Il settentrione sceglie il federalismo, il PD non lo comprende, e i partiti Sardi…

Ve lo ricordate Bersani negli ultimi giorni della sua campagna elettorale al nord? “Basta con l’Italia del leghismo! Vogliamo una Italia giusta, da Bolzano fino a Lampedusa!” E giù applausi dai suoi. Il clima era evidente: il berlusconismo era archiviato e nessuno avrebbe più minacciato l’unità d’Italia, magari per farsi i propri interessi personali. Poi in Lombardia alle Regionali ha vinto Maroni.

Che lezione trarne da un contesto simile?
La sinistra italiana ha argomentato la sconfitta con la consolidata tradizione di centrodestra delle amministrazioni lombarde, ma non è sufficiente. La realtà è che l’unico elemento consolidato è stato quello del salvataggio della Lega Nord, che si è configurata come il movimento egemone del territorio. Intendiamoci, noi non condividiamo diversi elementi del leghismo, fra cui un certo substrato di intolleranza verso le minoranze ed una disinvolta gestione dei fondi pubblici che fino a ieri ha contraddistinto la Lega Nord al pari delle corruttele della partitocrazia italiana. Ma il paradosso è che proprio il movimento “padano” ha portato l’ottimo tema del federalismo all’attenzione del Paese, ma perdendo credibilità quando nei governi con Silvio Berlusconi, e con una vasta maggioranza parlamentare, nulla venne fatto nell’ottica di riformare lo Stato all’insegna di un federalismo responsabile e multiculturale. Una perdita di credibilità per certi versi simile a quella del Partito Sardo d’Azione, che nonostante la retorica – e a differenza di altri movimenti regionalisti europei – non ha mai prodotto lo straccio di una riforma in chiave sovranista, contribuendo così indirettamente alla moltiplicazione delle sigle territoriali, spesso marginali, populistiche, ideologizzate e italianizzate rispetto alla necessità di rappresentare la minoranza linguistica Sarda. Eppure in Lombardia Maroni ha vinto lo stesso, e non solo sotto alle insegne padane ma anche attraverso una propria lista civica, attirando elettori non leghisti. I motivi sono vari, e certamente ha vinto il tema dell’autogoverno fiscale proposto da Maroni (che ha subissato persino la lista di Albertini) e naturalmente la volontà di ridurre il carico fiscale e la burocrazia centrale a danno di imprese e cittadini, ripartendo non da Roma ma dai territori. Temi liberali che fanno da sempre parte di vari movimenti indipendentisti settentrionali e anche della breve esperienza della lista “Fare per fermare il declino”, trascinata al ribasso dalle infelici dichiarazioni di trasparenza di Oscar Giannino (indubbiamente più preparato di altri vari tromboni accademici).
L’elettorato di Maroni è dunque ben lontano dalla presunta “giusta Italia” di Bersani. Una Italia di apparato, assistenziale e che si arroga il diritto di disporre delle finanze del nord per foraggiare una mancata responsabilizzazione finanziaria del sud. La stessa Italia che ad ogni elezione catapulta candidati esterni al territorio e non si occupa di risolvere l’annoso problema della vertenza entrate Sarda. Non a caso la sciagurata ideologia centralista di matrice risorgimentale è ancora oggi la causa del divario di sviluppo che proprio il verticalismo amministrativo e fiscale non è mai riuscito a risolvere, nonostante si tenti spesso di accusare il regionalismo di un parassitismo sociale che ha cause strutturali ben più vaste e che affondano le loro radici nella stessa struttura centralistica dello Stato. Il PD vince (seppur di misura) solo quando si innova e soprattutto quando connota in senso territoriale la sua proposta politica, pensiamo alla sua alleanza in Sudtirol con l’SVP. SVP che comunque rimane il partito egemone del territorio (nonostante la forte presenza dei Die Freiheitlichen) e che riesce a contenere la generalizzata invasione del Movimento 5 Stelle. Possiamo quindi affermare che la classe dirigente romana, non solo non riesce ad intercettare compiutamente l’insofferenza e le difficoltà popolari, ma non comprende neppure appieno le diverse sensibilità culturali che compongono i territori della Repubblica.

