Elezioni Comunali: Bipartitismo in crisi, leaders indipendentisti spazzati via. La nostra proposta

Cari Lettori,

Stavolta niente percentuali, nessun numero nelle seguenti osservazioni, ancora meno la possibilità che il successo del referendum anti-nucleare offuschi il nostro giudizio.

Normalmente ci si aspetta che dei leaders siano delle persone capaci di guidare il loro movimento politico e valutare correttamente l’impiego della propria strategia nel quadro di un radicamento nel territorio. Osserviamo in particolar modo l’impegno dei partiti Sardi nelle vostre comunità.
Le Comunali hanno mostrato il prodotto reale del loro lavoro nel corso degli ultimi 20 anni rispetto al restante panorama politico:

-  Zero radicamento nel territorio e/o candidati non spendibili politicamente.
- Programmi vaghi, ideologici ed inconsistenti.
- Assenza di dialogo con le parti sociali e produttive delle comunità territoriali.
- Comunicazione improvvisata, a tratti volgare, astiosa e sterile della militanza di base (a sua volta sommessamente incoraggiata dalle dirigenze) contro gli stessi cittadini non convinti dell’opzione sovranitaria e che dovrebbero essere i destinatari della proposta politica.
- Zero consenso verso l’ideale sovranitario proposto, determinato dall’assenza di riforme istituzionali (scuola, fisco, ecc.).

Che le consultazioni comunali siano il miglior test nel quale si valuta il “programma” piuttosto che l’ideale è risaputo. Tanto quanto è risaputo che il “programma” sia carta straccia e cartina di tornasole dei bisogni primari dei cittadini, i quali, in un periodo di crisi come questa, a maggior ragione cercano sostegno ed improbabili privilegi proprio nella fidelizzazione verso il politico che appare come unico salvagente del territorio, in assenza di valide alternative.
Abbiamo pertanto avuto una classe dirigente indipendentista che non valuta neppure la differenza tra una tornata elettorale comunale ed una regionale, in quanto la sua partecipazione alle elezioni non segue una strategia di lungo termine (ma neppure di breve termine) poiché si basa esclusivamente su un voto di opinione che nel territorio – e nelle comunali – non esiste (se non in misura marginale e solo per eleggere sporadici rappresentanti a macchia di leopardo nell’isola). Un voto quindi non strutturato non sarà mai in grado a queste condizioni di amministrare le nostre comunità. Esso inoltre si muove in base a due elementi completamente distanti dalla realtà:

1) L’assurda convinzione di sottovalutare la penetrazione del nazionalismo italiano nei nostri cittadini, che non si sentono parte di alcuna coesa nazione Sarda.
2) La diabolica e fallimentare volontà di presentarsi al voto in questo bipolarismo come se vi fosse una legge elettorale proporzionale, che quindi potrebbe premiare i singoli piuttosto che le coalizioni (aspetto che si riverbera su ogni differente tornata elettorale).

Concorrono a queste dinamiche la pessima immagine sviluppata dai movimenti nel quadro di altre 3 variabili:

A) I leaders indipendentisti sono essenzialmente impresentabili e la loro notorietà non va confusa con la bassa credibilità che l’Opinione Pubblica assegna agli stessi.
B) Le scissioni operate – in particolar modo nell’ultimo decennio – hanno contribuito a dare il colpo di grazia a delle mediocri dirigenze politiche che pertanto devono costantemente ripartire col lento lavoro di radicamento nel territorio (maldestramente) avviato in precedenza. In quest’ottica, leggere le valutazioni di un esponente del ProgReS come Omar Onnis dallo spazio della scrittrice Michela Murgia è sintomatico: medesime giustificazioni ed analisi già viste nell’ultimo decennio tra SNI, IRS ed oggi ProgReS. Niente di nuovo, nessuna concreta valutazione del ritardo indipendentista nelle nostre comunità.
C) Conseguente nota e ciclica attribuzione delle responsabilità politiche a cause esterne e mai al proprio operato.

