La Consulta Rivoluzionaria non convince? Forse il problema è nella Consulta stessa

Che dire della manifestazione di Cagliari del 7 novembre? Apriamo con le parole di Manolo Mureddu, uno degli operai interessati dalla crisi del Sulcis:

“Le mie impressioni sulla manifestazione sono purtroppo negative. In primis perché non c’è stata la partecipazione sperata dagli organizzatori, se solo pensiamo che le Partite Iva due anni fa portarono a Cagliari circa 15.000 manifestanti, oggi invece il numero di chi manifestava, tra 4 partiti indipendentisti, le Partite Iva e vari movimenti provenienti da tutta l’isola, non superava le 2000 (forse) unità. Questo fa capire quanto ridimensionate possano essere le annunciate velleità di cambiamento e rivoluzione. Ma la cosa che più mi ha colpito è stata la poca concretezza, eccetto qualcuno, degli interventi espressi. La composizione abbastanza variegata della Consulta e la freddezza nei confronti degli operai accorsi alla manifestazione per testimoniare la presenza di uno dei settori produttivi più importanti in quanto a sofferenza e rivendicazione dei propri ruoli e diritti. Insomma, per molti, partecipanti e simpatizzanti compresi, oggi questa manifestazione della Consulta non è parsa come un evento preparatorio a una prossima rivoluzione, quanto un’aggregazione, una coalizione, mirante, tramite l’unità di più soggetti, all’elezione nel palazzo del tanto contestato potere. Sono anche salito sul palco a fare un saluto proprio perché convinto di non dovermi vergognare di essere un lavoratore che lotta e rivendica i suoi diritti. Come tanti altri amici e colleghi, avremmo preferito che non ci fosse stata una così forte caratterizzazione politica. E qualcuno non dovrebbe dimenticare che siamo tutti Sardi e che nessuno ha il diritto di concedere “patenti” di sardità agli altri”.

Uno dei partecipanti dunque ammette il flop della manifestazione, segnalando la reciproca diffidenza e l’eterogeneità di alcune componenti della Consulta.

Niente di nuovo sotto il sole, sia a settembre che lo scorso primo novembre avevamo avvisato dello sbaraglio verso il quale i promotori stavano spingendo tante persone in buona fede, e così abbiamo ritenuto opportuno non prendervi parte.
Lo scarso seguito dell’evento non è ovviamente colpa dei Sardi che “non hanno capito” le ragioni per le quali si andava in piazza, ma è dei promotori. Sia per l’assenza di credibilità di alcuni, sia, soprattutto, per la scarsa capacità di comprendere quanto fosse delicata la necessità di coinvolgere altre forze politiche affini, sociali e di categoria in un periodo in cui Cagliari è ormai costantemente attraversata da striscioni e bandiere varie. Perché un conto è trovare della partecipazione nei singoli paesi, altro conto trascinare in piazza una folla oceanica sotto al tetto di una protesta configurata con un chiaro background politico. E questo oggi in Sardegna riescono a farlo solo le grandi e ben finanziate organizzazioni, come il sindacato italiano. Non solo quindi a Cagliari non si è superata la partecipazione spontanea vista diversi mesi fa con le Partite IVA, ma questa è addirittura regredita.
In modo alquanto ingenuo si è ritenuto che “il popolo oppresso sarebbe accorso a fare la forca al palazzo”, e purtroppo quando si antepone l’emotività alla pianificazione, il risultato non può che essere questo. Perché non si presta neppure attenzione alle critiche costruttive, ritenendole “dannose” per la manifestazione. E’ il modus operandi con cui la solita dirigenza indipendentista ha collezionato una serie di fiaschi clamorosi rimanendo per anni ai margini della politica, dell’economia e della società Sarda.
In particolar modo, l’approssimazione delle componenti indipendentiste – forse quelle che più avrebbero dovuto ragionare in termini tattici – sono state invece le prime a farsi influenzare dalla partecipazione popolare che negli ultimi due mesi nel territorio ha trovato interessanti alcune proposte della Consulta. Un ottimismo che ha immediatamente rispolverato il classico radicalismo ideologico già punito in passato dagli elettori. Pensiamo ad esempio ad A Manca pro s’Indipendentzia, che senza alcun mandato elettorale, né consenso popolare, ha sostenuto che il sardismo non avrebbe dovuto far parte della Consulta, né alcun politico democraticamente eletto dallo stesso Popolo che vorrebbero rappresentare. Interessante a questo proposito l’interrogativo di Gianfranco Scalas (Fortza Paris): “E’ pensabile che dalla Consulta si accaniscano contro i partiti sardisti quando alcuni membri della Consulta stessa trattano sulle prossime regionali con il PD?”
Eppure alcuni di questi pontificatori, a differenza di U.R.N. Sardinnya, non hanno contribuito in alcun modo ai punti programmatici della Consulta.

