Sovranità e sudditanza dei Sardi: Costituzione svizzera e italiana a confronto

Il diritto pubblico comparato offre diverse possibilità di analisi alle forze politiche delle minoranze nazionali, perché evidenzia in maniera plateale quali sono i principali ostacoli giuridici che, soprattutto in uno Stato centrale, si frappongono fra i diritti delle minoranze e la possibilità di esercitarli.

Osservando in parallelo quali terzi ordinamenti costituzionali renderebbero più agevole tale possibilità, non si può fare a meno di considerare la Svizzera uno dei modelli di riferimento per eccellenza. Siamo nel solco di Giovanni Battista Tuveri, che già nel 1872 non mancò di commentarne la struttura. In questa sede ci occuperemo del testo scaturito dalla riforma costituzionale del 1999.
Oggi qualcuno potrebbe trovare scontato il paragone fra un sistema federale come quello elvetico ed uno centralista come quello italiano, ma non tutti conoscono uno straordinario fondamento giuridico che differenzia la Confederazione Svizzera dallo Stato Italiano. Nel primo caso infatti non si può parlare di una vera e propria nazionalità basata sul classico dogma dello Stato-nazione ottocentesco riassumibile nella formula: “una lingua, una nazione”, perché noteremo invece che, a differenza della Repubblica Italiana cone le sue Regioni, in Svizzera, i Cantoni (a loro volta muniti di lingue ufficiali diverse) nella Costituzione elvetica hanno la stessa valenza giuridica del “Popolo”, sono cioè posti sullo stesso piano. Popolo e Cantoni non sono concetti separabili (Preambolo costituzionale e art. 1). Immaginate, come se nello Stato Italiano le Regioni e il “Popolo Italiano” godessero dello stesso status di sovranità.
Al contrario, la Costituzione Italiana, all’art. 1, comma 2°, parla semplicemente di Popolo, rimandando la forma dell’esercizio della sua sovranità alle disposizioni che seguono nel testo costituzionale. Eppure, nonostante l’architettura della sua Carta fondante riconosca l’esistenza del regionalismo come fattore di decentramento amministrativo, la realtà dei fatti stona palesemente con quanto affermato in qualsiasi manuale di diritto costituzionale italiano, in quanto il cosiddetto Popolo (italiano) e le Regioni non coincidono nei termini della sovranità esercitabile ma solo nella nazionalità. Questo è stato affermato dalla Corte Costituzionale, quando, nel 2006, venne rigettata la possibilità che una Consulta emanata dal Popolo Sardo, definitosi “sovrano”, lavorasse ad un nuovo Statuto Autonomo. Secondo la Corte non esisterebbe un Popolo Sardo sovrano (anche se nel diritto italiano la definizione di Popolo Sardo compare nell’art. 28 della terza legge costituzionale del 1948, cioè lo Statuto Autonomo), ma esisterebbe solo un Popolo sovrano (quello italiano).
La Costituzione Italiana tuttavia non stabilisce quali contorni rappresenterebbero tale Popolo (italiano), neppure si fa esplicito riferimento ad una lingua ufficiale, benché la predominanza di quella italiana nella vita pubblica dello Stato sia evidente.
Oltre all’art. 4, i primi 3 commi dell’art. 70 della Costituzione elvetica invece sono chiari:

1 – Le lingue ufficiali della Confederazione sono il tedesco, il francese e l’italiano. Il romancio è lingua ufficiale nei rapporti con le persone di lingua romancia.
2 – I Cantoni designano le loro lingue ufficiali. Per garantire la pace linguistica rispettano la composizione linguistica tradizionale delle regioni e considerano le minoranze linguistiche autoctone.
3 – La Confederazione e i Cantoni promuovono la comprensione e gli scambi tra le comunità linguistiche.

Nel diritto costituzionale elvetico dunque i Cantoni sono sovrani ed hanno la contemporanea facoltà di ufficializzare le loro lingue territoriali. Aspetto ben diverso, ad esempio, dalla legge regionale n. 26/97 che in Sardegna riconosce e tutela la lingua Sarda, e alloglotte, ma che non ha carattere di ufficialità dichiaratamente espresso nella Carta Costituzionale della Repubblica e che considera l’uso della lingua Sarda, non come un diritto da normalizzare, ma come un aspetto meramente culturale del Popolo Sardo. Una visione che ha proiettato la politica di tutela del Sardo non in quanto collettività che esprime una minoranza linguistica, ma come il riflesso di singoli individui che hanno la facoltativa possibilità di esprimersi in una lingua minoritaria. Contrariamente, in Svizzera, la conseguenza giuridica della condivisione di sovranità conferma dunque le basi – non di un semplice federalismo amministrativo – ma di un federalismo politico e quindi multiculturale a tutto campo, da cui discende anche quello fiscale. Il 4° comma dell’art. 128, in materia di imposte dirette, afferma: I Cantoni provvedono all’imposizione e all’esazione. Tre decimi del gettito fiscale lordo spettano ai Cantoni; almeno un sesto di questa quota è devoluto alla perequazione finanziaria intercantonale.

La Svizzera ha ben 26 sistemi fiscali diversi e concorrenti, ma non avversari, uno per Cantone, con una media alquanto eterogenea in tema di pressione fiscale, comunque bassa, relativamente alle diverse caratteristiche economiche delle comunità. L’articolo 128 è un esempio lampante di federalismo partecipativo e cooperativo, questo, tuttavia, non fa venire meno anche il carattere esecutivo di cui invece è sprovvisto il regionalismo italiano (nel 2012 in Sardegna il Comitato del Fiocco Verde è ancora costretto dalle circostanze a battersi per la sola capacità di esazione).
Un esempio essenziale di federalismo esecutivo in Svizzera è quello stabilito dalla politica estera, se nel dettato Costituzionale italiano è solo l’impersonale e monolitica figura dello Stato a decidere le mosse diplomatiche, in quello Svizzero i Cantoni hanno la sovranità per contribuire a determinarle. Gli art. 55 e 147 sono delle perle di democrazia partecipativa. Il primo recita:

1 – I Cantoni collaborano alla preparazione delle decisioni di politica estera che toccano le loro competenze o loro interessi essenziali.
2 – La Confederazione informa tempestivamente e compiutamente i Cantoni e li consulta.
3 – Ai pareri dei Cantoni è dato particolare rilievo nei settori che toccano loro competenze.
In questi casi i Cantoni collaborano in modo appropriato ai negoziati internazionali.

Il secondo articolo in oggetto si spinge oltre, coinvolgendo gli attori politici del territorio:

I Cantoni, i partiti politici e gli ambienti interessati sono consultati nell’ambito della preparazione di importanti atti legislativi e di altri progetti di ampia portata, nonché su importanti trattati internazionali.

Immaginando l’applicazione dell’art. 147 alla realtà Sarda, ne consegue che, ad esempio, sul tema delle basi militari, lo Stato Italiano avrebbe dovuto preventivamente chiedere il permesso sulla loro realizzazione – non solo alla Regione – ma persino ai partiti autonomisti e indipendentisti Sardi.

Nel federalismo svizzero, la condivisione della sovranità manifesta il suo carattere esecutivo in quanto non si limita ad applicare una politica posta al di sopra dei Cantoni, ma con essi, la Confederazione, contribuisce a crearla ed applicarla.
Il Comune è il primo spazio di esercizio della democrazia del cittadino elvetico, non esiste un ente intermedio sulla falsariga delle nostre Province. Bisogna inoltre osservare che l’autonomia dei Comuni svizzeri, con le relative competenze, varia da Cantone a Cantone, fino ad essere configurata con delle vere e proprie Costituzioni, anche in questi casi, espressione della volontà popolare.

Oltre a considerare i referendum il principale strumento di tale sovranità, notiamo che la Costituzione varata nel 1999, all’art. 51, comma 1°, afferma: Ogni Cantone si da una costituzione democratica. La costituzione cantonale richiede l’approvazione del Popolo e deve poter essere riveduta qualora la maggioranza del Popolo lo richieda.

