinite polemiche e dovrei parlare nuovamente di PNS). Di conseguenza le differenze non sono relative all’ideologia programmatica ma si collocano [...]

    • [...] di movimenti come Sardigna Natzione. Ma non tutto è perduto, se per il momento la nostra idea di Partito Nazionale Sardo è ancora lontana dal trovare un giusto compromesso fra azione pratica e tensione ideale, dalla [...]

    • [...] Articolo correlato: “PNS – Una Costituente per il Partito Nazionale Sardo” (Sa Natzione, [...]

    • [...] legge elettorale per separare il collegio europeo della Sardegna dalla Sicilia; b) lavorare ad un soggetto politico Sardo, comprensivo di ProgReS, SNI, FP e del PSD’AZ, che sia quanto più possibile unitario e [...]

    • [...] anni di frammentazione indipendentista, Sa Natzione continua a sostenere l’ipotesi di un Partito Nazionale Sardo, o quantomeno una formula che riduca il numero di sigle identitarie che oggi portano avanti [...]

    • IO VORREI DIRE SONO SARDA AMO LA SARDEGNA VORREI PARLARE DEI CLADESTINI MI SPAVENTA QUANDO VENGO IN SARDEGNA PER RIPOSARMI UN PO NO SONO MAI TRANQUILLA PERCHE TUTTI I 5 MINUTI AI DEI NEGRI DEI INDIA E ARBI CHE TI DISTURBANO MA PERCHE LA SARDEGNA LI FA VENIR STOP A TUTTI I CLANDESTINI PERICOLOSI E UN INVAZIONE SE LI LACHIAMO FARE PREDERANO LA NOSTRA TERRA ATTENZIONE NO MAI FARE CONSTRUIRE LE MOSCHE MAI NO SONO BRAVA GENTE PER NIENTE SE VI DICI QUESTO PERCHE SO TUTTO QUELLO CHE STA SUCEDERE IN FRANCIA QUESTI ANO TUTTO E NO ITALIANNI NIENTE VERGOGNIA IO SONO PENSIONATA E O DOVUTO LACHIARE LA SARDEGNA PRECHE NO CERA PIU LAVORO E NO SOPORTO PIU QUESTI CHE VENGONO A SPORCARE LA SARDEGNA LA MIA TERRA CHE PIANGO TUTTI I GIORNI SPERO CHE MARINE LE PEN VINCE IN FRANCIA E IO DICO NO A QUESTA EUROPA E NO A L/EURO TUTTI FARSSI CHE ANO PORTATO MOLTA ROVINA UN SALUTO DA GIULIANA MARRAS

    • Gentile Marras, attualmente in Sardegna non esiste una emergenza clandestini.

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