Art. 154 dello Statuto Catalano, ecco perché la Sardegna è in ritardo. Con una proposta

Economia: La Catalogna ha varato un Antitrust indipendente dal resto dello Stato Spagnolo e conforme alla normativa UE. A Barcellona un caso come quello di Tirrenia non sarebbe stato possibile. Al termine dell’articolo la nostra proposta di legge per una riforma dello Statuto Sardo.

Spostiamoci al 2009, il 12 febbraio Barcellona ottiene la legge 1/09. E’ l’attuazione dell’art. 154 dello Statuto Autonomo Catalano varato nel 2006. La normativa introduce l’ACCO: l’Autorità Catalana della Competenza. Si tratta dell’Authority che, in conformità col diritto UE, ha dato vita ad un Antitrust indipendente da quello spagnolo. Che cosa significa? Significa, per fare un esempio, che un disastro come quello di Tirrenia a Barcellona non sarebbe stato possibile.
La Regione Sardegna ha subito l’imposizione dello Stato Italiano e del suo Antitrust, che ha addirittura deciso di acconsentire alla privatizzazione di Tirrenia a favore di una cordata di armatori privati, già detentori delle maggiori rotte marittime di collegamento con l’isola, nonostante Tirrenia fosse beneficiaria di ingenti sovvenzioni pubbliche. Ma prima di tutto questo, la Regione (e persino il sardismo), hanno cercato di contrastare lo strapotere di questi armatori attraverso il palliativo di una “flotta Sarda”, insufficiente a risolvere i problemi e avvezza alla classica cultura statalista di cui è imbevuta l’intera obsoleta classe politica Sarda. Questo perché il centralismo amministra non lo sviluppo ma l’emergenza.
Al contrario, come in Catalogna, con una adeguata sovranità, la Sardegna avrebbe potuto e dovuto: A) Sanzionare il cartello degli armatori privati; B) Dichiarare il fallimento e la chiusura di Tirrenia; C) Stabilire in modo autonomo la gestione delle rotte e la sua politica dei trasporti (in relazione alle altre competenze statutarie).
Il disastro della classe politica Sarda invece ha preferito accollarsi solo gli oneri ma non gli strumenti connessi alla regolazione dell’amministrazione di tali materie. Questo perché la classe politica centralista della Sardegna non ha compreso che la sovranità non è determinata solo dal mero possesso di un bene o di un servizio ma dalla sua capacità di amministrarlo.

Due variabili avrebbero dunque permesso al Partito Sardo d’Azione, impegnato nella Giunta Cappellacci, di fronteggiare questa situazione. E sono le proposte dell’Ass.ne U.R.N. Sardinnya e della Fondazione “Sardegna Zona Franca”. La prima riguarda la nostra vecchia proposta di creare una legislazione Antitrust autonoma da quella italiana, idea che ha già trovato il consenso del movimento Fortza Paris (ved. comunicato congiunto) e l’interesse di Altroconsumo Sardegna. Siamo certi che anche altre sigle politiche e di categoria capiranno l’utilità di questo strumento, che riguarda tutti. Bisogna sottolineare che si tratta di una proposta che può essere attuata solo col parallelo sviluppo di una sovranità-quadro determinata dalla riscrittura dello Statuto Autonomo. L’idea infatti richiede un iter politico e legislativo relativamente lungo che non può essere separato dal più ampio tema delle grandi riforme istituzionali, necessarie a fornire l’isola degli strumenti amministrativi con cui tutelare la propria economia nel mercato globale.
La seconda riguarda un classico tema sardista, la “zona franca”, che solo la Fondazione omonima ha tenuto in piedi in anni in cui il sardismo stesso si è piegato alla normale amministrazione ed alla cultura statalista di derivazione DC-PCI, scordandosi i suoi vecchi capisaldi programmatici, ancora attuali.
La “zona franca” non vista più unicamente come spazio geografico chiuso ma come spazio virtuale esteso a diverse materie, al fine di defiscalizzare il costo del lavoro e la produzione energetica (vitale quindi per attirare nuovi investimenti, per sviluppare l’occupazione ed un sensibile abbattimento nel costo dei trasporti). Il risultato combinato di queste soluzioni avrebbe trascinato il territorio fuori dall’isolamento in cui l’hanno ridotta i partiti italiani, dando nuova spinta al rilancio economico e turistico della Sardegna.

