L’agenzia di rating Fitch declassa la Regione Sardegna. Ed ecco il motivo politico

“I politici Sardi di fronte all’Autonomia? Ricordano Lo Straniero di Albert Camus di fronte alla vita”.

La notizia è passata in sordina, un quotidiano nazionale Sardo ne avrebbe fatto materia di dibattito da prima pagina per giorni: l’agenzia internazionale di rating Fitch ha declassato la Regione Sardegna e altri enti locali, tra cui il Comune di Cagliari. La decisione è la diretta conseguenza del declassamento subito dallo Stato Italiano nei mesi scorsi a cui, come da procedura, segue quello delle sue articolazioni territoriali, inclusi istituti di credito ed alcuni grandi gruppi, come Poste Italiane.
Il messaggio mandato ai mercati è chiaro: investire in Sardegna non conviene.

Niente di nuovo in realtà per chi da anni si trova alle prese con una elevata pressione fiscale, un eccesso di burocrazia, il nodo del Patto di Stabilità (con cui diversi enti locali in attivo non sono liberi di investire liquidità in cassa) ed una serie di limiti strutturali con cui il centralismo romano imbriglia il nostro potenziale di sviluppo in un periodo di crisi.

L’8 febbraio scorso, la Reuters informava che il declassamento da “AA-” ad “A” all’isola si è imposto a seguito della valutazione di 4 parametri essenziali: 1) Forza istituzionale; 2) Autonomia finanziaria; 3) Forza economica; 4) Antagonismo fiscale.
Appare evidente quanto – per una seria valutazione dei parametri – sia importante conoscere la leva della fiscalità territoriale connessa alla sovranità che la esercita, tanto è vero che il Financial, in un articolo dello scorso luglio 2011, osservava che la vecchia stabilità del rating attribuita da Fitch alla Regione era da attribuirsi alla flessibilità finanziaria concessa dal nostro Statuto Autonomo. Ma non è bastato.
Che cosa significa? Significa che quando una istituzione territoriale controlla direttamente la sua fiscalità ha meno possibilità di finire nella rete delle grane fiscali dello Stato a cui appartiene (con il suo relativo debito pubblico).
La conseguente valutazione politica, dopo quella economica, è ovvia: l’Italia ci trascina al ribasso. E soprattutto, lo scarso esercizio di una fiscalità autonoma rispetto a quella del resto dello Stato Italiano ci penalizza. Il parametro 1 utilizzato nella valutazione del rating, cioè la “forza istituzionale”, ci pone dunque di fronte ad un’altra serie di osservazioni e di interrogativi riassumibili nella domanda: le attuali istituzioni regionali sono in grado di porsi come scudo alla crisi in funzione del livello di sovranità e potestà fiscale esercitabile? L’unica risposta plausibile è evidentemente negativa. L’istituto “autonomo” sardo (più retorico che pratico), con la sua politica centralistica, è assolutamente inadeguato nella garanzia di poter offrire un solido sviluppo al futuro di questo territorio. I limiti istituzionali sigillano quelli economici.
Preso atto che la “forza istituzionale” non risiede negli inchini del Governatore Cappellacci a Napolitano ma nel rispetto e nel riconoscimento di una minoranza nazionale, la soluzione portata avanti per anni da alcune forze autonomiste quindi è chiara: bisogna riformare lo Statuto Autonomo. Il bipolarismo italiano ha perso anni dietro all’ordinaria amministrazione e alla dialettica politica italiana, del tutto fuori contesto rispetto alle specifiche esigenze strutturali della Sardegna. In sintesi: bisognava polemizzare meno su Berlusconi e su Bersani e bisognava parlare di più di riforme, di defiscalizzazioni, di cultura e di rispetto dei patti con lo Stato (che ormai vanno ampiamente ricontrattati). Ad esempio con la zona franca si potrebbero attirare capitali esteri di investimento. E questo vale per ogni ambito, turismo culturale incluso: bisognava parlare meno dei crolli di Pompei e più di come valorizzare il patrimonio archeologico Sardo.

Eppure, se la finanza internazionale si trova indirettamente in linea con le ricette del nazionalismo Sardo, i politici dei partiti italiani nell’isola paiono essere gli unici a non capire dove abbiano i piedi. Ma forse sono in buona compagnia: un mese fa nella stampa regionale non si parlava di questi problemi ma di Sanremo, un festival canoro che rappresenta la metafora di un’Italia vecchia e chiacchierona, più interessata alle polemiche che ai contenuti. Per fare un esempio, come se dei cittadini irlandesi perdessero tempo dietro alle beghe francesi piuttosto che ai problemi di casa propria.
Non si stupisca dunque lo staff del Quirinale per i fischi ricevuti da Napolitano in Sardegna. Non riguardavano sicuramente la persona del Capo dello Stato, ma ciò che di peggio rappresenta questa Repubblica per gli interessi della Sardegna. Una Repubblica la cui Corte dei Conti ogni anno ripete quanto sia alto il tetto della corruzione e del clientelismo nella Pubblica Amministrazione. A spese dei cittadini ovviamente.

