Se 2 più 2 non fa 4: Chi, come e perché dovrebbe fondare il Partito dei Sardi?

Cari Lettori,

Se i 9 partiti Sardi fossero cacciatori alle prese con quell’insopportabile quaglia del centralismo, su 9 tiri neanche uno andrebbe a segno, perché i colpi si disperderebbero in direzioni diverse. C’è chi non mirerebbe mai al pennuto da cui dipende, come ci sarebbero anche le schiappe interessate più al singolo numero delle proprie munizioni che a centrare l’obiettivo. Riassumiamo il senso degli ultimi articoli sull’argomento.

Qualche dato di lista dal primo turno delle ultime provinciali: PSD’AZ 49.093 voti (6,79%); Riformatori Sardi 47.136 voti (6,52%); IRS 28.377 voti (3,93%); Rossomori 14.826 voti (2,05%); Fortza Paris 14.298 voti (1,98%); UDS 12.833 voti (1,78%); PAR.I.S.-Malu Entu 2.114 voti (0,29%); totale: 168.727 voti, pari al 23,34% di affluenza degli aventi diritto al voto che hanno partecipato alle elezioni. Con un tasso altissimo di astensione ed una ovvia prevalenza del voto strutturato rispetto a quello d’opinione del secondo turno, nei casi in cui si è disputato il ballottaggio tra le coalizioni del bipolarismo italiano.

Si dirà che “2+2 in politica raramente fa 4”, e non è falso. Ma ecco un piccolo argomento contro i detrattori dell’unità tra partiti Sardi:
Nel Nuorese il movimento IRS ha raccolto su lista ed al primo turno 3.452 voti (4,21%); i Rossomori (inizialmente in coalizione con la Lista Arbau) 3.431 voti (4,19%). 21 voti di differenza a favore di IRS, rivelatisi fondamentali dopo il ballottaggio per l’assegnazione del seggio di opposizione in Provincia. Ebbene, se consideriamo che Sardigna Natzione ha scelto di non partecipare alle Provinciali (anche per dedicare le sue basse finanze alla promozione del referendum anti-nucleare degli ultimi mesi del 2010), non ci vuole dunque chissà quale modello algebrico per capire che l’entrata di IRS nella più alta istituzione Barbaricina è stata permessa grazie al convogliamento verso B. Bussa dei votanti rimasti orfani di Sardigna Natzione. Certamente superiori alle 21 preferenze. Quindi è palese: meno partiti omologhi ci sono in un dato contesto (specie se come IRS e SNI pescano in un bacino elettorale analogo) e più chances ci sono di entrare nelle istituzioni. A prescindere dal comunque buon lavoro svolto da tutti e dal recepimento giovanile della proposta di IRS (ne è un esempio il successo di Sebastian Madau nell’Oristanese) e la comunque positiva crescita del consenso verso il Nuorese Bussa.
Ma i numeri sono fatti ed i fatti parlano chiaro, le divisioni sono spesso e volentieri destituite di fondamento e quindi prive di argomenti documentabili nell’analisi complessiva del voto. La crescita pertanto è sempre inferiore alle attese nel momento in cui diverse sigle si contendono più o meno la guida dell’ideale di riferimento.