Il tema di una Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, indipendente da quella italiana, avrebbe evitato una lunga serie di scandali e di approssimazione politica in capo alla Regione. Per capirne i contorni, basti osservare il caso di Paolo Maninchedda (PSD’AZ), unico consigliere regionale ad essersi opposto al potere dei grandi gruppi energetici che stritolano l’economia dell’isola (o come il solitario parlamentare del PDL Mauro Pili).
E’ pensabile che in una Regione cosiddetta “Autonoma” il controllo dell’abuso delle posizioni dominanti nel mercato interno (come per ENEL, ENI, E.ON, ecc.) sia demandato alla singola buona volontà di un politico e non ad un organo istituzionale preposto a tale compito? In mezzo mondo no, in Sardegna a quanto pare si.
Purtroppo, eccetto questi casi, il sardismo nel suo complesso dimostra di non avere alcuna posizione in merito agli strumenti che dovrebbero contraddistinguere l’ipotetica nuova sovranità Sarda nella regolazione dei processi relativi al mercato interno. E questo denota la lunga stasi culturale del sardismo con il suo ripiegamento verso il notabilato politico italico, già noto da tempo (ved. articolo “La genesi dell’antisardismo”).
Non basta segnalare un problema se poi non si creano gli strumenti con cui risolverlo: ogni partito riformista e sovranista non dovrebbe mai perdere i fondamenti del proprio agire.
In Scozia ad esempio, dopo la devolution del 1998, Edimburgo non ha mai smesso di reclamare la piena amministrazione in materia di politiche energetiche, su cui tuttavia il Governo autonomo gode di ampie facoltà nel supervisionarle.

L’On. Mauro Pili, sul caso di ENEL, ha proposto la strada dell’accordo bilaterale come soluzione all’abuso di posizione dominante dei prezzi dal parte del gruppo energetico italiano in Sardegna. Potrebbe essere una soluzione, ma vi pare possibile che ogni qualvolta ci sia un problema si debba ricorrere, caso per caso, alla trattativa con i gruppi che hanno consapevolmente creato una lesione al mercato e ai consumatori? Ovviamente no. Si tratterebbe di palliativi insufficienti a dare una risposta strutturale a questa fascia di problematiche. La creazione degli strumenti per esercitare e amministrare la sovranità del territorio servono proprio a sanzionare chi sbaglia, evitando l’estenuante e infruttuosa politica del compromesso, tipica dei mercati rigidi e ingessati rispetto alle esigenze dello sviluppo.
Gli “accordi” non bastano, serve una legislazione uniforme contro le deformazioni e i cartelli del mercato. Oggi i gruppi esteri e italiani lucrano sulla pelle della Sardegna perché sono coscienti di operare in un territorio politicamente debole e privo di qualsiasi sovranità che impedisca loro di trasformare il legittimo profitto in una speculazione.

Sul versante della differenziazione delle fonti di approvvigionamento in ambito energetico, non sarebbe male l’ipotesi di ragionare su un elettrodotto Francia-Corsica-Sardegna, dove le tariffe, relativamente ai costi di produzione, sono inferiori.

Altro organismo che in Sardegna ha cercato di supplire alle mancanze dell’autonomismo di governo è senza ombra di dubbio il lavoro del Comitato per il Fiocco Verde. Ciò si è verificato in quanto questa organizzazione si è opportunamente schierata per promuovere una Agenzia Sarda delle Entrate. Si tratta di una politica riformista e sovranista, poiché la riscossione diretta delle imposte versate dai Sardi – rispetto alla riscossione statale – permette al territorio di amministrare direttamente il proprio gettito fiscale creando così quegli spazi politici (su cui avremo molto da lavorare) che avranno in mano un quadro certo su cui calibrare una politica fiscale vicina alle nostre esigenze di sviluppo. La sovranità fiscale infatti non è data solo dalla riscossione diretta delle imposte versate sul territorio ma anche dalla natura dell’imposizione fiscale che, non lo Stato, ma la comunità Autonoma deve poter stabilire. E’ un principio ineludibile per qualsiasi percorso federalista o indipendentista.