Questo è un elemento giuridico e politico di notevole importanza, che rende abissale il diritto costituzionale elvetico da quello italiano. A differenza di quella italiana, la Costituzione Svizzera non è flessibile in quanto non esistono fattori di rigidità nel poterla modificare, che ci sono, ma è flessibile per quanto riguarda le Costituzioni cantonali: essa non dice che “si possono” cambiare, ma che “si devono” poter cambiare. Non c’è dunque la probabilità ma la possibilità correlata al dovere. Questa peculiarità deriva dalla vecchia Costituzione elvetica del 1874, la cui condizione storica portò i Cantoni a coincidere con il Popolo, in quanto il potere costituente non viene inquadrato come un qualcosa che si esaurisce nel momento in cui viene emanato ma come un qualcosa di continuativo nel tempo. La spiegazione di questa dottrina democratica, che affonda le sue origini nell’Europa germanica della riforma Luterana in contrapposizione al verticismo dei regni cattolici, influenzò persino il costituzionalismo statunitense: la mitica e allo stesso tempo pragmatica formula di George Washington infatti vuole che siano le Costituzioni a servire i Popoli e non viceversa. Vale a dire che, nell’istante in cui una Costituzione non rappresenta più le mutate condizioni sociali, culturali, identitarie ed economiche di un dato territorio, essa DEVE essere modificata in funzione delle nuove condizioni sopravvenute, e non conservata come un feticcio da adorare (cosa che invece, purtroppo, succede nella dialettica politica italiana).

La concezione unitarista dello Stato Italiano, rispetto a quella pattizia della Confederazione Svizzera, si evidenzia sotto vari aspetti. Istruzione e cultura, oltre al predetto esempio linguistico, ne sono il sintomo per eccellenza. Se in Svizzera la scuola (per struttura e programmi) è competenza esclusiva dei Cantoni (art. 62, c. 1), in Italia, nonostante il regionalismo abbia facoltà di integrare i programmi scolastici e adottare una propria autonomia, la “Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi” (art. 33, c. 2). Ancora, in Svizzera, “il settore culturale compete ai Cantoni” (art. 69, c. 1), che si occupano anche di gestione dei beni culturali (assieme ai Comuni) in base ai rispettivi ordinamenti territoriali; in Italia, invece, lo Stato ha competenza esclusiva in: s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (art. 117), benché solo in parte sia materia di legislazione concorrente fra Stato e Regioni.

Ci sono infatti diversi percorsi storici che hanno prodotto tali ordinamenti: se la Svizzera eredita col neutralismo la sua caratteristica di spazio giuridico, sociale e geografico multipolare derivante dalla struttura pattizia della Ginevra di epoca calvinista, il Regno d’Italia e la Repubblica Italiana non sono che la copia e l’evoluzione della struttura statale e accentratrice dell’Impero Napoleonico (inclusa l’area francofona da cui provenivano i regnanti sabaudi, in seguito del tutto piemontesi).
La Costituzione Italiana è figlia del suo tempo, non solo per quanto concerne la struttura che ha stabilito la forma dello Stato, ma anche per gli uomini e l’epoca che plasmarono tale forma. Il timido regionalismo italico sottomesso al centralismo romano fu il compromesso tra una serie di esigenze interne ed esterne alle classi dirigenti dell’epoca (che tuttavia ignoravano le reali esigenze identitarie, sociali ed economiche delle popolazioni da esse amministrate). Per un verso, era ancora forte il mito dell’unità nazionale italiana sorto in epoca risorgimentale ed in seguito fomentato dal fascismo, poi assimilato dal popolarismo liberale; per altro verso, l’internazionalismo delle componenti socialiste e comuniste vedevano nell’autonomismo e nel federalismo – non solo un rischio di frammentazione di quel mito che pure loro avevano assimilato – ma un rischio di frammentazione che avrebbe potuto anche ostacolare l’avvento di una ipotetica società socialista, ideologia al tempo sostenuta dall’URSS, una delle potenze uscite vincitrici dal secondo conflitto mondiale, e che influenzavano il PCI della fase post-bellica. Per altro verso ancora, il nascente blocco occidentale che avrebbe dato vita ai Paesi NATO, dopo Yalta, riteneva fondato il rischio che le varie sensibilità economiche e culturali della penisola (e delle isole) in capo allo Stato Italiano si frammentassero, complicando così al mondo occidentale la facoltà di controllare in maniera più efficace l’area strategica del Mediterraneo, rispetto alla potenza sovietica ed ai suoi Stati-satellite. Al periodo, l’indipendentismo siciliano (e non quello sardista) fu una delle maggiori preoccupazioni in tal senso.

Al di là delle origini storiche degli ordinamenti costituzionali svizzero e italiano, il primo ha introdotto un principio di coerenza che nel secondo continua a mancare, e riguarda proprio il diritto internazionale. Il 4° comma dell’art. 5 della Costituzione Svizzera recita: La Confederazione e i Cantoni rispettano il diritto internazionale.

Questo principio costituzionale si è conformato alla ratifica, da parte della Svizzera, avvenuta nel 1974, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e della relativa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ne è conseguito che la Confederazione non può emanare alcun atto contrario alle disposizioni indicate nella CEDU. Si può pertanto affermare che la CEDU ha valenza costituzionale all’interno dell’ordinamento elvetico.
Al contrario, lo Stato Italiano, benché anch’esso in linea con una serie di trattati e convenzioni internazionali sui diritti dei singoli e delle comunità, presenta un quadro più difficoltoso di applicazione di tali dettami in quanto la propria architettura istituzionale e la sua legislazione creano zone d’ombra nelle quali non sempre un diritto ha la facoltà di poter emergere nel momento stesso in cui reclama attenzione.
Due esempi pratici sono quelli del diritto alla lingua nazionale e del diritto all’autodeterminazione. Il primo si è verificato proprio nel 2012, quando il Governo Monti, in attuazione di un provvedimento sulla revisione di spesa dello Stato (e persino in spregio all’art. 6 della Costituzione Italiana sui diritti delle minoranze) ha declassato la tutela di quelle linguistiche non coperte da accordi internazionali (come la Sarda e la Friulana). Una circostanza che ha scatenato alcune polemiche politiche. Il secondo, anch’esso del 2012, si è verificato nel momento in cui un ufficio regionale ha bollato come improponibile la possibilità di indire un referendum consultivo sull’indipendenza della Sardegna (come proposto dal movimento PAR.I.S. di Meloni), motivandolo in base all’art. 5 della Costituzione Italiana (“La Repubblica, una e indivisibile”…), aspetto poi rigettato dopo il ricorso presentato dagli avvocati di Meloni. Infatti lo Stato Italiano ha sottoscritto trattati nei quali riconosce la possibilità di autodeterminazione dei popoli. Ben più scandaloso sarebbe impedire una semplice consultazione popolare (non vincolante per lo Stato) sulla materia.

Altro aspetto di rigidità che differenzia l’ordinamento italiano da quello elvetico è la presenza, in Italia, della Corte Costituzionale. Un organo che, con le sue argomentazioni semantiche, indipendenti dal diritto internazionale e ben diverse dal costume del Tribunale Federale svizzero, ha declinazioni evidentemente politiche, a guardia dell’unità della presunta nazione italiana e che fu oggetto di contestazione da parte del Partito Sardo d’Azione. Se già nel 1944 il siniscolese Luigi Oggiano esaltava le conquiste del federalismo svizzero rispetto al centralismo romano, quarant’anni dopo, nel 1984, ecco cosa recitava sul tema il 13° punto programmatico del XXI° Congresso sardista:

Il PSD’AZ ritiene non più tollerabile che a dirimere controversie tra la Regione e lo Stato sia un organismo, la Corte Costituzionale, nominata esclusivamente dallo Stato e, cioè, da una delle due parti in causa. Perciò si chiede che la Corte sia riformata in senso paritetico, nel senso della presenza paritetica di giudici nominati dallo Stato e di giudici nominati dalle Regioni.