E’ pertanto verosimile che a tali risultati si sarebbe potuti arrivare anni or sono se non si fosse perso l’ultimo decennio in inutili diatribe interne al circuito politico autonomista ed indipendentista. Consideriamo anche il fatto che le basse risorse di cui dispongono tutte queste sigle sarebbero invece più efficacemente gestite verso tematiche maggiormente perseguibili in maniera collettiva. Le divisioni indeboliscono sia politicamente che strutturalmente la spina dorsale del Nazionalismo Sardo.
Con vecchia legge elettorale al primo turno delle Regionali 1999, SNI più alleati, arrivarono a superare i 45.000 voti. Non mantenuti sia (ieri come oggi) per un incipiente voto di protesta, più che di opinione (d’altra parte, non son cresciuti solo i voti del PAR.I.S. ma anche l’audience di voi sostenitori di U.R.N. Sardinnya), e sia sopratutto per l’assenza di una struttura nel territorio che, solo oggi, un movimento come IRS ha iniziato a costituire. Fu utile alimentare la scissione di Sardigna Natzione di 8 anni fa al posto di riformarla e consolidarla nel territorio? Col senno di poi evidentemente nò. Si perse altresì l’occasione di dialogare con i Sardisti. E non ci stiamo riferendo ai crismi di una collaborazione come il vecchio fallimentare accordo pre-elettorale SNI-PSD’AZ denominato “Sardigna Libera”.
Aveva senso unire allora un partito azionista in declino e tutt’altro che indipendentista con un movimento come SNI che, rimasto orfano della componente che irrobustì la neonata IRS, si diresse nuovamente verso antiche posizioni no-global?
Tali fusioni a freddo, alimentate da partiti tutt’altro che riformati e spendibili politicamente come immagine, non rappresentano certo un modello da replicare. Men che meno come l’Unidade Indipendentista vista alle Regionali 2009. Tornata elettorale in cui comunque IRS non raggiunse lo stesso il numero di voti conquistati al primo turno nel 1999 dall’indipendentismo (quando non c’erano ovviamente i 9 partiti/movimenti Sardi attuali e né il bipartitismo di PD e PDL). E dunque era ben più difficile conseguire un dato risultato. Oggi che il bipartitismo è in crisi ed il bipolarismo perde pezzi solo nel Nuorese grazie al PSD’AZ, è tempo di ragionare nuovamente sull’idea di un Partito dei Sardi. Idea vecchia, ma non quanto quella di aggiungere l’aggettivo “nazionale” a tale ipotesi. Ne vedremo i motivi.
La grande sfida del futuro sarà pertanto quella di individuare un progetto politico capace di unire l’attivismo giovanile ad un elettorato moderato riconducibile al ceto medio, abitualmente convogliato verso le sigle più rappresentative del Sardismo in termini di consensi, come il Partito Sardo d’Azione. Ma procediamo con ordine:

