20 anni: Die de sa Sardigna o giorno dello sciacallo? Il bilancio di IRS, SNI, ProgReS, AMPI, SL, RM e FP

Cari Lettori, buon 28 aprile,

Mentre a Palazzo Chigi prende forma un governo che in realtà non conosce affatto i problemi della Sardegna, dobbiamo constatare che i finanziamenti alla principale festa del Popolo Sardo rappresentano i reali interessi della classe dirigente italiana allo sviluppo sociale, culturale ed economico dell’isola: sempre più bassi.
Ma dopotutto, il paradosso è che debbano essere le iniziative di una festa e non la scuola a spiegare il senso del 28 aprile, ancora ignoto a buona parte dei Sardi stessi. La scuola italiana e la politica Sarda non hanno alcun interesse a diffondere le gesta di personaggi come Giovanni Maria Angioy, che nel corso degli anni si propose come il volto e il generale in capo di una armata votata al cambiamento.
Il 28 aprile 1794 partì una ribellione contro le vessazioni dei funzionari Piemontesi e, ben presto, un generalizzato moto di battaglia contagiò tutta l’isola, sulla scia della rivoluzione francese che infiammò tutta Europa. Anche i Sardi si batterono con dignità e valore, soprattutto per abolire il feudalesimo e stabilire principi di modernità sociale ed economica. Tuttavia la rivoluzione non andò a buon fine, e la Corona Sabauda fece pagare col sangue quanti nel tempo non avevano ancora cessato le ostilità, o si rendevano partecipi di complotti e sedizioni contro l’ordine costituito. Ricordare tali eventi significa ricordare al Popolo Sardo il valore dell’autonomismo e della riscossa, contro ogni genere di abuso, e in particolare da quello proveniente ieri da Torino, oggi da Roma.

Ma in Sardegna questa ricorrenza istituita dalla Regione fin dal 1993 non è mai entrata seriamente nei cuori e nelle menti di coloro i quali avrebbero dovuto animarne un serio dibattito, a partire dai membri del Consiglio Regionale stesso. Siamo Sardi o Sardignoli?
Roberto Bolognesi e la Fondazione Sardinia non hanno mancato di ricordare che il giorno dei Sardi può essere un giorno utile per riappropriarci della nostra identità come arma politica, a partire dalla lingua (senza scordare lo studio di quelle internazionali), ma anche utile per ripercorrere quegli eventi colpevolmente dimenticati.

Affinché il giorno della Sardegna non sia più il giorno dello sciacallo (come il centralismo che spolpa, consuma e cancella la memoria e gli interessi economici della Nazione Sarda), abbiamo il dovere di vigilare e contrastare una politica che a Roma ogni tanto paventa addirittura l’abolizione delle specialità autonomistiche introdotte nel 1948 dallo Stato repubblicano. Esistono sempre spinte centralistiche che mirano a cancellare le ragioni culturali che istituivano la nostra Autonomia, che giorno dopo giorno deve difendersi dai sistematici attacchi del politicantismo italiano. Non a caso, anche il 28 aprile per l’indipendentismo Sardo sarà una giornata di attivismo a tutela del Popolo Sardo. Ad esempio i movimenti ProgReS e A Manca pro s’Indipendentzia saranno ad Olbia per protestare contro l’eventuale scarico di rifiuti italiani nocivi sull’isola autorizzati dal TAR nei giorni scorsi. Sul tema il movimento IRS ha già presentato un esposto alla magistratura mentre SNI ha annunciato di essere intenzionata a dare manforte contro l’approdo di qualsiasi scoria inquinante. Inutile aggiungere che anche i RossoMori e Sardigna Libera, con la loro sensibilità ambientale, si sono schierati sempre a difesa degli interessi del territorio. Compreso il movimento Fortza Paris e tanti altri autonomisti e indipendentisti Sardi.

Pertanto, “Sa Die” celebra il ventesimo anno dalla sua istituzione con un bilancio alquanto pessimo, perché giochiamo ancora in difesa, nell’arduo tentativo di impedire degli abusi che invece solo un sana amministrazione del territorio e delle riforme potrebbero consentirci di correggere. Probabilmente siamo troppo deboli, divisi e in alcuni casi anche confusi per poterci difendere seriamente dagli attacchi di questo dannato sciacallo.

Adriano Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos

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    2 Commenti

    • Una festa che non siamo riusciti a interiorizzare, a farla diventare momento comune di dibattito con analisi sul passato, sul presente e quindi suggerire anche proposte per il futuro. proposte nostre forse semplici e apparentemente anche banali ma comunque capaci di incidere positivamente e costantemente sul tessuto socio-culturale della Sardegna. Se non fosse perchè rimangono chiuse le scuole, ma neppure gli alunni sanno perchè, sarebbe un giorno qualunque. Quanti consigli comunali si riuniscono il 28 aprile in forma solenne?, quanti consigli provinciali? e il consiglio regionale? Non mi sento troppo bene per dare giudizi con la pesantezza che merita.La Sardegna non cresce perchè non cresce la sua “coscienza” a tutte le latitudini e, intanto fermi in mezzo al guado siamo in balia di chi da sempre ci sta facendo la festa. Augùro comuncas bona “Die de Sardigna” a totugantos; assumanco in salude

    • E’ troppo banale dire che “Sa Die de sa Sardigna” est onzi die, perchè è un modo dire per non festeggiare mai. Se cominciassimo a festeggiare la Sardegna almeno una volta l’anno e pretendere che tutte le istituzioni facciano altrettanto prima piuttosto che poi saremo a festeggiarla tutto l’anno.

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