I sardisti commisero l’ingenuità di credere che la Regione, nell’ordinamento costituzionale italiano, fosse un attore sovrano di pari grado a quello dello Stato. Nella logica giuridica italiana, non esistono “due parti in causa” sovrane, ma una sola, lo Stato, comprensivo di Regioni, espresso dal “popolo italiano”.
Nessuna riforma venne mai compiuta al riguardo. Da allora nulla è cambiato. Eccetto per la Svizzera, una piccola Confederazione portatasi ai vertici della grande finanza internazionale.

Di Adriano Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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    21 Commenti

    • Credo che una Sardegna federale, divisa in distretti per lingua e cultura delle popolazioni sarde, sul modello svizzero sia l’ideale.
      Molti dicono che Cagliari è l’unica vera fonte di vita della Sardegna… Se fossimo indipendenti, io vorrei sfatare questo tabù e decentralizzare la Sardegna proprio in modo federale per aiutare ulteriormente lo sviluppo di tutta l’Isola. Anche per la questione delle lingue, il modello svizzero sarebbe il più adeguato. Ogni scuola, comunque imparerà tutte le lingue (almeno quelle ufficiali) dell’Isola. Non facciamo l’errore di imporre una sola lingua per tutti a scapito delle lingue locali, come invece fa l’italia! Ogni comune, ovviamente, userà la propria lingua anche a livello scolastico e amministrativo. L’italiano, invece, non ci permette di capirci se parliamo due “sardi” differenti. Ci vuole per forza l’italiano, allontanando così i sardi da sé stessi. Invece, se a scuola s’imparasse TUTTO il Sardo, io potrei parlare in Gallurese e farmi capire anche a Cagliari o a Carloforte! Capito, cosa voglio dire?

    • *Nell’ultima domanda c’è una virgola di troppo..

    • Visto che ormai in Sardegna si e’in tanti ad auspicare una forte autonomia,se non anche una totale sovranita’e data la soppressione delle province con un eventuale riordino amministrativo del territorio,perche’per una volta non cominciamo ad essere piu’ originali o magari guardando appunto modelli che vengono da paesi europei che sono all’avanguardia in tal senso,evitando cosi’ ancora una volta di fare la brutta copia di cio’che avviene nello stivale,perche’ non rioganizzare il territorio sardo in contee ,ogniuna con i propri confini capoluogo lingua o bilingua ecc. Es contea della Gallura Sulcis Campidano Logudoro Ogliastra Nurra Trexenta Barbagia ecc; gestendole in termini economici e amministrattivi dai stessi sindaci dei paesi che compongono ciascuna contea, senza quindi sperperare soldi inutilmente come avviene ora con le province. Sarebbe inoltre giusto anche ufficializzare le 2 varianti del sardo: logudorese e campidanese,in tutta la Sardegna,mentre le altre lingue e dialetti non sardi,ma che si parlano in Sardegna sarebbe giusto ufficializzarli solo in loco,insieme al logudorese e campidanese. Es.nell’arcipellago del Sulcis si ufficialerebbe,il ligure e il sardo con le 2 varianti,in Gallura idem e cosi’ via.Una volta che utti sardi conoscerano bene entrambe le varianti logudorese e campidanese, si puo’ anche pensare ad una vera LIMBA COMUNA UNIFICADA, prendendo il meglio di entrambe.Saludi a tottus is sardus. salude a tottus sos sardos.

    • Mc Sardu,
      Io, invece, trovo più giusto che si imparino tutte le lingue ufficiali in tutte le scuole sarde, non solo Logudoresu e Campidanesu: non esistono lingue di serie A e lingue di serie B!
      Quanto a Gaddhuresu, Sassaresu e le loro varianti, esse non sono lingue “non-sarde”, ma mi piace definirle lingue Sardo-Corse perché racchiudono le caratteristiche del Logudoresu e del Corsu Pumunticu messe assieme… Senza contare gli influssi catalani e spagnoli che hanno subito anche le lingue rimaste di ceppo “Sardo” come il Logudoresu e il Campidanesu: anche in Gaddhuresu, per esempio, ci sono notevoli influenze delle due lingue iberiche.
      Poi abbiamo le minoranze Català e Tabarchino (Alghero e Carloforte). Ma esse non sono un problema: infatti, tutti i comuni Sardi useranno la propria Limba ufficialmente entro la propria sfera di influenza, senza impedire, ovviamente, la diffusione della lingua della capitale a tutto il distretto.
      La Sardegna sarà divisa in distretti per lingua e cultura delle popolazioni, con le minoranze Català e Tabarchino che saranno racchiuse in distretti più grandi perché impossibilitate ad essere da sole un distretto. Tuttavia, dovranno essere anch’esse oggetto di studio della Limba.
      Ed oltre al Sardu, farei imparare anche il Corsu. Per i motivi che ho detto in un altro topic: siamo isole sorelle, siamo simili economicamente ed è follia che italia e Francia ci separino senza che ci sia continuità territoriale.
      Quindi, dovremo cooperare, una volta indipendenti, nell’interesse di entrambi i Popoli.
      E poi, io non voglio certo modelli stivaleschi nell’amministrare l’Isola: infatti ho proposto una repubblica federale e con tante lingue. Credo che il modello elvetico sia uno dei migliori al mondo.
      Al liceo, avevo un compagno di classe che sapeva parlare solo italiano. Una volta, mi disse “Quante lingue dobbiamo parlare?”. Col recupero dell’identità, io credo che non sia un problema, dato che recenti studi hanno certificato che i bambini bilingui rendono meglio di quelli monolingui. Inoltre, parlare tante lingue è elasticità mentale.
      Comunque, per completare, copincollo quanto scritto in un altro topic. Seppur ci saranno molte ripetizioni relative a ciò che ho appena esposto.

      Marco Antonio
      set 4, 2012, 15:20
      Adriano,
      Ne ho già ragionato sul topic della Costituzione Svizzera: le lingue di tutti i comuni sardi vanno tutelate e ogni comune dovrà utilizzare la propria Limba a livello scolastico, amministrativo e in tutti i settori. Ogni distretto, diviso per lingua e cultura (ad esempio, la mia Gallura), avrà come lingua ufficiale la lingua della capitale del distretto. Ciò non toglie che anche le altre lingue ufficiali verranno insegnate in tutte le scuole sarde con integrazione, comunque, delle varianti degli altri comuni. Questo perché, a differenza dei tempi della Carta De Logu, non abbiamo una lingua uguale in tutta l’Isola. Inoltre, se si elimina del tutto l’italiano, possiamo usare le ore dirottate in italiano per l’insegnamento del sardo.
      In più, vorrei fare un qualcosa come intercultura: scambiare studenti sardi per l’Isola, in modo da formare tutti i Tzitadinos Sardos nella conoscenza approfondita della lingua, della storia e della cultura di tutta l’Isola, senza bisogno di comunicare in italiano per capirci. Italiano che, a quel punto, diverrà perfettamente inutile. Piuttosto, per comunicare con gli stranieri, meglio l’inglese e lo spagnolo perché sono le lingue più diffuse. E soprattutto lo spagnolo dovremmo conoscere bene, visto che ha dato tanto alla Limba.
      Ma una lingua centrale danneggia le altre.

      Ah e, per ultimo, farei imparare anche il Corso. Perché una Sardegna ed una Corsica indipendenti dovrebbero collaborare economicamente perché economicamente simili. Per la nostra vicinanza con loro, è una follia che non ci sia continuità territoriale e che siamo separati da italia e Francia. Non dico un unico Stato Sardo-Corso: dico due Stati indipendenti federali che cooperino tra loro nell’interesse di entrambi i Popoli. I Corsi sono i nostri veri unici Fratelli.