Chi pensa di trovare in queste righe un vademecum con la risposta ai problemi della Sardegna rimarrà deluso. Così come chi pensa che parleremo di “fusione a freddo” tra i più disparati partiti Sardi: perché nessuno ha la verità in tasca, tantomeno quei movimenti politici che, con fare disordinato, si accapigliano l’uno sull’altro per esibire una pietra filosofale che non esiste.
Cercheremo tuttavia di dare un’idea su chi e con quali comuni modalità dovrebbe collaborare alla realizzazione di un Partito Nazionale Sardo.
Intanto, come e perché dovrebbe esistere tale PNS?
Un Partito Nazionale Sardo avrà come punto di riferimento l’indipendentismo. Perché?
Perché è necessario alimentare il potere contrattuale della politica nazionalista Sarda su due versanti: il primo è quello interno, a sua volta destinato a due variabili. Quella di sviluppare peso in un Consiglio Regionale per orientare l’agenda delle Riforme. E quella, antecedente, di fornire alla Pubblica Opinione, ma anche a partiti italiani in difficoltà che necessitano di candidati per realizzare una maggioranza, l’evidenza di un progetto politico coeso e capace di trasmettere la possibilità di una stagione riformista concretamente attuabile. Ricordiamo a tale proposito che fin da oggi, centrodestra e centrosinistra italiani non riescono a mettere insieme una robusta maggioranza regionale senza l’apporto di sigle satelliti territoriali in coalizione, che fanno dunque la differenza. Ma che da sole (o comunque sparse) a condizioni correnti sarebbero irrilevanti.
Il secondo versante riguarda la politica esterna all’isola, ma indirettamente, ed ancora, quella interna: così come già effettuato dalla politica siciliana e/o da diversi esempi politici nord’italiani, necessitiamo di arrivare a quei criteri di scontro istituzionale (beninteso, democratici), per alimentare e potenziare la richiesta delle competenze, delle finanze e la denuncia delle disparità a cui la Sardegna è sottoposta.
Non ultimo, per dare quindi anche maggior peso alla parallela stagione riformista di cui necessitiamo.
La definizione di “Partito Nazionale Sardo” dunque, oltre a sigillare il tramonto degli ideali Mazziniani dell’azionismo (che di sicuro non stanno alimentando la nuova ripresa sardista), serve a coprire la falla di propositi ed idee populiste ed obsolete. Un “partito dei Sardi” che difende una vuota specialità territoriale (come quella statutaria del 1948); che non difende le nostre peculiarità identitarie e che non unisce quindi l’elemento culturale a quello dello sviluppo economico, non potrà mai essere un vero modello territoriale ma solo una ennesima sigla, tale e quale ad altre correnti, impegnate in un “autonomismo” più retorico che pratico. E quindi organico al centralismo italiano. Nessuna novità quindi.
Il solo apporre la definizione di “nazionale” ad un partito dei Sardi, creando quindi un vero PNS, sancirà senza ombra di dubbio quale sarà il riferimento politico, economico e culturale entro cui ne sarà orientata l’azione: il riconoscimento, la promozione e l’affermazione della Nazione Sarda, su tutti i livelli.
Oltre l’indipendentismo sancito dall’articolo 1 (che lo statuto di un PNS dovrebbe adottare), sarà necessario introdurre una volta per tutte nella storia di Sardegna l’autentico termine che definisce il percorso graduale di ogni indipendentismo internazionale: l’autonomismo. Per autonomismo si intende il cammino progressivo verso la sovranità (e per sovranità non intendiamo il concetto espresso in tempi recenti dalla Corte Costituzionale Italiana, ma il livello di esercizio del potere), che quindi potrà comportare anche la temporanea soluzione federale.
Una vera Autonomia serve per costruire quegli elementi culturali ed economici propedeutici all’indipendenza: Storia e bilinguismo Sardo nella Pubblica Istruzione, nei media e nello sport. Federalismo fiscale e reale autonomia finanziaria regionale per alimentare quel ciclo virtuoso di progressivo miglioramento delle condizioni sociali e territoriali dell’isola sul piano strutturale.
Non ci sarà tuttavia mai alcuna indipendenza Sarda senza la dissoluzione della forma centralista della Repubblica Italiana, che dovrà assumere un carattere plurinazionale.
Un vero federalismo amministrativo quindi entro il quale una concreta Autonomia Sarda potrà forgiare e preservare il Popolo Sardo, ed inoltre ne alimenterà il consenso sociale verso una introspettiva autocoscienza territoriale. Sarà solo allora che si potrà parlare con coraggio di referendum sulla piena autodeterminazione. Ma questo è solo un ipotetico futuro. Oggi dobbiamo capire chi e come dovrebbe ridurre la frammentazione politica Sarda che inibisce la nostra incisività riformista nelle istituzioni dell’isola.
Recentemente la Spagna ha bocciato lo statuto autonomo Catalano che riconosceva tale comunità nazionale, proprio perché a livello sociale esso stava producendo quegli effetti, denominati “sovranisti” (quindi di progressiva conquista della sovranità e parallela autocoscienza popolare) di cui sopratutto la sinistra indipendentista (che si dichiarò avversa a quello statuto autonomo) stava beneficiando, iniziando a proporre piccoli ma innovativi referendum sull’autodeterminazione.