I partiti Sardi hanno problemi ben diversi. Alla Camera ed al Senato, le 3 sigle che si sono candidate separate (PSD’AZ, IpS-Soberania e M.E.RI.S.), in totale hanno preso rispettivamente 32.084 e 31.676 voti (Fonte: Dati Ministero dell’Interno, 26-02-13), cioè non c’è stata neanche una vera attrattività della protesta. I nostri movimenti, al problema della frammentazione e di una classe dirigente scarsamente competitiva, associano la gravissima mancanza di non rappresentare la minoranza linguistica e nazionale Sarda, sia sardisti che indipendentisti tout court, rendendo dunque perfettamente inutile la loro presenza nel quadro politico, ridotta al ruolo della testimonianza, e confermando così all’elettorato tutta la loro inconsistenza.
Bisognerebbe domandarsi se la copertura mediatica offerta dal gruppo editoriale Videolina-Unione Sarda a sigle come quella di Doddore Meloni (la più piccola) non sia direttamente proporzionale al successo personale dell’On. Mauro Pili (PDL) nel momento in cui cavalca con un discreto seguito i temi della sardità, e la conseguente credibilità attribuitagli, a torto o a ragione, da una fascia di elettorato locale. E’ ovvio infatti che in presenza di un forte indipendentismo di governo (e non di testimonianza) il consenso della sua proposta politica verrebbe notevolmente ridimensionato.
Ma c’è ben altro. All’incapacità strategica di alcuni leader indipendentisti si associa la classica presunzione di superiorità morale che ha pesanti riflessi anche nell’organizzazione delle semplici liste. Parliamo di chi ha partecipato alla competizione elettorale: ad esempio, la lista “Indipendenza per la Sardegna – Soberania”, al di là dell’aggressività verbale manifestata nel web da vari suoi esponenti (ovviamente soppiantati dalla cordialità ma anche dalla determinazione dei grillini) aveva realizzato simbolo, denominazione e persino la composizione delle liste senza preventivamente concordarle con altre liste sardiste, che ovviamente non hanno potuto maturare alcun tipo di intesa. Neppure simbolica, datosi che nessuna poi rappresentava la nostra minoranza nazionale e né avrebbe potuto usare la parte della legge elettorale che invece consente all’SVP, cioè al partito di un territorio che ha circa un milione di abitanti, di contare più del milione e mezzo di Sardi. Ma se l’obiettivo di Soberania era quello di rappresentare almeno la protesta Sarda…è sicuramente fallito nella misura in cui i sardisti hanno raggranellato diverse migliaia di voti in più. Per Soberania vale la stessa critica mossa qualche tempo fa alla “Consulta Rivoluzionaria”: l’indipendentismo vuole andare a parlare a tutte le categorie della società Sarda oppure, come il profeta Maometto, intende aspettare che la montagna dei Sardi si rechi ai suoi piedi?
Voi ce lo vedete un membro di Sardigna Natzione ad una riunione dei sindacati Sardi di Polizia? Magari neppure ad una riunione di Coldiretti. Sarà per questo che la “Rivoluzione Civile” di Ingroia in Sardegna ha preso qualche voto in più delle sigle Sarde. O sarà per motivi del genere che in Catalogna l’indipendentismo non si è isolato ai margini della società ma si è posto alla testa del governo locale.
Il PSD’AZ di Giacomo Sanna tuttavia non ha avviato un serio dialogo con le altre sigle indipendentiste, privilegiando dapprima il solo sostegno del Quinto Moro di Andrea Prato, poi trattando in secondo piano altre sigle, e ignorando anche le voci critiche interne sulla linea da tenere alle Politiche 2013. D’altra parte la comunicazione è stata ridicola, e persino U.R.N. Sardinnya avrebbe potuto offrire gratuitamente un consiglio sugli slogan utilizzati in campagna elettorale. Manifesti come “E’ arrivata l’Unione Sarda” non sono stati meno credibili della scarsa serietà che da parte sardista si imputerebbe a Doddore Meloni. Persino Mauro Pili con il suo “Unidos”, non certo campione nella promozione linguistica Sarda, ha almeno assunto una denominazione in Sardo e priva di cretinaggine. Ma l’obsolescenza del PSD’AZ è tristemente emersa persino nella cabina elettorale, infatti è l’unico partito rimasto con i soli 4 Mori senza la denominazione. Di norma, per ragioni di immediata riconoscibilità, tutti i partiti al simbolo associano anche il nome, il PSD’AZ no, è rimasto fermo agli anni ’50, quando i 4 Mori erano l’unico simbolo automaticamente associato all’unico partito dei Sardi allora socialmente noto, e non vi era bisogno di scrivere “Partidu Sardu” sopra o sotto alla bandiera listata a lutto. Altri tempi, oggigiorno invece esiste la scienza della comunicazione, che sembra essere ignota al sardismo. I dirigenti si possono permettere il lusso di perdere voti? C’è da dubitarne. Sapete, prima delle elezioni una conoscente che aveva sentito parlare del PSD’AZ e che forse intendeva votarlo mi chiese come trovarlo nelle schede elettorali di Camera e Senato. Chissà se l’ha trovato o se alla fine ai 4 miopi ha preferito le 5 stelle…

Fortza Paris?

Adriano Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos

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    4 Commenti

    • La sua riflessione è interessante, tuttavia il dato di partenza non è corretto. Infatti, la Lega ha perso la metà e più dei suoi voti, e in percentuale è scesa dall’8 al 4%. Una débacle. Poi Maroni ha vinto, ma in realtà è nelle mani di PDL, CL ecc.

    • Tutti i partiti hanno perso voti rispetto al loro massimale abituale (pensiamo alle percentuali dei primi anni 2000 e del 2008 di Lega-PDL), ed è proprio questo il dato interessante: la vittoria nonostante il crollo di consensi dovuto anche – come si ricorda nell’articolo – agli scandali ed all’assenza di riforme.
      Che sia nelle mani di PDL e degli ex-post formigoniani è un dato, tanto quanto è un dato che l’alleanza PDL-Lega al nord continua ad essere un punto imprescindibile per la vittoria.

    • Finchè in Sardegna i partiti e movimenti indipendentisti non cambiano il modo di fare politica, per loro sarà solo tempo perso e soldi buttati…”le ultime lezioni sono state una catastrofe”..basterebbe un semplice programma con 10/15 punti di convergenza tra i vari movimenti, naturalmente ci vuole una grande coalizione è un unico leader candidato per la presidenza della regione sardegna…. il quale deve essere scelto in modo democratico da tutti i cittadini tramite la consultazione per mezzo delle primarie….

      potreste fare un articolo tenendo conto di questa visione che potrebbe portare al successo ?

      ciao

      Angelo

    • [...] mai compreso l’esistenza di una “questione settentrionale” ed alle regionali avrebbero consegnato la Lombardia a Maroni. Eppure nel nord-est il Movimento 5 Stelle è riuscito a raccogliere la [...]

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