L’indipendentismo deve assumere una coesa posizione riformista sul piano della sovranità e deve adeguarsi al presente nella tutela di tutti i settori economici. Non è pensabile, per fare un esempio tra i tanti, che persino un politico come Mauro Pili (PDL) venga lasciato solo a contestare l’abuso di posizione dominante di ENEL nel mercato energetico Sardo, senza richiamare Bruxelles all’apertura di una procedura di infrazione contro il gruppo italiano. O pensiamo alla posizione del petrolchimico SARAS nel mercato Sardo, sul totale dei costi di produzione, per ogni unità creata nell’isola, il costo sui trasporti dei carburanti e delle accise incide per il 20% circa.

Una società priva di una politica organica alle necessità del territorio è una politica che ha prodotto casi di malagestione come quello greco. Sarebbe populismo addossare ogni responsabilità alle banche o al direttorio franco-tedesco. Non a caso Atene fece ricorso al falso in bilancio per aderire all’euro e rimanere entro i limiti del Patto di Stabilità. Pensiamo che ben il 10% dei cittadini greci è dipendente statale, il Paese ha spesa e debito pubblico fuori controllo (al 140% del PIL) e una corruzione con un tasso di evasione fiscale stimato al 25% del Prodotto Interno Lordo. Per non parlare dei sussidi a pioggia e delle baby-pensioni attivabili in alcuni settori a partire dai 53 anni.
Vogliamo seguire l’esempio della Grecia inchinandoci a Napolitano o vogliamo parlare di Nazione Sarda e di riforme?

Grazie per l’attenzione.

- La press release 2012 di Fitch sull’Italia (EN): PDF

- Fitch Ratings

Di Melis R. & Bomboi A.

Iscarica custu articulu in PDF

U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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    5 Commenti

    • [...] Il Governo catalano è responsabile del 40% della spesa pubblica, tra cui l’assistenza sanitaria, l’istruzione e i servizi sociali. Nel 2011 Madrid si rifiutava di versare 2,2 miliardi di euro spettanti alle casse di Barcellona, unitariamente alla mancata cessione dei beni immobiliari dello Stato alla Comunità Autonoma (CNA). Le polemiche sorte con la progressiva espansione del deficit catalano si inseriscono nel braccio di ferro che porterà Barcellona alla definizione di un Patto Fiscale con lo Stato spagnolo, una battaglia politica che vede in campo tutte le principali sigle del nazionalismo catalano, le cui componenti non escludono l’opzione indipendentista come strumento di autotutela economica del territorio. In un ottica sovranista, Francesc Homs ha affermato che i Paesi Baschi sono un modello di riferimento per quanto riguarda lo sviluppo di una fiscalità autonoma interna all’UE, un elemento che ha permesso loro il controllo del deficit e una maggiore garanzia di efficienza nel monitoraggio della spesa pubblica e degli investimenti destinati allo sviluppo (con un rating meno sfavorevole da parte delle agenzie internazionali). Un fenomeno, quest’ultimo, che abbiamo rilevato anche nel giudizio di Fitch sulla valutazione del rating della Sardegna (Sa Natzione). [...]

    • [...] autonoma inserita nell’ambito di uno Stato dotato di un alto debito pubblico (vedere articolo sul rating di Fitch alla [...]

    • [...] scagliati alcuni politici (e che invece, benché asservite a interessi sovranazionali, manifestano argomentazioni favorevoli alle minoranze nazionali). C’è infatti da considerare un duplice aspetto che ci differenzia dal caso trentino e [...]

    • [...] a quella dello Stato di appartenenza munito di un consistente debito pubblico, come in Spagna (Sa Natzione, 01-03-12). Oggi, quanti dei candidati Sardi al Parlamento italiano, di destra, centro e sinistra, sono [...]

    • [...] L’agenzia ha confermato l’utilizzo dei criteri di assegnazione stabiliti in base al protocollo delle entità del pubblico settore adottato lo scorso 4 marzo e che conferma le linee precedenti in materia di enti più o meno autonomi dallo Stato centrale (ved. documento in PDF – EN). A tale proposito è utile ricordare le ragioni che portarono al downgrade 2012, e che sostanzialmente confermano le ragioni dell’autonomismo e dell’indipendentismo Sardo nella necessità di sviluppare una fiscalità maggiormente autonoma da quella centrale (Sa Natzione, 01-03-12): [...]

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