In Sardegna l’esperienza degli errori passati, presenti ed internazionali, ci consentono di capire quanto sia necessario disinnescare la storica ed ingiustificata divisione tra autonomisti ed indipendentisti, in quanto qualsivoglia percorso graduale sarà inevitabilmente condotto nella stessa identica maniera. Quantomeno in occidente, il “percorso graduale” non può che essere il progressivo trasferimento di poteri da stato centrale ad unità periferica (fisco, istruzione, ecc). Una strada che dunque riguarda sia le forze che non intendono creare una nuova entità statuale in seno all’Unione Europea, sia le forze che intendono invece crearla. Il PNS sarà dunque un progetto capace di superare l’inferiorità ideologica entro la quale il Nazionalismo Sardo si pone rispetto al Nazionalismo Italiano. Un esempio? La divisione tra Rossomori e PSD’AZ è generata quasi esclusivamente non su contenuti di natura programmatica ma di posizionamento politico: come per la presenza del controverso giudizio su Silvio Berlusconi, a capo di un PDL alleato col PSD’AZ, e come la retorica socialista dei Rossomori dentro la quale tale divisione si alimenta. Ed in verità, inizialmente nata per coprire la falla sardista lasciata dal PSD’AZ nel centrosinistra.
Una volta superata l’inconsistenza delle paure del Nazionalismo Sardo – circostanza che con la fine del Berlusconismo potrebbe verificarsi anche a prescindere da convegni locali volti al dialogo – sfiancato dalle strategie del centralismo bipolare italiano, sarà necessario scrivere la pagina del confronto nel merito delle sedicenti differenze programmatiche tra sigle. Un esempio? Che differenza c’è tra questa proposta di IRS (clicca: JPG) e quest’altra del PSD’AZ (clicca: JPG)?
Ma potremmo continuare per ore. Forse i movimenti Sardi hanno opinioni diverse su “cassa Sarda delle entrate”, basi militari in eccesso, energie rinnovabili, etc?
E sul piano del dibattito politico, che senso ha avere un piccolo movimento all’opposizione in 3 province (come IRS) ed un PSD’AZ in maggioranza che, con poco peso, non riesce a ricordare alla segreteria romana del suo alleato (PDL) che i tagli alla Regione Sardegna su cui lo Stato Italiano si appresta a scaricare costi per varie competenze non sono supportati dalla restituzione del debito – per miliardi di euro – determinato dalla “vertenza entrate”?
Dobbiamo dunque smetterla di giustificare le divisioni. In Sardegna non sono suffragate da serie argomentazioni.
Dobbiamo imparare ad essere meno morbidi con le congetture di chi afferma il contrario. Su cosa si basano? “L’unione fa la forza” è un motto difficilmente raggiunto nel pianeta, di sicuro tuttavia come Sardi siamo in testa (tra le minoranze internazionali senza stato) per numero di divisioni inutili, e per la conseguente assenza di risultati politici di rilievo.
Come sul piano delle riforme. Da 62 anni d’altra parte lo Statuto Autonomo Regionale è sostanzialmente immobile. Mentre il centralismo italiano ha proseguito senza ostacoli la sua opera di assorbimento ed omologazione sociale del nostro tessuto connettivo.
Sul piano elettorale, storicamente, il Nazionalismo Sardo è sempre cresciuto, ma più o meno stabilizzatosi, è spesso calato, per poi maldestramente aver spesso cercato di recuperare quanto perduto. Anche in periodi di protesta (più o meno sempre presenti nel curriculum di una falsa “Autonomia” come la nostra). Siamo dunque di fronte ad un ciclo che si ripete, con la manifesta incapacità dell’indipendentismo Sardo di accrescere le sue fila e/o di capitalizzare politicamente un dissenso che raramente riesce a cavalcare: sia perché l’assenza di riforme identitarie penalizza l’identificazione del singolo elettore nelle istanze territoriali; sia perché il singolo elettore stesso ha la consapevolezza, che, anche se si trattasse di adottare istanze federaliste e non indipendentiste, i nostri partiti sono e sarebbero numericamente inferiori alla possibilità di incidere sul piano delle riforme a favore della Sardegna.
L’aver inflazionato i termini “indipendenza” ed “autonomia” – da parte del personalismo di pochi e dell’affarismo di tanti – ha ridotto l’isola in una situazione paradossale per la quale oggi è lo stesso circuito politico identitario, in parte cosciente dei propri limiti, a non trovare la strada della reciproca collaborazione, pur avendone tutti i requisiti idonei (ed essendo in forte ritardo per affrontare i problemi del nostro territorio).
Il Nazionalismo Sardo appare dunque essere una moneta fortemente sottostimata e priva di valore pratico.
Creare un PNS senza indipendentisti equivarrebbe al ripetere gli errori del vecchio PSD’AZ: delegare i soliti gattopardi ad una gestione furfantesca e demagogica del partito.
Parimenti, creare un PNS senza autonomisti equivarrebbe al ripetere gli errori dell’attuale indipendentismo: incapacità di comunicare con la popolazione e di definire apertamente la natura del percorso graduale con l’utilità di un processo riformista per potenziare l’economia e tutelare la cultura della Comunità. Una dinamica che porterebbe a nuove ed inutili scissioni.
O qualcuno avrebbe forse il coraggio di sostenere che invece saranno i temi etici a dividere? Forse la Regione leggifera su tali materie?
Dobbiamo reagire Signori. Dobbiamo introdurre una nuova variabile di “gioco” nella politica Sarda.

