Post-Monti: La confusione dei moderati Sardi attorno al programma di Montezemolo

Leggevo i punti programmatici esposti dal nuovo progetto politico sostenuto da Luca Cordero di Montezemolo. L’associazione “Italia futura” ha presentato un “Manifesto per la Terza Repubblica” di apparente buonsenso e valide prospettive di sviluppo in chiave liberale. Ad esempio, fra i vari punti del programma vi è la riduzione della pressione fiscale a carico delle imprese (che, ricordiamoci, in base ad uno studio della CGIA di Mestre, incide sui profitti per il 68%); la riduzione del peso burocratico dello Stato nella vita civile ed economica dei cittadini, nonché il contrasto all’evasione fiscale.
E allora qual è il punto? Che tale Manifesto per la salvaguardia e lo sviluppo si pone in continuità con l’operato del Governo Monti. Ma l’operato del Governo Monti rispecchia gli interessi della Sardegna? E l’establishment rappresentato da Montezemolo, che afferma di voler superare la vecchia partitocrazia, è forse diverso dalle forze – come la Confindustria – che fino ad oggi hanno guidato un sistema economico chiuso e in crisi?
Domande retoriche ma necessarie per proseguire il nostro ragionamento.
Credo che a qualsiasi persona di buonsenso oggi in Sardegna sia maturata la convinzione che l’attuale pressione fiscale dello Stato e la sua ingerenza nella nostra Autonomia regionale siano un problema da superare. E allora in quali termini potrebbe essere utile all’isola il progetto di Montezemolo? Probabilmente in nessun modo. E questo riguarda tutte le Autonomie della Repubblica: ad esempio, vi risulta che qualche esponente del potente SVP alla guida della Provincia Autonoma di Bolzano abbia abbandonato un serio progetto politico territoriale per aderire al movimento – falsamente liberale – e potenzialmente neo-centralista promosso da Montezemolo e/o da uno analogo di Renzi/Bersani?
Ovviamente no.
Perché dico “falsamente liberale”? Perché gli ambienti della Confindustria italiana rappresentano uno dei pilastri che hanno trascinato lo Stato (e anche la Sardegna) verso il baratro. Persino la FIAT di Marchionne (non certo vicina ai diritti dei lavoratori) si è sentita in dovere di abbandonare un ambiente che per decenni ha costruito la sua elitaria fortuna a spese della società. Foraggiando aziende in perdita, aziende incapaci di rinnovarsi e incapaci di rinnovare la propria classe dirigente. Un apparato di potere che ha saldato la propria sopravvivenza nella sintesi dei suoi interessi grazie all’apporto della politica, del credito e dell’editoria (non a caso oggi proprio dal gruppo RCS/Corriere della Sera arrivano i più grandi e maldestri attacchi all’esistenza stessa del regionalismo italiano). Il problema infatti non è quello segnalato da vari amici di sinistra secondo i quali il disastro economico sarebbe “perpetuato dal neo-liberismo montiano”, il problema per l’Italia e per la Sardegna è che Monti rappresenta l’esatto opposto: ovvero ulteriore verticismo economico e burocratico. E questo statalismo è il nemico delle vere liberalizzazioni destinate a sviluppare più giustizia sociale qualora si sviluppassero adeguati pesi e contrappesi di controllo che in Italia continuano a mancare. Perché è in corso un tentativo di salvare la Repubblica scaricando anni di sprechi e parassitismo non sulla struttura centrale dello Stato – che andrebbe riformata in senso federale e multinazionale – ma proprio sugli enti periferici, esaltando casi limite di corruzione e salvaguardando la medesima struttura centralista che ha sempre consentito i cunei d’ombra entro i quali i grandi oligopoli sostenuti dalla politica, pubblici e privati, hanno speculato sulla pelle dei cittadini. Anche quando erano palesemente fuori mercato e non avrebbero retto una seria concorrenza.
E’ chiaro che questo modello di Stato non è la soluzione ai problemi della Sardegna, ne è la causa. L’Italia infatti non segue il trend di altre minoranze nazionali europee, le quali stanno maturando propositi di natura federale per governare meglio Stati obsoleti e accentratori capaci solamente di dissipare ogni pubblica risorsa facendone pagare il prezzo ai singoli cittadini ed alla piccola e media impresa, senza intaccare la casta che li ha creati. Forse anche in Italia non è la stessa partitocrazia a sostenere in Parlamento le decisioni del “tecnico” Monti? Inclusi svariati parlamentari Sardi di destra, centro e sinistra.

A questa deriva neo-centralista dobbiamo contrapporre un forte e coeso progetto politico territoriale Sardo. Sostenere qualsiasi progetto politico romano significa invece sostenere gli oligopoli energetici, bancari, dei trasporti (e persino un fisco oneroso) che rappresentano la cifra dei ritardi a carico dei Sardi. Per queste ragioni non condividiamo la posizione dei Riformatori Sardi e di tanti altri moderati che, dietro lo specchietto per le allodole di riforme che non verranno mai fatte, si apprestano a sostenere l’ennesima mutazione del neo-centralismo italiano che tanti danni ha causato alla nostra isola.
Il contesto ci ricorda vagamente una delle più sciagurate operazioni politiche del genere già compiute in Sardegna negli anni scorsi, quando la vecchia Fortza Paris, confluita nel progetto berlusconiano, perse oltre 40.000 voti per donarli al PDL, il quale ovviamente non contribuì né a portare avanti alcuna riforma (Sarda o italiana che fosse), né a limitare l’ingerenza dello Stato su ogni livello della nostra già esigua e inosservata Autonomia regionale.

Esiste un solo modo per intaccare il neo-centralismo: lo sviluppo della sovranità attraverso la riscrittura dell’Autonomia Sarda. Ma per attivare questo processo abbiamo bisogno non dell’ennesimo partito centralista con la sua brochure di favole, ma di un vero progetto politico territoriale di matrice liberale e progressista da contrapporre alle ventate omologatrici. Chi non lo comprende non abbia l’ardire di definirsi “autonomista” o “sovranista”.

Il regionalismo italiano non nacque solo per ragioni economiche ma anche e sopratutto per ragioni culturali. Difenderlo e potenziarlo significa difendere la lingua e la cultura Sarda come strumento giuridico e politico con cui giustificare le riforme che ci porteranno al benessere economico.

Grazie per l’attenzione.

Adriano Bomboi.

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- La replica di Pierpaolo Vargiu (Riformatori Sardi), con un commento

U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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