Quella Sardegna in deficit di liberaldemocrazia

Non sarebbe meraviglioso aprire il 2023 all’insegna dell’ottimismo?
Lo scrittore Marcello Fois, poco prima delle festività, dalle righe del quotidiano La Nuova Sardegna lanciò un appello a tutte le migliori intelligenze dell’isola affinché si adoperassero per evitare che diritti considerati essenziali, quali curarsi, istruirsi e viaggiare, venissero ritenuti dei privilegi rispetto alla penisola italiana.

Belle parole, ma dalla modesta sostanza. Forse perché di “intellettuali” veri e propri nell’isola non ne sono rimasti tanti.
A questo proposito, partiamo proprio dalla stampa, che in ogni compiuta liberaldemocrazia rappresenta non solo uno strumento di informazione, ma anche un necessario strumento di osservazione e critica sul potere politico: la nostra editoria e il nostro giornalismo stanno interpretando al meglio quest’ultimo ruolo?

Dei cosiddetti “intellettuali” risponderebbero a questa domanda ponendosi altre domande. Perché sapete, nelle democrazie fragili e immature, la stampa non si pone al servizio del cittadino, ma del potere di turno. Per cui si limita a rilanciarne acriticamente i comunicati, senza offrire al lettore le dovute riflessioni su atti, scelte, fatti e circostanze determinate dalla stessa politica nell’esercizio del potere.

Per esempio, avete mai sentito Fois chiedersi: “Ha senso pretendere efficienza da un’azienda come Abbanoa? Un ente idrico che rappresenta un monopolio costituito a tempo indeterminato, e nel cui CdA controllori e controllati, cioè la politica, si confondono i ruoli.”

Oppure: “Ha senso aver preteso l’inserimento della parola insularità in Costituzione? Un artificio propagandistico con cui si spera di ottenere più denaro pubblico dallo Stato centrale per evitare la responsabilità di riformare la nostra Autonomia, con più poteri, affinché si giunga ad uno sviluppo privo di assistenzialismo”.

O ancora: “Perché opporsi al regionalismo differenziato? Impedire a veneti e lombardi di tenersi una quota maggiore dei propri soldi non sarà mica una tattica per continuare a foraggiare la nostra ben poco responsabile classe politica?”

Inoltre: “Perché abbiamo un modello di continuità territoriale che sussidia le compagnie e non supporta il singolo viaggiatore? Una costante tendenza a creare monopoli di mercato; non sarà mica una strategia per continuare a foraggiare determinati vettori cronicamente in perdita e anch’essi inquinati dalla presenza politica?”

E Fois, si è forse mai chiesto perché la principale fondazione creditizia dell’isola, quella del Banco di Sardegna, sia abitualmente controllata da esponenti politici?

Magari potrebbe anche chiedersi se sia utile la romantica retorica edificata attorno alla pastorizia sarda, che sopravvive grazie a sussidi, cioè soldi altrui, a fronte di un’isola largamente incapace di studiare e innovarsi sul mercato.

Certo, lo scrittore potrebbe accusarci di faziosità. Essendo il nostro uno spazio vicino al riformismo indipendentista, potremmo cascare in facili polemiche, omettendo le difficoltà di questo ambiente politico. Consentitemi di aggiungere che una stampa matura saprebbe pure domandarsi per quali ragioni una vasta fetta dell’indipendentismo sardo, al pari di tanti italiani (magari con gli stivali ben piantati nel fango dell’analfabetismo funzionale) sostenga un criminale come Putin.
O per quali ragioni una vasta fetta dell’indipendentismo sardo non si ponga le stesse domande di cui sopra, preferendo rifugiarsi nel rassicurante mondo democristiano di matrice sardista, o in uno sterile movimentismo ideologico di sinistra radicale. Difficile capire, tra i due, quale sia il più nocivo per il raggiungimento di una compiuta liberaldemocrazia.

Ebbene, naturalmente ci sono vari positivi casi di efficacia giornalistica nella ricerca della trasparenza da parte della politica. Pensiamo agli articoli inerenti lo spoils system regionale, che declina spesso in corporativismo e clientelismo, a danno dei contribuenti. Ma esistono anche articoli fintamente utili, pensiamo a quelli dal taglio populistico che tendono a presentare la Sardegna come “colonia”, vittima di servitù energetiche da fonti rinnovabili, senza sviluppare alcuna seria riflessione sul fatto che non sia un delitto esportare energia, ma quanto, come, dove e a quali costi insediare degli impianti al riguardo.

In conclusione, evitiamo gli stucchevoli “appelli alle migliori intelligenze dell’isola” per cortesia, sarebbe un insulto alla nostra intelligenza. Soprattutto se tali appelli si situano ad una siderale distanza da alcune domande che abbiamo esposto in questa sede.
Roma ha le sue colpe, ma anche noi dovremmo fare più autocritica.

Adriano Bomboi.

U.R.N. Sardinnya ONLINE

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