    • Sig. Marco Antonio, tengo a precisare meglio quanto detto prima in materia di lingue sarde e non,dico campidanese-logudorese/nuorese,in quanto sono le uniche che hanno una matrice nuragicolatinoiberica,quindi nate almeno 4000 anni fa’ in Sardegna anche se modificate nel tempo, mentre le altre anche avvendo influssi sardi come possono essere sassarese e gallurese,non hanno un origine autoctona.Con questo ora non voglio dire di non essere d’accordo quando lei dice di ufficializzarle tutte quante,in modo tale da non esserci lingue di serie A e B. Lei e’ d’accordo, io lo stesso altri come noi pure, perche’ amiamo la Sardegna tutta in ogni sfacettatura al punto di stare qui a parlare di queste cose,ma sappiamo entrambi che purtroppo la maggior parte dei sardi ha altro a cui pensare,perche non ha la passione,non e’ motivato,ignora tutto questo e’ per la lingua italiana punto e basta ecc. per cui lo trovo difficile ufficializzare in tutta la Sardegna tutte le lingue presenti;logudorese/nuorese campidanese sassarese galurese ligure/tabarkino catalano veneto e addirittura corso, a persone che non sono favorevoli nemmeno all’ufficialita’ di una sola variante del sardo,perche’continuano a vederlo come un dialetto.A mio parere Dovrebbe essere salvaguardato anche il veneto che si parla ad Arborea Tanca Marchesa e Fertilia.Per quanto riguarda il ligure/tabarkino esso e’ parlato non solo a Carloforte ma anche a Calasetta dove e’ autoctono,mentre in altri centri costieri del Sulcis vicini,come Portoscuso Sant’Antioco Carbonia Cortoghiana Iglesias ecc. e’ conosciuto capito e alcuni lo parlano anche,per la forte immigrazione in questi ultimi nonostante sia autoctona la variante sulcitana del campidanese.Lei dice di essere Gallurese,io sono Sulcitano sembrera’ strano ma queste 2 regioni della Sardegna nonostante siano agli estremi opposti, nord/est sud/ovest,hanno in comune quasi tutto,per questo abbiamo un forte attaccamento non solo alla Sardegna ma anche alla nostra piccola regione; entrambe sono ben distinte dal resto della Sardegna, da una parte le montagne dall’altra il mare con gli arcipellaghi di isole,con i caratteristici traghetti,in entrambe fino agli anni 50 le popolazioni vivevano negli stazzi,noi gli chiamiamo medaus, in entrambe vi e’ la presenza di due lingue se non culture,sulcitana/liguretabarkina logudorese/corsogallurese,entrambi forse ci sentiamo un isola nell’isola,ma sardi al 100%.L’unica differenza sta nella programmazione dello sviluppo economico che si e’ voluto fare,(non dipeso da noi) a voi e’ toccato per fortuna la costa smeralda e di riflesso tutto e’ stato impostato sul turismo,a noi per sfortuna e’ toccato l’industria pesante di Porto vesme miniere basi nato di Teulada ecc. e ora non facciamo che piangere. Con questo, ora e’ facile capire di che cosa la Sardegna tutta dovrebbe vivere. A proposito che rapporti ci sono con i corsi,sarebbero favorevoli come dice lei ad un eventuale federazione con la Sardegna ?

    • [...] Probabilmente Napolitano ha confuso Merano con la Svizzera e, non resosi conto di essere ancora in Italia, ha confuso il centralismo dello Stato che rappresenta con il federalismo elvetico (delle cui differenze abbiamo ampiamente parlato su un articolo di Sa Natzione). [...]

