4 seri motivi per cui un sardo dovrebbe evitare le elezioni europee

4 seri motivi per cui un sardo dovrebbe evitare le elezioni europee:

Scarsa competenza diffusa, opportunismo politico, deficit democratico e irresponsabilità programmatica.

Vediamoli uno per uno.

Di Adriano Bomboi.

In una democrazia votare è un dovere civico.
Ma non è neppure un obbligo.

Perché? Perché il cittadino, diversamente da quanto accade in alcuni regimi, può manifestare la sua critica o il suo disinteresse verso la classe politica anche tramite l’astensione.
E se ogni tanto l’elettore sceglie di astenersi sta semplicemente esercitando uno dei vari diritti di cui dispone.

Non fatevi influenzare dunque dagli slogan elettorali secondo cui l’astensione sarebbe sempre e comunque un male. Quasi lo “spreco” dell’opportunità di partecipare alla vita civile della comunità.
Anche ignorare la classe politica è un’opportunità offerta dalla democrazia, ma pur di conquistare una poltrona vi verrà detto l’esatto contrario.

Ciò premesso, per non essere accusati di facile qualunquismo, è bene avere buone ragioni per evitare una tornata elettorale. E alle europee 2019, come sardi, ne abbiamo ben quattro:

1) Scarsa competenza: la qualità media dei candidati politici in campo è alquanto bassa. Abbiamo sia candidati impreparati nella conoscenza delle istituzioni europee e del loro funzionamento, sia candidati che non hanno programmi adeguati per offrire una buona rappresentanza del territorio. E neppure tesi ad una riforma dell’UE.

2) Opportunismo politico: da sempre, le candidature europee offerte dai partiti italiani riguardano personaggi di secondo piano (politici in scadenza dal loro corrente mandato e alla ricerca di nuovi approdi), oppure noti politici che hanno perso un palcoscenico di rilievo nel quadro politico locale. L’Europa viene quindi inquadrata come un semplice ripiego politico con cui ottenere una seconda chance.

3) Deficit democratico: come noto, alle elezioni europee la Sardegna è abbinata alla Sicilia nel collegio insulare. E a causa del maggior peso demografico della Sicilia, quest’ultima spesso gode di una maggiore rappresentanza politica in sede europea, a scapito della Sardegna. I sardi sono dunque costretti a concentrare i voti su precisi candidati nella speranza di eleggere qualche rappresentante, nonostante località minori d’Europa rispetto alla nostra isola ne abbiano di più.
Oltre a questo deficit di rappresentanza democratica del territorio vi è quello relativo alla generale rappresentanza nel progetto europeo: ossia, non è possibile votare per programmi e partiti di altri Stati UE.
Di conseguenza, la Sardegna non ha adeguate capacità di difendere i propri interessi in Europa, neppure tramite partiti sardisti, ma ancor meno di promuovere una propria idea di Europa, che potrebbe essere rappresentata da formazioni politiche non locali e non italiane. A tal proposito basti esporre il seguente posizionamento elettorale di un comune liberale. Il grafico esprime al meglio la quasi univocità di una classe politica italiana di destra e sinistra orientata all’interventismo pubblico, da cui ne conseguono le gravi e note politiche assistenziali in cui versa la nostra economia.
Partecipare alle europee significa avvallare un voto privo di queste facoltà, consolidandone i difetti.

4) Irresponsabilità programmatica: la maggior parte delle formazioni politiche che si presenta alle europee non ha un chiaro progetto di Unione Europea, ed è unita solamente da una irresponsabile idea di gestione dei conti pubblici. Ad esempio, le formazioni populiste di destra e sinistra, che appaiono comunque divise e dunque non costituiranno una “minaccia democratica”, pretendono di poter indebitare maggiormente lo Stato di appartenenza ma scaricandone i costi sugli altri partner UE. Per contro, alcune di quelle moderate italiane auspicano persino un’armonizzazione del fisco europeo, in barba al principio di concorrenza fiscale che invece consente una maggiore competitività economica agli Stati che sanno così attirare maggiori investimenti privati. In altri termini, la politica italiana tende a valutare negativamente la posizione di Paesi come l’Olanda e l’Irlanda, “colpevoli” di avere un fisco più vantaggioso dell’Italia, senza considerare quanto l’Italia stessa sia invece il problema che allontana ogni potenziale investitore privato. Né vi è alcun interesse da parte italiana a sviluppare un riconoscimento verso quelle formazioni indipendentiste non euroscettiche (vedere Catalogna).
Appare dunque imperativo non dare il voto ad una serie di sigle che si propongono di alimentare ulteriore centralismo statale, da un lato, ed europeo, dall’altro.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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