Sardegna elvetica? Andrea Caruso ci parla del Canton Marittimo

Di Adriano Bomboi.

La Sardegna come nuovo Canton Marittimo della Svizzera? E’ chiaro, un’ipotetica annessione dell’isola alla Confederazione non avrebbe maggiori probabilità di una piena indipendenza del Popolo Sardo. Ciò nonostante, l’idea rientra nel novero di una intelligente provocazione su cui riflettere. Infatti la vulgata accademica isolana ignora che il diritto elvetico, di gran lunga più avanzato e liberale del nostro rigido costituzionalismo, consentirebbe ai sardi una piena sovranità fiscale; lo studio e la valorizzazione della propria storia; l’uso della propria lingua madre, e persino la capacità di esercitare il proprio veto su tematiche quali basi militari e politica estera. Per non parlare dei canoni di trasparenza che regolano le attività della pubblica amministrazione.
Quando è nata l’idea di proporre un Canton Marittimo?

Nel 2012.
L’idea scaturisce dalla frustrazione di vivere e lavorare nell’ambito di un sistema che fa acqua da tutte le parti. Alla vigilia dei cinquant’anni di età, durante i quali ho visto avvicendarsi tutto l’arco istituzionale alla guida dell’italia e della Regione Sardegna, mi sono persuaso che le vicende politiche e amministrative che determinano il nostro destino sono sempre le stesse, fallimentari, a prescindere dai protagonisti.

Il problema non sono quindi le persone ma la mentalità di un popolo intero con le dinamiche che determina, con Enrico Napoleone abbiamo pensato che l’unica via d’uscita possa risiedere in un coraggioso processo di formazione di una diversa consapevolezza sociale.
Se questo processo è impensabile per una nazione di 60 milioni di persone eterogenee non lo è per un popolo di un milione e mezzo di individui con una comune identità culturale, noi sardi.

Si trattava di capire come fare e abbiamo convenuto che quando si vogliono acquisire delle competenze, e sviluppare un approccio risolutivo a un problema che sembra non avere soluzione, la strada più breve è quella di rivolgersi a chi quel problema ha saputo non solo affrontarlo e risolverlo ma gestirlo al meglio nel tempo, per imparare da lui come si fa.

La Svizzera ha un sistema di democrazia diretta che in 700 anni ha formato, nell’ambito di una popolazione molto eterogenea (quattro lingue diverse!), una mentalità improntata sulla consapevolezza civica e sul senso di collettività. Un popolo abituato a scegliere responsabilmente il proprio destino dal basso, con dei rappresentanti politici che fanno ciò che è corretto fare quando si fa politica: portare avanti le richieste del popolo cercando di mediare e trovare un compromesso tra i diversi punti di vista.
E’ il modello che meglio si adatterebbe a una realtà come la nostra ed è quello che, se riuscissimo a metabolizzare e fare nostro, ci permetterebbe di realizzare quella condizione di prosperità che abbiamo sempre avuto a portata di mano ma non siamo mai riusciti a raggiungere.

Recentemente, lei ed altri proponenti siete stati in Svizzera, com’è stata accolta la vostra proposta?

Napoleone ed io siamo andati in Svizzera per cercare interlocutori e li abbiamo trovati, con una disponibilità ben oltre le nostre aspettative. Il progetto Canton Marittimo ha avuto un grande risalto mediatico in tutta la Confederazione Elvetica, incontrando il favore di gran parte della popolazione. I politici svizzeri sono comuni cittadini che lavorano, prestati alla politica (al servizio della collettività, come preferiscono definirsi) per la sola durata del mandato e sono, per mentalità, inclini a cogliere le opportunità intrinseche in quelle idee che rompono con logiche trite che non danno più frutti, anche quando sembrano irrealizzabili.
Con questo approccio visionario e trasversale, unito a metodo e disciplina, hanno costruito il successo della Confederazione. Un successo riconosciuto da tutto il pianeta che li vede, piccoli e poco numerosi, guidare innumerevoli classifiche di eccellenza, prima tra tutte quella appena stilata dall’ONU sui Paesi più felici del mondo.

Le figure istituzionali che abbiamo incontrato ci hanno quindi accolto con grande simpatia e rispetto, dialogando con noi, esprimendo ammirazione per un progetto che hanno definito coraggioso e visionario ma molto sensato e ben documentato. Hanno offerto piena disponibilità ad instaurare un sodalizio culturale, offrendosi come relatori che verrebbero in Sardegna a raccontare (non insegnare, hanno voluto specificare!) come funziona il loro sistema e quale approccio utilizzare nella gestione delle risorse della comunità.
Siamo convinti che si tratti di un’opportunità da cogliere al volo.