    • Ciao, Mc. Scusa (dispiace, se do del “Tu”?) il ritardo della risposta, ma non ho potuto rispondere prima.
      Tando, comintzamus.
      Io premetto che non ho mai studiato lingue e che non sono un linguista. Tuttavia, imparando la Lingua Sarda (sia Logudoresu che Campidanesu) e leggendo libri o leggendo sul web, e conoscendo la Lingua Gallurese (che si divide in due grossi tronconi: l’Agghjèsu, parlato ad Aggius, Trinità, Badesi, Viddalba, Codaruina… e lu Gaddhuresu ritenuto, diciamo, “ufficiale” parlato a Tempio, Calagianus, Luogosanto, Arzachena, Aglientu, ecc… più alcune minoranze come il Bultigghjatesu, parlato a Bortigiadas e frazioni; o il “Teresino”, la lingua di Santa Teresa, che tende molto di più al Corsu), vorrei dire quello che è secondo me. Il Gallurese, come saprai, contiene suoni Corsi come “chj” e “ghj” (nella Lingua di Aggius e in quella di Bortigiadas, la “chj” non esiste: ad esempio, “chjamà” diventa “ciamà”; “vecchju” diventa “vecciu”; “machja” diventa “màccia”… e così via; mentre la “ghj” esiste, tranne che nella parlata di Bortigiadas: ad esempio, “Àgghju” nella lingua di Bortigiadas si dice “Àggiu”; manghjà, derivato dal Corso, diventa “mangià”; “inghjò” diventa “ingiò”. E nella lingua di Bortigiadas non esiste nemmeno la “gn”: ad esempio “agnoni” diventa “angioni”; “pugnu” diventa “pùngiu”). Io ho sempre pensato, però, che sia nato dal Corso sovrappostosi al Sardo. Nel periodo della peste del 1200, l’epidemia colpì la Gallura e tutto il nord. I Corsi invasero la zona, dove prima si parlava in Sardo (Logudoresu che, credo, si parlasse in tutta l’Isola, ai tempi) e ne imposero la lingua. Sulla formazione delle lingue, probabilmente, è determinante il fatto che la lingua Corsa sia arrivata in altre zone più e in altre zone meno. Ragion per cui, probabilmente, il Sassarese è già una lingua diversa e più “Sarda” del Gallurese. Poi c’è anche il caso di Castelsardo, comune che ha una lingua particolare. Ha il suono Corso “ghj”, ma tende più al Sassarese che al Gallurese (per lo meno, questa è l’idea che mi son fatto, leggendo un po’ di commenti scritti in quella lingua su YouTube). Va precisato che i Corsi non entrarono a Luras: infatti, a tutt’oggi, i luresi conservano il Logudoresu, anche se fortemente galluresizzato (ad esempio, dicono “ghjà” anziché “già”; hanno il suono cacuminale “dh” che esiste in Gallurese: “nuddha”; per il verbo “accorgersi” non usano “abizare”, ma un altro verbo: per dire “non me ne sono accorto” dicono “no mi nde sò avvìdu” che corrisponde al Gallurese “no mi ni soc’avvistu”; un’altra galluresizzazione consiste nell’uso del “cun megus”, “cun tegus” che corrispondono al Gallurese “cun mecu” e “cun tecu”) e con alcune italianizzazioni (invece di dire, nella terza persona plurale del verbo essere, “sunt” pronunciato “sùnu” dicono “sont” pronunciato “sono”; invece di dire “conca”, dicono “testa”; in Gallurese “testa” si dice “capu”). Comunque, a Luras sanno anche parlare il Gallurese di Calangianus (e i due paesi, seppur rivali, sono imparentati: infatti ci sono calangianesi a Luras e luresi a Calangianus; c’è una distanza di soli 3 km che li divide).
      Andiamo ai due principali tronconi.
      Tra il Gallurese di Aggius e quello di Tempio, poi, vi sono numerose differenze: la prima, su tutte, è di accento. Infatti, i tempiesi e tutti i paesi “tempiòfoni” hanno un accento che si rifà molto a quello Corso; il nostro è diverso.
      Nell’Aggese non c’è la “c”: “macciòni” (volpe) diventa “matzoni” (in lurese, invece, rimane invariato il Sardo “matzone”); “fumaccia” (nebbia) diventa “fummàtza”; “fòcciu” (faccio) diventa “fotzu”; “socu” (io sono) diventa “sogu”. Nella lingua di Aggius, si usa una sorta di “liaison” come in Sassarese: “lu capu” (la testa) diventa “lu gapu”; “la cara” (la faccia) diventa “la gara”; “la calta”(la carta) diventa “la galta”…
      Ci sono differenze anche per quanto riguarda molti vocaboli: “cupulàta” (tartaruga) diventa “tastaìnu” (in lurese si dice “testaìnu”); “peretta” (la peretta intesa come formaggio; mentre per dire la parola “formaggio” si dice “càsgiu”; la “sg” si pronuncia come la vostra “x”) diventa “tzucchìttu”. Alcune differenze di suono nella stessa parola: “fràcicu” (marcio) diventa “fràtzigu” (la “tz” non è raddoppiata, come negli altri casi); “faci” (fa: terza persona singolare del verbo fare, che all’infinito, in Gallurese, diventa “fà”) diventa “fatzi” (anche qui, la “tz” non è pronunciata doppia, ma singola); “sicùndu” diventa “sigùndu”; “bucà” (togliere; mentre “bucare” si dice “buccà”) diventa “bugà” (a volte si pronuncia anche “bogà”). Per il modo di ragionare ed esprimerci, comunque, ci esprimiamo “alla Sarda” ed abbiamo mantenuto anche molti verbi dal Sardo (pur corsizzandoli). Non dico che sono contrario a quello che dici tu sulla nascita di Logudoresu e Campidanesu. Volevo rimarcare solamente le differenze col Corso “puro” e spiegare perché lo considerò una Limba “Sardu-Corsa”.
      Sul fatto che Logudoresu e Campidanesu, invece, siano nate molto prima sono d’accordo.
      Per quanto riguarda Fertilia, non conosco la situazione. Ma so che è stata fondata nel 1939 da Mussolini, allorquando vi trasferì immigrati veneti e friulani. Questa è la ragione per cui parlano Veneto. Una colonia abbastanza recente italiana e non so nemmeno se si sentano Sardi. Non me ne voglia chi è di Fertilia e leggerà questo post. Anzi, mi piacerebbe sentire dagli abitanti se si sentono Sardi o meno.
      Per quanto riguarda il Tabarchino, vorrei chiederti, visto che sei Sulcitano e il Tabarchino si parla pure in Sulcis: è Ligure “puro” o è sardizzato?
      L’anno scorso ho conosciuto un compagno di Università algherese e costui mi ha detto che la Lingua Algherese è sardizzata e differisce dal Catalano vero e proprio… Quindi, mi è venuta la curiosità: sarà così anche per il Tabarchino?
      Capitolo sviluppo. Sia il Sulcis che la Gallura sono colpite da sfruttamento coloniale. Da noi, la situazione non è proprio così rosea: d’accordo, non abbiamo problemi di industria pesante come nelle vostre zone. In Gallura, il colonialismo italiano, però, si chiama “Edilizia”!!
      Sono stato a Porto Cervo 2 anni fa… Uno schifo! Le case costruite non c’entrano nulla col posto! È cemento! Inoltre, è colonia di vip (ci sono anche i negozi di Briatore, con la gigantografia di suddetto individuo). C’erano anche abitazioni abusive che stavano costruendo da poco. Vero che si sono comprati i terreni negli anni ’60 pagando fior di milioni ai proprietari terrieri. Ma quello che hanno portato sono solo costruzioni selvagge che fanno danno al posto. A parte che lì, se ci lavorano Sardi, saranno, si e no, un’esigua minoranza. Per quanto riguarda il parcheggiare i loro barconi, inoltre, ricorderai sicuramente che stavano incominciando a levare le tende appena Soru parlò di “Tassa sul lusso”. Questi non vengono mica per lasciare soldi qui. Per non parlare dei “villaggi turistici” sparsi per il resto della Gallura: nella “West Coast” abbiamo scempi paesaggistici a Viddalba, Badesi, Vignola. Menzione a parte per Santa Teresa, in cui è stato costruito di tutto e di più all’ingresso del paese: anche qui, palazzi su palazzi, cemento su cemento. Con l’hotel Moresco chiuso (proprio chiuso, abbandonato) a due passi dalla spiaggia. C’era anche un hotel vicino alla Torre Aragonese. Chiuso da anni anche quello… E, non ultimo, lo scempio che stanno facendo a Trinità, in cui stanno costruendo altri “ecomostri” (o cattedrali nel deserto) che rimarranno chiusi 11 mesi all’anno, così come quelli dei posti sopraccitati. La provenienza delle ditte che hanno fatto (e stanno facendo) questi valori non te la so dire. Ma saranno, come minimo, ditte di fuori e non certo Sarde.
      Adesso non sta venendo più nessuno perché costa il traghetto. Molti vanno in Grecia, in Croazia. Qui costa troppo!
      All’Isola Rossa (frazione di Trinità), la gente è venuta al mare molto più dopo ferragosto. C’erano molti spagnoli, Cechi, francesi (anche italiani; ma pochi).
      Ma prima veniva più gente.
      Il terreno incementato si dovrebbe recuperare, bonificare e restituire all’economia Sarda: si al turismo, ma non al cemento selvaggio!
      Per quanto riguarda il turismo interno (della Gallura dell’interno), abbiamo dei monti belli da vedere. Però, se non viene gente… Inoltre, l’interno della Gallura si può lanciare con l’agropastorale, visto che ne abbiamo di campagna (io stesso, vivo in campagna): dobbiamo produrre gli alimenti in casa nostra, non importarli!
      Un tempo, avevamo anche sughero e granito… Ma ora, come settori, sono tra i messi peggio.
      Sul problema dei Sardi che vedono la Limba come un dialetto. Beh, qui c’è un articolo in cui è centrato il problema del mancato insegnamento (obbligatorio) di lingua e cultura Sarda che va a favorire l’insegnamento di quella centralista italiana che distrugge la nostra Identità.
      Infine, sui Corsi, ti posso dire che ci sono sempre stati dei rapporti tra Corsica e Gallura. Molti indipendentisti Corsi che conoscevo su Youtube ci vedono come Fratelli loro. Inoltre, nel periodo del banditismo, molti banditi galluresi erano soliti riparare in Corsica per sfuggire ai carabinieri. Portavano anche roba di contrabbando dalla Corsica. Su come siano i reali rapporti oggi, questo non te lo so dire con esattezza. Sia perché sono giovane e sono stato 11 anni fa in Corsica e solo per un giorno (praticamente, eravamo quasi sempre in viaggio a girare tutta l’isola); sia perché non ho conosciuto cittadini Corsi. I Sardi italianizzati, molto spesso, tendono a parlarne male dei Corsi. Però siamo isole sorelle. Sono sicuro che se collaborassimo, potrebbero esserci vantaggi per noi e per loro. Bisogna spezzare i cordoni italiano e francese che ci dividono, riacquistare le nostre Identità e pensare ad una continuità territoriale ed importanti scambi culturali pur rimanendo due Stati indipendenti. Il discorso che faccio è un po’ complesso, ma spero si farà in futuro. Non disperiamo: sono convinto che questa gabbia a celo aperto non durerà per sempre, prima o poi ci libereremo.

    • Aggiungo una menzione per Ovidio Marras, che ha vinto la causa contro i colonialisti della Sitas. Anche se è solo un pezzo dell’hotel che non costruiranno.
      A proposito, Redazione: un bel topic sull’argomento non guasterebbe. Non dimentichiamoci, adesso, di Ovidio!