Eppure, non sta comunque scritto da nessuna parte che un ipotetico PNS debba essere un partito unico. Certamente non potrà neppure essere la decima sigla Sardista che si spartisce le briciole di una proposta politica frastagliata in mille rivoli. Esso dovrà tuttavia avere come obiettivo quello di ridurre l’inaccettabile presenza di 9 partiti Sardi. Il cui numero (in una logica bipolare come quella nostrana) si pone ben oltre il valore del pluralismo, per soffermarsi efficacemente nella frammentazione: quella in cui ogni ambizione di riscatto viene soffocata sul nascere.

Settori dei Riformatori Sardi aperti all’ipotesi PNS, del PSD’AZ, del PAR.I.S., dell’UDS, di Fortza Paris, dell’Ass.ne Sardegna Democratica e di Sardigna Natzione, si aprano al dialogo ed alla collaborazione in ogni periodo dell’anno. Si promuovano tavole rotonde. Si continui altresì a sollecitare il movimento IRS al confronto, ma sui temi che apparentemente dividono. Evitando passerelle in cui ognuno ripete le sue verità rispetto agli altri e viceversa. Si sviluppino intese programmatiche e si gettino dunque le basi per un prossimo progetto politico. Lo si estenda quindi anche ai riformisti di PD e PDL, perché un Partito Natzionale non potrà essere oggetto di esclusione ma di inclusione del Popolo, al fine di dare continuità ad una linea che del territorio ne fa il punto di approdo e non di lancio. L’autonomismo come mezzo e non come fine. Un mezzo per l’indipendentismo. Perché chi oggi non intende propagandisticamente parlare di sovranità, è comunque cosciente dei problemi dell’isola. E non ha alcun senso constatare e ripetere: “La Sardegna oggi da sola non ce la farebbe”. Perché le condizioni strutturali per una piena sovranità le dobbiamo edificare per gradi. E perché, in ogni caso, non esiste Stato al mondo che viva di autarchia rispetto al mercato globale.
Pensate, ci è stato addirittura riferito di persone che non credono ad una Sardegna sovrana “perché non riusciremmo a mantenere una rete consolare internazionale”. Posizioni confusionarie e fuorvianti. Come se nel disastro economico attuale si abbia tempo per occuparsi di quali Paesi ospiteranno degli ipotetici consolati Sardi e, sopratutto, come se ogni Stato avesse un’ambasciata in ogni singolo Paese del pianeta. Basti guardare gli Stati Uniti.

Un Partito Nazionale Sardo non potrà che essere liberal-nazionalista, avverso a qualsiasi fondamentalismo etnico, come lo Scottish National Party, il PNV Basco, l’N-VA Fiammingo, e tanti altri. La parola d’ordine, ripetiamo, non è fare un partito unico, ma ridurre l’inutile dispersione di forze con cui la Sardegna si gioca il suo futuro. Dobbiamo immaginare una nuova geografia politica del Nazionalismo Sardo.
Ignoriamo le cassandre provenienti proprio da chi teme l’avvento di un PNS per continuare a bearsi sugli allori dell’immobilismo e della gloria fine a se stessa. Ne parleremo ancora. E andiamo avanti, la risposta c’è: anche il mondo economico non rimarrà alla finestra.

Fortza Paris!

Di Corda Marco, Melis Roberto e B. Adriano.

Iscarica custu articulu in PDF

Nota stampa del partito Fortza Paris in merito alla nuova linea politica: DOC

U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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    7 Commenti

    • mi piace molto questa nota, una capacita’ di sintesi notevole nel trattare tematiche che affronto ogni giorno da parecchi anni, inutile forse dire che ho apprezzato e che condivido in pieno la vostra lucida analisi sul nostro panorama politico Sardo. grazie .

    • Analisi seria, documentata e totalmente condivisibile. Per obiettivi di questo genere io e il mio gruppo abbiamo lavorato per anni e ci sforziamo ancora di operare. COSTITUENTE SARDISTA fondata di necessità, dopo la mia espulsione dal PSDAZ, non è, nè vuole essere, la 10^ sigla, alternativa alle altre 9, bensì aspira a sciogliersi non appena sarà costituito il partito nazionale sardo. Quel momento forse è più vicino di quanto si pensi, così come quello della conquista di una quota importante di sovranità per la Sardegna. Se la caduta del muro di Berlino ha prodotto decine di nuove e vigorose entità statali, in luogo dei vecchi mostruosi relitti dell’URSS e della Jugoslavia, perchè non pensare che l’ormai prossima (per motivi anagrafici e non solo) caduta del berlusconismo possa essere una formidabile occasione per la rivincita, sul centralismo imperante, di una vera concezione federalista per la aggregazione statuale nata dal vecchio Regno di Sardegna?

    • Saludu a tottu, ma oe in sa “Nuova sardegna” happo leggìu un’articulu de Maninchedda e da-e su titulu pariada indipendentista abberu!, ma legginde à dekkidu bi narada k’issu este indipendentista ma statalista: itte kerede narrede? issu già este professore mi parede de filosofia e cando faeddana diffizile no bi ndè cumprendo nudda. Potet esset ki sa filosofia commente naraiada unu este “il porto delle nebbie” o una cosa gai? e poi b’had iscrittu ki sa indipendenzia de sa sardigna la dezidini in Cussizzu Regionale, ti-had a esser unos kentinaia de homines elejdos da-e su populu sardu e no su populu sardu ettottu! ma su mere ki este? ispiegadelu puru a custu Maninchedda po piaghere adiosu (mirade ki aimis faeddadu de una riunione de faghede contra su nucleare de organizzade in bidda Sindtìa o in Macumère)

    • condivido l’analisi e la proposta

    • [...] – Articolo correlato su PNS e dati elettorali provinciali 2010 [...]