Ecco cosa affermava uno dei punti programmatici emersi dal XXI° Congresso sardista del 1984:

Altrettanto illusorio è, e la storia di questi trentasei anni di autonomia lo ha ampiamente dimostrato, pensare che sia possibile programmare lo sviluppo della Sardegna sottraendo ad essa i poteri in materia fiscale e finanziaria. Chiediamo dunque la totale autonomia impositiva e finanziaria della Regione Sarda. Per far questo è necessario stabilire il principio che lo Stato non può imporre tributi in Sardegna: questo potere deve appartenere esclusivamente alla Regione che lo eserciterà in base ad autonome scelte programmatiche.

Oggi invece dobbiamo essere consapevoli che nel mercato contemporaneo, non solo c’è ancora bisogno di quella autonomia economica, ma che la prossima riscrittura dello Statuto Sardo dovrà dotarsi di quegli indispensabili strumenti per il monitoraggio del mercato interessato da tale autonomia economica. L’Antitrust è uno di questi.
Non siamo solo in ritardo dunque, siamo doppiamente in ritardo. Dobbiamo vigilare su credito, assicurazioni, telefonia, web, trasporti, commercio e tanto altro.

U.R.N. Sardinnya propone una riforma più avanzata del modello catalano, e che la Regione Autonoma, nel prossimo Statuto, in materia di competenze, introduca il seguente articolo:

Alla Regione Autonoma della Sardegna/Regione Autònoma de Sardigna spetta la competenza esclusiva per la determinazione di una autorità amministrativa indipendente per la promozione della concorrenza nel mercato.

L’autorità ha giurisdizione su tutto il territorio della Sardegna e delle sue isole*.

L’autorità ha poteri di monitoraggio, istruttoria e giudizio su:

a) Tutela del consumatore contro pratiche commerciali scorrette, advertising ingannevole, clausole vessatorie all’atto della determinazione di un contratto su beni e servizi;
b) Verifica dell’abuso di posizioni dominanti;
c) Verifica di intese commerciali suscettibili di ledere o alterare la concorrenza;
d) Verifica sulle operazioni di concentrazione;
e) Verifica dei conflitti di interesse di personalità istituzionali (statali, regionali, provinciali, comunali e di enti pubblici) suscettibili di condizionare il mercato;
f) Comminazione di provvedimenti e sanzioni amministrative.

* Salvo punto (e).

Si accettano osservazioni e integrazioni.
Ciò detto, precisiamo di non essere ideologicamente avversi all’ipotesi di una “flotta nazionale Sarda” in materia di trasporti, come prospettato in apertura, anche se a capitale pubblico, qualora venga proposta una efficiente strutturazione ed un efficace piano industriale, ma l’istituzione di una authority è una misura di sovranità amministrativa assolutamente inderogabile che prescinde dalla natura dei servizi presenti sul territorio. Serietà vuole che prima di tutto si crei una normativa di vigilanza sul mercato e non certo il varo di poche navi a nolo che, come nel caso della “flotta Sarda” promossa dalla Giunta Cappellacci, non hanno sicuramente risolto i problemi. Le distorsioni di mercato si combattono solo con le regole, non con le trovate propagandistiche.
C’è una grande differenza oggi fra i partiti Sardi nel loro complesso e i loro colleghi delle principali nazioni senza Stato d’Europa: mentre questi ultimi avviano le riforme, quelli Sardi si limitano ad annunciarle. Ultimamente non fanno neppure questo.

Diamoci da fare.

Di Adriano Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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