    • Ciao Marco Antonio cerco di risponderti su alcuni commenti.
      Eintzandus cumintzaus:
      Purtroppo oramai il nome Sulcis evoca,disperazione,poverta’inquinamento,ma la realta’non e’ cosi’.Il Sulcis e’ abbastanza vasto con terra ancora vergine,abbiamo anche noi localita’,dove il turismo e’ la maggior fonte di reddito,come anche l’agricoltura,pero’ son sempre le brutte cose a far notizia,conosco bene tutta la Sardegna e ti posso assicurare che ci son zone molto piu’ disagiate,il problema e’ che nel giro di alcuni anni,tutte le industrie son state chiuse con migliaia di posti di lavoro persi,tutto questo per anni a portato un certo benessere,(nonostante i disastri per un altro verso)e bene in altre zone della Sardegna non c’e’ stato nemmeno questo(infatti sono spopolate),e comunque di questo stato di cose e’ sempre meglio il vostro sviluppo turistico, anche con il cemento.Cosa avvresti preferito una base nato come quella di Teulada che occupa oltre 7000 ettari,(dove forse ci sono le piu’ belle spiagge al mondo,dove viene fatto di tutto e di piu’,dove un tempo venendo da sud era la porta d’ingresso della mitica Atlantide),o la cementificazione della costa smeralda?dove un po di sviluppo esiste come anche il lavoro,contando anche che nell’insieme il paesaggio e’ gradevole e affascinante anche se non integro. La regione sulcitana e’ stata da sempre isolata dal resto del sud Sardegna,in particolare il basso Sulcis ,dovuto in parte alla conformazione fisica del territorio ed anche alla scarsa rete di communicazione,fino a 60 anni fa’ le uniche cittadine erano Iglesias e Sant’Antioco oltre una serie di paesini il resto degli abitanti viveva negli stazzi( medaus furriadroxius)sparsi per la campagna,con una scarsa densita’ di popolazione,mantenendo quindi una cultura e lingua abbastanza originale.La vera rivoluzione c’e’ stata con l’evento delle miniere e le industrie in genere,con la nascita di citta’ come Carbonia e altri centri Cortoghiana,Bacu Abis Porto Scuso-Vesme San Giovanni Suergiu ecc. nascendo persino porti industriali ecc.e cosi’ anche alcuni medaus son diventati paesi altri ruderi altri agriturismo, triplicando cosi’ il numero degli abitanti,arrivando gente da mezza Italia,(soprattutto per le miniere)veneti toscani friulani marchigiani siciliani campani campidanesi nuoresi sassaresi ecc oggi esiste un mix di gente,che pero’nonostante tutto si e’ riusciti a preservare la tipica parlata sulcitana.Essa e’ una variante del campidanese che si differenzia di poco,es.si usa mettere la c al posto della z la r al posto della d. ECC. es carne camp. petza sulc. peccia, sedia camp.cadida sulc.carira oltre a certi modi di dire ed alcuni vocaboli.Per quanto riguarda il ligure/tabarkino,non si puo’ fare un paragone col catalano in termini di influenze con il sardo. 1)Perche’ la presenza del ligure in Sardegna e’ recente(circa 300 anni) 2)la lingua piu’ vicina al sardo e’il catalano per cui facile creare ibridi,mentre con il ligure non ha nulla a che vedere se non la medesima radice latina.3)Il ligure e’ stato portato da coloni in zone completamente disabitate,per di piu’in isole lontane in un certo senso dalla Sardegna.4)I rapporti con Genova non si sono mai interrotti anzi…i comuni di Carloforte e Calasetta fanno parte in maniera simbolica della provincia di Genova,pensa che il 90% dei cognomi e’ ligure,il costume folk e’ ligure,cosi’ pure la cucina,ogni anno si tiene un concorso della poesia tabarkina,con altri couni liguri.Ti posso dire per farti un idea,che il ligure che si parla qui e’ piu’ ligure di quello della liguria,in quanto molto arcaico,in liguria si e’ piu’italianizzato,in quanto facente parte delle lingue romanze italiche ha subito forti influenze dall’italiano stesso,mentre cio’non e’ accaduto con il sardo , e’ questo avviene sia soprattutto a Carloforte per via anche dell’insularita’,sia anche Calasetta anchessa in un isola avvendo Sant’Antioco vicino ad una decina di km,dove si parla il sulcitano doc non ha subito alcuna influenza se non l’ingresso di alcuni semplici parole tipo, ajo eja ecc. da alcune persone, e’ piu’ che altro una lingua ricca di francesismi e qualche arabismo,per via di tabarka.Qui si e’ trattato di una vera e propria colonizzazione,ti accorgi ancor di piu’ se le visiti e chiedi i nomi delle localiata’.Mentre l’isola di San Pietro e’ totalmente una enclave ligure ,L’isola di Sant’Antioco lo e’ per meta’,mi spiego le localita’di campagna,le piccole montagne le pianure spiagge persino i nuraghi che ricadono nel comune di Sant’Antioco hanno nomi sardi, mentre quelle che ricadono in quel di Calasetta hanno nomi liguri,entrambi si puo’ dire che hanno una toponomastica autoctona,es. di nomi di alcuni nuraghi s’ega de marteddu,s’utturu de su para a Sant’Antioco,brico delle piane, bricco scarperino a Calasetta.Credo che sia questo che fa’ diventare questi luoghi unici ed affascinanti,si pensa che l’isola di Sant’Antioco sia tra le piccole e uniche isole al mondo, dove convivono due comunita’ distinte per lingua.Comunque c’e un ottimo rapporto,i calasettani si sentono sardi,i carfortini un po’ meno.Quanto al sig. Marras che dire,non so’ se tu conosci la costa di Teulada,e’ unica no aggiungo altro.Quanto alla spiaggia vicina alla costruzioe e’ la mitica Tuarredda,secondo il National Geografic e’una delle spiagge piu’ belle al mondo(cercala su youtube)cosi’ anche le spiagge di Zafferano e Is Arenas Biancas.Certo e che se avvessero costruito almeno 1 km lontano dalla costa,non era stato male, peccato! oppure riportato alla luce i vari medaus o furriadroxius,disseminati li ,come degli agriturismi anziche’ fare ecomostri. Mah seus sardus,po cariradi! Adios’u a luegus.

    • Grazie delle delucidazioni, McSardus. Possiamo dire, quindi, che i comuni che conoscono il Tabarchino e il Campidanese Sulcitano sono “bilingui”?
      Io sono stato a Sant’Antioco e CarloForte parecchi anni fa, quand’ero piccolo. E sono andato sporadicamente, quindi non ricordo molto quelle zone. Ricordo che Sant’Antioco si potesse raggiungere “via terra”; invece, per Carloforte, avevamo preso il traghetto (o battello, non so che era).
      Per quanto riguarda i poligoni di tiro e le servitù militari dell’EI, anche quelle sarebbero da eliminare.. Io conosco il caso di Quirra, perché mediaticamente più noto. Però, di recente, a Sassari, c’era un manifesto che era, praticamente, una “cartina militare” dell’Isola: vi comparivano i punti in cui ci sono installati poligoni di tiro, radar e quant’altro. Manifesto accompagnato dall’esclamazione, in Sassaresu, “Andeddivìzzi!” (pronunciato “Andeddivvìtzi”, che significa “andatevene!”; in Gallurese e in Sassarese, nella lingua scritta, la “tz” viene rappresentata con doppia “z”, qualora ce ne sia bisogno, perché graficamente non è utilizzata. Tuttavia, io ritengo che la “z” vada rappresentata graficamente in base ai due suoni diversi che ha: se proprio non si vuole usare la “tz”, allora ricorriamo ad una variante grafica della “z” che ne ricordi la pronuncia, da pronunciare “doppia” se le si aggiunge una z “normale”; in caso contrario, sarà pronunciata singola) in quanto indipendentista e contro le servitù militari itagliane in Sardegna. E c’era rappresentata anche la base di Teulada, più altri che ora non ricordo…
      Comunque, alla tua domanda “Cosa avvresti preferito una base nato come quella di Teulada che occupa oltre 7000 ettari,(dove forse ci sono le piu’ belle spiagge al mondo,dove viene fatto di tutto e di piu’,dove un tempo venendo da sud era la porta d’ingresso della mitica Atlantide),o la cementificazione della costa smeralda?” risponderei che non vorrei né l’una né l’altra, possibilmente… :-)
      Chiaro che le basi militari sono peggio: c’è il pericolo dell’Uranio impoverito e di altre sostanze cancerogene (come a Quirra, nelle cui campagne si ammalano persone e bestiame e nascono agnelli malformati destinati a morte prematura); così come l’inquinamento provocato dalle ciminiere che immettono nell’aria i fumi a base di carbonio e quindi tossici. Da poco, sul sito di “a Manca”, ho letto del cesio137 delle acciaierie di Brescia scaricato a PortoVesme: non solo l’inquinamento dovuto alle industrie coloniali costruite dalle vostre parti, ma anche materiali di scarico da acciaierie della Pianura Padana… PortoVesme e PortoScuso, inoltre, sono menzionate anche per l’inquinamento dell’acqua (oltre che dell’aria) e c’è un alto tasso di bambini ammalati alla tiroide… Direi che noi, in confronto alle zone vostre colpite da questo tipo di colonialismo (visto che non tutto il Sulcis è contaminato), siamo più fortunati, in effetti… Ci vogliono chissà quanti anni di bonifiche, per rimettere a posto il territorio.
      Comunque, a parte i centri delle coste, i nostri paesini sono sempre più spopolati. Invece si deve creare lavoro anche nell’interno (parlo di tutta l’Isola), sia nell’agropastorale ma anche nel turismo (in Gallura, per esempio, abbiamo monti bellissimi) interno. Non dico di urbanizzare i paesini, ma di ripopolarli creando posti di lavoro al loro interno. Non facciamo l’errore di far dipendere l’economia dal turismo della sola costa.
      Ma abbiamo politici che s’inchinano ai loro padroni centrali e fanno di tutto per prendere i voti della gente (a loro interessa la calda e soffice poltroncina)… E finché abbiamo questi raccomandati, finché il Popolo Sardo non reagisce veramente unito, continueremo a subire un processo che porterà alla morte della nostra Sardegna…