    • “Settori dei Riformatori Sardi aperti all’ipotesi PNS, del PSD’AZ, del PAR.I.S., dell’UDS, di Fortza Paris, dell’Ass.ne Sardegna Democratica e di Sardigna Natzione, si aprano al dialogo ed alla collaborazione in ogni periodo dell’anno. Si promuovano tavole rotonde. Si continui altresì a sollecitare il movimento IRS al confronto, ma sui temi che apparentemente dividono. Evitando passerelle in cui ognuno ripete le sue verità rispetto agli altri e viceversa. Si sviluppino intese programmatiche e si gettino dunque le basi per un prossimo progetto politico. Lo si estenda quindi anche ai riformisti di PD e PDL, perché un Partito Natzionale non potrà essere oggetto di esclusione ma di inclusione del Popolo, al fi”Settori dei Riformatori Sardi aperti all’ipotesi PNS, del PSD’AZ, del PAR.I.S., ne di dare continuità ad una linea che del territorio ne fa il punto di approdo e non di lancio. L’autonomismo come mezzo e non come fine. Un mezzo per l’indipendentismo. Perché chi oggi non intende propagandisticamente parlare di sovranità, è comunque cosciente dei problemi dell’isola. E non ha alcun senso constatare e ripetere: “La Sardegna oggi da sola non ce la farebbe”. Perché le condizioni strutturali per una piena sovranità le dobbiamo edificare per gradi. E perché, in ogni caso, non esiste Stato al mondo che viva di autarchia rispetto al mercato globale.”
      Spero sia un caso , ma non vedo citati altri movimenti quali A manca pro s’Indipendenzia , IRS, ProgRes, Malu Entu, Sardigna Libera , RossoMori, Fiocco verde, Liberi Commercianti ed Artigiani, Movimento Pastori Sardi, Costituente Sarda , La Base e forse qualche altro. Ora seccondo me nel PNS dovrebbero confluire TUTTE le forze indipendentiste ed autonomiste, indifferentemente dalla vecchia nomenclatura “destra” “sinistra” “centro” che hanno orientato TUTTI i movimenti indipendestisti ed autonomisti verso quelle vecchie nomenclature . Parlare insieme, una lingua comune x realizzare un unico obiettivo : l’indipendenza ( magari passando x la Soberania o per l’autonomismo spinto)della Sardegna. Lasciandosi alle spalle il passato, i rancori, le divisioni, e guardando al futuro cercare il meglio ed il possibile che sia di utilita’ al raggiungimento dell’obbiettivo. Utilizzare le migliori menti per formulare proposte (non legate al contingente od al proprio “ovile”) da discutere TUTTI INSIEME ( magari mettendo a confronto gli esperti di ogni movimento su alcune Tematiche quali : Energia, Ambiente, Credito, Informazione, Trasporti, Turismo Industria Commercio Servizi Artigianato Agricoltura, Allevamento,Cultura per arrivare a creare un modello di sviluppo economico che crei ricchezza e lavoro per il Popolo Sardo.13 tavoli ,coinvolgendo 1 o 2 esperti per ogni movimento( ma aperti ad ogni suggerimento che provenisse dalla popolazione), che oltre a lavorare sugli argomenti concreti,creino le premesse x ridurre le divergenze, ma che sicuramente concorrerebero a CREARE una CULTURA COMUNE CONDIVISA e PARTECIPATA ,senza che nessuno si senta sminuito per l’esiguita elettorale della propria base, ma anche senza l’arroganza di chi crede di avere la verita’ assoluta in tasca in forza di una maggior consistenza elettorale. Devono essere le IDEE i PROGETTI I PROGRAMMI I CUORI a farla da padrone, non i rapporti di potere, ed a far SINTESI di tutto cio’ deve essere chiamato il Popolo Sardo con un “refendum confirmativo” tenuto nei gazebo di ogni comune ad approvare o respingere l’IDEA di un Partito Nazionale Sardo.E tutto questo processo una volta partito non puo’ durare piu’ di un tempo definito (poniamo un anno, assai fattibile perche’ ogni Movimento ha gia’ preparato su questi temi un proprio programma) per consentire la presenza del PNS alle prossime elezioni regionali.

    • [...] Articolo sul tema: Idee per un PNS (Sa Natzione, [...]

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