Il mio libro sull’indipendentismo sardo non ha potuto fare a meno di sviluppare un ragionamento di diritto comparato col modello elvetico, fra i più avanzati del mondo. Eppure, l’abisso culturale che separa la nostra storia istituzionale da quella svizzera non ci vieta di responsabilizzare la classe politica locale sulla strada delle riforme. Quali strade percorrerete?

Innanzitutto ci piacerebbe fosse dato il massimo risalto mediatico agli aspetti positivi e costruttivi del progetto Canton Marittimo, affinché, correttamente informata, la popolazione sarda possa venirne a conoscenza ed esprimersi in merito. Un dibattito il più ampio possibile consentirebbe a tutti noi di uscire per un attimo dalle solite logiche fallimentari e dalla stagnazione per guardare verso un’altra direzione, una direzione senza dubbio inedita.

La classe politica locale potrebbe cogliere l’opportunità di instaurare un confronto fattivo con gli amministratori svizzeri che ci hanno offerto disponibilità. Siamo certi che un rapporto privilegiato ed esclusivo di scambio culturale debba esser visto come qualcosa di assolutamente positivo, e se instaurato in modo corretto potrebbe offrire degli sviluppi interessantissimi, primo tra tutti un futuro sodalizio di natura economica.

Farete un partito o darete una mano alla restante galassia dell’indipendentismo sardo?

Dalla sua fondazione, Canton Marittimo, che nel frattempo ha costituito una Associazione Culturale no-profit, ha dichiarato che non si costituirà in partito politico.

Nei decenni in cui abbiamo osservato lo scenario politico sardo e italiano abbiamo notato che anche i pochi virtuosi, capaci e in buona fede che ci si sono avventurati, hanno finito per uniformarsi a quell’andazzo di autoreferenzialità e scollegamento dalla popolazione. O, nella migliore delle ipotesi, a non avere alcuna influenza positiva sulle solite logiche fallimentari, limitandosi a ottenere qualche blando e temporaneo successo personale con piccoli benefici per la comunità che finiscono per essere transitori e quindi di scarsa importanza.
E’ proprio questo sistema politico-amministrativo che deve essere cambiato e noi preferiamo starne al di fuori.
Per contro stiamo dialogando con interlocutori istituzionali che hanno manifestato curiosità e interesse al progetto, alcuni di questi convinti indipendentisti.

Quindi, dare una mano alla galassia dell’indipendentismo? Certamente, ma per darsi una mano bisogna che entrambi la porgano e abbiamo constatato un’enorme diffidenza nei nostri confronti da parte degli indipendentisti più ortodossi, quelli, per intenderci, che immaginano una Sardegna-Stato fuori dalle dinamiche consociative delle nazioni.
A nostro giudizio il mondo attuale non permette più di stare da soli e l’Europa ne è un esempio emblematico.
Noi siamo convinti che per una Sardegna indipendente l’eventuale adesione alla comunità europea non sia un’opzione e ne è prova la condizione in cui versano Stati membri ben più influenti di quanto non potrebbe mai esserlo una neonata Repubblica di Sardegna.

Guardando invece alla Svizzera, con la sua diversità interna, il rispetto che ha delle identità culturali (lingue incluse), la democrazia diretta che vede i cittadini responsabilmente coinvolti nelle decisioni importanti e la solida economia prodotta da una sana competitività dei Cantoni che ne fanno parte, ebbene, sarebbe il sodalizio di Stati autonomi che farebbe proprio al nostro caso!

Aggiungerei che il progetto Canton Marittimo ha il non trascurabile merito di aver avvicinato al concetto di indipendentismo migliaia di sardi che non l’avevano mai neppure preso in considerazione come opzione.
In questo senso rappresenta l’ideale trait-d’union tra l’indipendentismo tradizionale e quello moderno.

Con quasi 15.000 utenti Facebook, il Canton Marittimo rappresenta uno degli spazi politici più ampi della Sardegna. Cosa cercano i vostri lettori rispetto ai forum dei partiti italiani?

Sarò brevissimo: la speranza di un futuro!

Quali sono i commenti che vi hanno colpito di più?

Apprezziamo gli incitamenti a continuare su questa strada, che sono il carburante che ci motiva ad andare avanti, ma ci soffermiamo con maggiore attenzione sulle critiche e sul dissenso, almeno quando è posto in maniera costruttiva. Non abbiamo la pretesa di voler convincere tutti ma crediamo nel dibattito e abbiamo una ferrea confidenza nella bontà delle idee e nelle capacità argomentative che, a torto o ragione, riteniamo di avere.

Grazie.

- Vedi volantini del Canton Marittimo in francese: AB

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