    • Ciao Marco Antonio,prima di risponderti consentimi,un ringraziamento alla redazione,che ci permette di esprimerci scambiando idee su argomenti interessanti con persone che vivono dall’altra parte dell’isola, che apparentemente,sembrano divise con la storia tra nord e sud e invece si scopre, che per l’amore della propria terra si e’ uniti su tutti i fronti.A proposito di unione, io penso,scusa se torno sull’argomento della lingua sarda,ma mi affascina tanto;che i sardi, in epoca nuragica parlessero la stessa lingua;(quindi un unico popolo,forse unito piu’di adesso,la disunita’l'hanno creata i popoli che si sono succeduti)come spieghi che, la civilta’ nuragica fosse vissuta in maniera uguale in qualunque angolo della Sardegna? Da Stintino a Villasimius da Santa Teresa a Sant’Antioco,da Cabras passando per Desulo ad Arbatax ecc.I nuraghi son tutti realizzati con la stessa tecnica,senza malta,con blocchi uno sopra l’altro,tutti disposti in luoghi caratteristici e precisi eretti per le medesime funzioni ovunque, adiacenti ai nuraghi veniva spesso edificata la tomba dei giganti,corrispondente all’odierno cimitero,anchesse fatte sempre con la stessa tecnica ovunque e per la medesima funzione,cosi’ pure i pozzi sacri e dai bronzetti ritrovati,confermano ancor di piu’ questa tesi. Allora viene da chiedersi,come tutto questo sia stato possibile,senza i mezzi di comunicazione odierni,tv internet ecc. E’ evidente che le idee i modi di fare di vivere, venivano trasmessi solo comunicando per via orale,quindi parlando la stessa lingua,l’inglese o l’italiano,come facciamo ora, credo che non esistessero 4-3000 anni fa’. Tutto questo per riallacciarmi ad un tuo commento precedente, dove affermi che inizialmente in tutta la Sardegna si parlasse il logudorese, son d’accordo sul fatto che ci fosse un unica lingua su tutta l’isola,ma piuttosto penso che anche il logudorese(soprattutto quello settentrionale) si sia evoluto e diversificato dal ramo principale, in quanto lo trovo per alcuni versi italianizzato piu’ del campidanese,(forse per la vicinaza al sassarese e gallurese,dialetti corsi e quindi simili al ramo italico,come il logudorese ha datto qualcosa al sassarese/gallurese cosi’ e’ sucesso per il logudorese di ricevere influenze dal sassarese/gallurese) invece trovo piu’ autentico e puro il logudorese/nuorese,e alcuni aspetti piu’ autentici del nuorese son proprio quelli che si accostano al campidanese,mentre altri aspetti sono senza dubbio tipici puri e autentici,esclusivi del logudorese.Non sto a fare esempi per non dillungarmi troppo,ma consultando wikipedia o altro ci si rende conto.Il nuorese,credo che sia il dialetto che unisce per certi versi il logudorese settentrionale con il campidanese,anche se e’ molto piu affine al logudorese.Definisco questa lingua nuragico-latino-iberica,che ha subito forse come tutte le lingue delle forti contaminazioni, ma che a distanza di migliaia di anni ha mantenuto una sua identita’ fino ai nostri giorni che pero’,negli ultimi credo 30 anni ha subito una graduale decadenza su tutti i fronti,i mezzi di comunicazione hanno agevolato le altre lingue,e la nostra? come che continuiamo a parlare in italiano? c’e’ ancora tempo ? se continuiamo a dire all’infinito che il sardo e’ una lingua, ma non lo ufficializziamo in tutto e per tutto con l’italiano , senza litigare per stabilire quale e’ il piu’ autentico,non si fara’ mai nulla, perche’ i campidanesi non useranno mai solo il logudorese e viceversa,rimango dell’idea di ufficializzarle entrambe,esistono anche altri paesi che si son espressi in tal modo.
      Parlavi di economia e modello di sviluppo dell’isola ,si credo che sia l’unica strada, quella di sviluppare le nostre potenzialita’ partendo dall’agroalimentere,convertendo le aziende che inquinano in aziende che sfornano prodotti di nicchia,per il nostro fabbisogno interno ma soprattutto per le esportazioni,quindi bonificare ogni angolo,renderla piu’ pulita piu’ verde,migliorare la viabilita’,i trasporti interni, gestire noi i trasporti esterni aerei e navali,recuperare zone dismesse, strutture ricettive ecc. dopo diche’ possiamo anche parlare di vero turismo, e accogliere turisti almeno da tutta l’europa,le bellezze non ci mancano,sai anche noi abbiamo un Sulcis costiero ed uno interno con una infinita’ di boschi di sughero leccio ecc.intere distese adatte per l’allevamento e l’agricoltura con la presenza di diversi torrenti che alimentano un paio di dighe ecc,ma questo comunque e’ comune a tutto la Sardegna,svegliamoci! Ti saludu fradi,speraus ki tottu custu unu crasj sutzedat. A si torraj a bii…..A nos bidere.

    • Ho dimenticato di dirti, che sono stato in Gallura almeno 5 volte, e ogni volta che vado,la trovo sempre piu’ bella,la costa,nonostante le costruzioni, ma soprattutto l’interno, il paesaggio,il sughero il granito i paesini ecc. assomiglia molto alla Corsica dove ci son stato 2 volte, anche se e’ stata una visita breve,per quel poco che ho visto.Comunque,tornando alle origini,bonificando e’ riportando tutto come la natura ci ha datto(cemento,industrie ecc.)credo che la Gallura il Sulcis l’Ogliatra e la Barbagia siano le 4 contee piu’belle della Sardegna,non me ne vogliano le altre,perche’ oltre il paesaggio mare e montagna hanno delle caratteristiche tutte loro.

    • Ciao, McSardus. La questione della lingua è molto delicata. Comunque, sono d’accordo che il barbaricino e il nuorese in generale abbiano punti di raccordo con le due lingue “principali” della Sardegna.
      Sono stato, l’anno scorso (AA 2011-12), a Scano Montiferro, ove c’è una SDSS del PoliTO. È in provincia di Oristano, ma solo dal 2006: infatti, prima, era di Nuoro.
      La lingua che parlano loro è nuorese, con alcune differenze. Inoltre, hanno influenze campidanesi, anche se ne ho notate poche: ad esempio, esiste “tzaccare” e lo usano anche in italiano. Per i participi passati, assomigliano al nuorese (“bènniu”, “nau”; “nau” esiste pure in campidanese).
      Comunque, sul parlare in Sardo, ho letto, ieri, un articolo interessante di Roberto Bolognesi. L’articolo è scritto in LSC tendente all’iglesiente.
      Te lo posso linkare, si parla di insegnare ai bambini la Limba tramite dei giochi in cui la si deve parlare (http://bolognesu.wordpress.com/2012/09/13/tocat-a-ndessire-dae-su-ghetu/).
      D’accordissimo sul fatto che lo straniero ci ha sempre divisi: non a caso, sempre per cause esterne ci siamo scannati tra di noi.
      Leggendo la storia Corsa su Wikipedia, ho scoperto che al sud esisteva una civiltà simile alla nostra (i Torreani), che costruiva “Torri” simili ai nostri Nuraghi.
      Ed anche loro, credo, facessero parte dei Popoli del Mare perché erano il popolo più forte della Corsica e, se non ricordo male, hanno esteso la loro egemonia in tutta l’isola.
      Tornando un attimo al “turismo da colonizzazione”, ieri, su un altro articolo, ho trovato una testimonianza agghiacciante di un’ex-cameriera che veniva assunta in nero, sottopagata e maltrattata. A questo punto, l’unica differenza con i lavoratori delle industrie del Sulcis, di Ottana e Porto Torres è che gli operai e la gente che abita nelle zone circostanti ci rimette in salute con tumori gravissimi. Ma, come sfruttamento, credo non ci siano tante differenze.. :-\
      Riporto il virgolettato della ragazza e poi ti linko l’articolo:

      “ti rispondo io riguardo all’ispettorato del lavoro. ad aprile, mentre mia sorella iniziava la stagione in un famoso 4 stelle di baja sardinia, passarono gli ispettori, ai quali non tornava il fatto che ci fosse un solo lavoratore assunto ma ben 13 macchine parcheggiate fuori. ai lavoratori fu intimato di nascondersi in una stanza, e loro non si sono certo rifiutati, in quanto ovviamente ricattati dal datore di lavoro. ne hanno beccato 2 o 3 a lavorare, e il suddetto datore ha preso la multa. una multa di 1200 € a persona non assunta. vi sembra un modo questo per scoraggiare il lavoro nero?? perché le multe non sono più alte? perché gli ispettori passano in bassa stagione? io vi dico che è tutto calcolato! in tanti posti gli albergatori lo sanno qualche giorno prima che ci passeranno gli ispettori, e quel giorno i lavoratori vengono mandati fuori, in tutta italia, non solo in sardegna. ho lavorato diversi anni in costa smeralda come cameriera ai piani in hotel 4 e 5 stelle, e ho sempre mangiato da schifo, mi hanno sempre trattata di merda, dal più importante fino alle mie stesse colleghe, con dispetti inutili e calunnie. lavorare più di 8h al giorno e mangiare solo pasta in bianco perché il resto è potenzialmente andato a male (chi lo mangiava stava male), con paga da fame e libertà ridottissima (vietato ritrovarsi nelle proprie stanze con colleghi nelle ore libere ad esempio), percuisizioni delle nostre stanze alla ricerca di non si sa bene cosa e a nostra insaputa. utilizzo di acidi fortemente corrosivi senza neanche essere dotati di mascherine e guanti… tutto ciò è normale finché c’è gente che lo tollera. bisogna partire dal basso. fare “comunella” coi propri colleghi, essere solidali, prendere posizioni univoche tutti insieme. al sardo è proprio questo che lo frega: è invidioso dei propri simili e non si fa scrupoli di fare il traditore!”.

      Lei risponde all’autore dell’articolo (che puoi trovare qui: http://sumolentisardu.wordpress.com/2012/09/13/sardegna-isola-di-servi-stupidi-e-rassegnati/comment-page-1/#comment-136).

      Comunque, tornando alla Limba, se facciamo questa famosa “riscrittura dello Statuto”, c’è da mettere la decentralizzazione dell’istruzione come uno dei punti su cui dobbiamo batterci con più veemenza. Perché fin quando l’istruzione dipende da Roma (e adesso introducono pure l’ora obbligatoria di “Costituzione e Cittadinanza” per meglio imprimere nei bambini le balle del “Risorgimento”: http://www.manca-indipendentzia.org/ita/organizzazione/comunicati/item/324-marcette-coloniali-obbligatorie-a-scuola.html), non potremo mai avere un’Iscola Sarda! Inoltre, come dice benissimo quest’articolo (non quello linkato, ma questo su cui stiamo dibattendo), è la Costituzione che deve servire il Popolo, NON IL CONTRARIO!
      Perché in Svizzera la modificano e qui si sollevano le ire se proponi una cosa del genere?? La Costituzione itagliana, in molti punti, è fortemente anticostituzionale! Va cambiata, piaccia o non piaccia ai centraloidi. Altrimenti saremo sempre in gabbia ed ecco perché siamo 50-100 anni indietro ai catalani, come senso di appartenenza alla Nostra Terra!

    • Saludi Marcu Antoni, sa kistioni de sa limba est dediaderus cumplicada, apu ligiu una pariga de iscrittus fattus de Roberto Bolognesi, et funt meda interessantis,apu scrobetu cha est iglesienti et custu mi fait meda prexei. Ti seu iscriendi in sardu campidanesu,sperendi ki n’di cumprendas calincuna cosa.Accumenti bisi,s’assimbilada a su logudoresu,poita cha est sempri sardu,perou no est su matessi.Podeus naj cha c’est sa matessi diferentzia,ki c’est tra s’ispaniolu e su catalanu,custu secundu mimmi.Deu pentzu cha,si su sardu no est ancora uffitziali siat po custu motivu,toccat scetti a agattaj un’accordiu.Deu seu po ddas poni tottu as duas limbas, candu unu crasj tottus is sardus ddas conoscinti,eintzandus si podit fai una limba sarda unificada.Su tempus est passendi et sa limba no abhetat o ddu feus o dda perdeus po sempri. A si torraj a intendi luegus.

    • [...] sull’ingerenza dello Stato nelle singole libertà individuali (pensiamo nel caso italiano al manifesto centralismo della Costituzione Italiana a danno delle minoranze linguistiche rispetto a positive esperienze [...]

    • [...] Ne trattai ad esempio nella comparazione fra la Costituzione Italiana e quella Elvetica (Sa Natzione, 01-09-12). I diritti delle minoranze sono semplicemente esposti, ma che siano applicabili ed applicati è [...]

    • [...] di incostituzionalità) Cagliari si arrogava il diritto di decidere in vece dei Comuni. In Svizzera i Cantoni decidono persino sulla politica estera, mentre i Comuni sugli ordinamenti cantonali, le Province non [...]

    • [...] mai ad ordinare ai nostri intellettuali di lanciarsi dalla finestra in nome della Costituzione “più bella del mondo”, o lo prenderebbero sul serio. Almeno abbiamo anche intellettuali sensibili alla dimensione dei [...]

    • [...] liberarsi tanto dal rapinatore di partito quanto da quello romano. La Svizzera in questi termini è un modello di riferimento, con una pressione fiscale contenuta, e assicurata da istituzioni confederali [...]

    • Mah…io leggo art 1 costituzione : l.italia è una repubblica democratica come principio fondamentale non dice parlamentare…questa lo diventa dopo negli articoli non fondamentali.Poi la sovranità appartiene al popolo non dice null.altro…..poi la sovranità diventa limitata …mentre lo stato ha tre elementi di cui il popolo deve essere l.elemento più essenziale rispetto al territorio e pari alla sovranità…Il problema è sottile e importante quasi impercepibile e sta nel fatto che il popolo esercita la sovranità non a parità con il rappresentante del popolo e ciò comporta una apparente disuguaglianza che non dovrebbe esserci…altresì l.indivisibilita deve essere a favore della sovranità e non a motivo di un altro elemento..nella storia ci sono state parecchie divisioni di sovranità causate da guerre ecc ecc non sarebbe il caso in relazione al principio di eguaglianza che siano i popoli a decidere cosa vogliono veramente e in modo pacifico ?secondo l.autodeterminazione e secondo il principio che tutti i popoli devono essere eguali sotto il punto di vista giuridico senza distinzioni neanche storiche

    • I popoli dovrebbero riprendersi la loro giusta sovranità che in effetti non è mai stata ceduta a un potere superiore semmai è stato quest.Ultimo ad approfittare della consuetudine …L.autodeterminazione e il principio di nazionalità dovrebbe prevalere su ogni diritto …dunque il destino è solo nelle mani dei popoli se continuare con la consuetudine oppure revocarla…la pace di westfalia fino ad oggi è stata una situazione in cui non si è mai tenuta in considerazione l.autodeterminazione dei popoli e del principio di nazionalità .La vera sovranità dei popoli non può essere ceduta a un potere superiore che sovrasta la vera volontà e sovranità dei popoli quale unico elemento più essenziale e indivisibile.Le nazionalità non sono divisibili dunque tutte le etnie devono avere un proprio stato

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