Ma pensiamo alle decine di vertenze aperte nell’isola, come quella del comparto della Pubblica Sicurezza contro i tagli del Governo Monti di cui abbiamo già parlato: forse la Consulta si è avvicinata a questa e ad altre categorie del Popolo Sardo per fare fronte comune? Ovviamente no, non si è recata a discutere con altre forze del territorio ma ha atteso che queste andassero ai suoi piedi. Di conseguenza alcune non ci sono andate mentre altre hanno trovato la porta chiusa in partenza. L’improvvisazione di alcuni organizzatori della Consulta li ha portati nel piedistallo del settarismo, sopra il quale si pontifica e si seleziona chi ha il diritto di entrare nel “club”, mentre tutti gli altri vengono etichettati come “falsi”, “traditori”, “reazionari” e chissà cos’altro. Quasi fossero in Catalogna, dove in quel territorio è già maturato un forte senso di appartenenza nazionale, sviluppatosi anche grazie a delle riforme e alla promozione dei diritti identitari di cui in Sardegna l’indipendentismo non parla.
Si tratta di un indipendentismo ancora troppo velleitario, antagonistico, intempestivo, poco pragmatico e poco democratico, che non nelle elezioni ma nella piazza cerca maldestramente di sostituire la classe dirigente che governa l’isola, senza neppure comprenderla.

Alle centinaia di lavoratori, disoccupati e indipendentisti che si sono recati in piazza confermiamo la nostra vicinanza, in quanto è stata una occasione di incontro fra sigle abitualmente frammentate, ma li esortiamo a cambiare il volto e le proposte dei loro rappresentanti. Personaggi del tutto inadatti a capitalizzare un malcontento popolare che comunque esiste ma che necessita di un articolato, credibile e coeso progetto politico in cui incanalarsi. Chi si appresta a fare un viaggio impegnativo dovrebbe prima verificare se il suo mezzo sia pronto a sostenerlo.
Che cosa intendono fare esponenti come Felice Floris (MPS) oltre a battagliare per la leadership della Consulta? Stare in piazza? Sperare in una solitaria opposizione consiliare? Oppure intendono partecipare ad una competente coalizione sovranista per la riforma della Sardegna?

Speriamo che la Consulta abbandoni la sciagurata e impulsiva idea di seguire le prime due opzioni. E’ ancora in tempo per scegliere la terza. In quel caso daremo il nostro contributo.

Adriano Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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    7 Commenti

    • [...] Purtroppo nel mondo degli adulti le cose non vanno così: La Consulta Rivoluzionaria non convince? Forse il problema è nella Consulta stessa [...]

    • Ecco,appunto! Il progetto,diciamo Istituzionale,non può non accompagnarsi a quello economico-sociale che si propone di attuare lo STATO INDIPENDENTE. Nell’Italia post fascismo,ancora REGNO,si ponevano le basi della trsformazione in REPUBBLICA avendo,ormai maturato e definito con QUALE Progetto,anche Costituzionale (I Principi,i diritti ed i meccanismi di Governo),avrebbe dovuto crescere e svilupparsi il Nuovo Stato Repubblicano. Ma per fare tutto il lavoro preparatorio,non solo quello organizzativo delle Adunate, resta indispensabile l’apporto,cercato e richiesto,di tutte le componenti (politiche,sociali,associative,individuali e culturali)interessate componenti del Popolo,convocato,attraverso Referendum,ad esercitare il proprio potere Sovrano per dare forma al NUOVO STATO IDIPENDENTE, approvandone il PROGETTO COSTITUENTE.

    • Ancora e sempre “pocos, (locos) y mal unidos???? Possibile tanti galli nello stesso pollaio? La maggior parte delle forze indipendentiste o autonomiste se ne vanno in guerre fra poveri. Purtroppo

    • Delùdiu meda, dae sa manifestatzione de deris. Apo ‘idu sos videos in YouTube. Su problema, Adriano, est su ch’as nau tue: “Ovviamente no, non si è recata a discutere con altre forze del territorio ma ha atteso che queste andassero ai suoi piedi” (cit.)
      Già mi paret ch’est una Cussurta assistentzialista, ateru chi “revolutzionaria”!
      E s’indipendentismu chi s’agatat galu ” velleitario, antagonistico, intempestivo, poco pragmatico e poco democratico”, o tenet unu problema de curtura o tenet unu problema de tontesa. Ispero chi no siant s’unu e-i s’ateru impare… :-\

    • Condivido l’analisi di Adriano:
      ed este beru” chentu concasa chentu berrittas “.

      Chissà se i “rivoluzionari di turno” si sono accorti che le persone sono stufe degli slogan che hanno urlato in piazza, non fanno breccia nella gente che non trova più lavoro neanche piangendo, e sinceramente non credo che il SARDO, si identifichi in questa sorta di masnada, non me ne vogliano i ben pensanti, che non può e non deve vanificare la voglia di sana sovranità per la nostra ISOLA. Un passaggio ben diverso e più attento,deve essere fatto nella ricerca delle persone che davvero possono creare le condizioni del cambiamento, in una prospettiva seria di vera democrazia, la Sardegna ai Sardi si … ma stiamo attenti a chi diamo questo consenso, perchè prima o poi potremmo anche pentircene amaramente.
      Fortza Paris
      Franco Cappai sezione Psd’Az. di Borore

    • [...] Proprio la scarsa affluenza popolare della scorsa manifestazione cagliaritana della Consulta Rivoluzionaria ha dimostrato tutti i tratti di autoreferenzialità e chiusura nei confronti delle altre forze [...]

    • [...] migliaia di voti in più. Per Soberania vale la stessa critica mossa qualche tempo fa alla “Consulta Rivoluzionaria”: l’indipendentismo vuole andare a parlare a tutte le categorie della società Sarda [...]

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