L’indipendentismo Sardo nel suo complesso paga gli anni di uno sterile etno-nazionalismo settarista proposto prima da Sardigna Natzione, in seguito da IRS ed oggi a vario titolo dal ProgReS. Un settarismo che per anni ha impedito la collaborazione programmatica con sigle politiche italiane a prescindere dall’ideologia (circostanza in cui ha pesato anche un retaggio post-marxista nella lettura della propria realtà). In base a ciò, non c’è da stupirsi se al ballottaggio di Cagliari alcuni indipendentisti preferiranno schierarsi con un esponente italiano (e di sinistra) quale Massimo Zedda piuttosto che con un’esponente di un partito territoriale Sardo (dei Riformatori) come Massimo Fantola. Ciò avviene anche perché non si ha una visione strutturale e strategica della necessità di indebolire il bipolarismo italiano nell’isola, e pertanto, sebbene diverse sigle politiche Sarde non sosterrano apertamente Massimo Zedda, tiferanno per lui potenziando la partitocrazia italiana in Sardegna piuttosto che indebolirla (aspetto che sta già avvenendo ma per causali indipendenti dalla scarsa incidenza del nazionalismo Sardo).
Ad esempio, sia il Partito Democratico che il PDL, in diversi centri, non sono più in grado di esprimere candidati credibili, salvo eccezioni: un riflesso della più ampia crisi italiana del berlusconismo (determinata da scandali e false promesse al territorio).
Nel comune di Orosei (NU), benché con un voto che a svariati indipendentisti potrebbe far storcere il naso, i Riformatori Sardi hanno sbaragliato PD e PDL conquistando la poltrona di primo cittadino. Un caso ovviamente diverso da Cagliari, dove i Riformatori sono coalizzati con il centrodestra italiano. Se un indipendentista non comprende che i partiti territoriali (anche se non indipendentisti) vengono prima di quelli italiani, significa che siamo alla frutta. E questo principio varrebbe anche al contrario, ovvero se il rispettabile Zedda (a cui facciamo gli auguri auspicando di vederlo prossimamente in un fronte territoriale) fosse stato di “destra” piuttosto che di “sinistra”.
Le forze sardiste (per quanto minori e divise) sono dunque le uniche ad aver utilizzato al meglio questo traballante bipolarismo, nel quale PD e PDL manifestano già i primi segni di invecchiamento. C’è caso e caso ovviamente: nella fattispecie, ad Olbia il PSD’AZ ha fatto una scelta strategicamente perdente.
La crisi del PD è evidente, checché ne dicano i vari intellettuali prestati alla politica come Soriga e Marcello Fois. La realtà è che, non solo in Sardegna, per tentare di vincere il PD deve appoggiarsi ad alleati che non fanno parte del proprio progetto politico (Pisapia a Milano, Zedda a Cagliari e Giovannelli, ex PDL, ad Olbia).

Ma conti alla mano, siamo di fronte ad una classe dirigente indipendentista il cui unico atto pratico negli ultimi 10 anni è stato quello di dividersi senza innovare alcunché. E quando ha innovato lo ha fatto anche copiando (diciamolo pure) diversi elementi dai nostri spazi o da esperienze sardiste del passato (benché alcuni sardisti odierni oggi abbiano a sua volta ripreso alcuni orientamenti di U.R.N. Sardinnya).
Siamo di fronte ad una classe dirigente indipendentista che oggi vede nella sola unità il perno della vittoria (una circostanza smentita dall’esito elettorale). Siamo di fronte ad una classe dirigente leaderistica, incapace di ascoltare delle critiche costruttive per evolversi, che non ha un percorso strategico di riforme istituzionali ed ha sistematicamente rimosso dalla propria politica la necessità di esporre contenuti piuttosto che slogan. Ad esempio, nonostante il vago interesse, essi non hanno alcuna chiara linea di politica linguistica, né dialogano con gli elementi produttivi della Sardegna, tra cui le varie confederazioni industriali (per un manifesto ritardo ideologico-culturale).
Sono un bene le loro battaglie contro Equitalia e Quirra, ma per contro, non dispongono in svariati casi né di una credibile alternativa ai problemi che espongono (limitandosi talvolta a copiare slogan altrui), né della sufficiente strategia politica che possa portarli ad aver peso amministrativo per risolverli.
Siamo anche di fronte ad una classe dirigente sardista (salvo alcuni casi) priva di un chiaro progetto e gattopardisticamente debole nel portare avanti alcune tematiche.
Questo indipendentismo è dunque organico al centralismo italiano in quanto non solo non lo contrasta ma spesso ne risulta un indiretto sostegno.

Siamo lieti che oggi diversi osservatori (politici e non) abbiano iniziato a parlare di Partito Nazionale Sardo (o “partito dei Sardi”) e di sovranismo, ma anche di ricerca trasversale di un fronte riformista che non può ovviamente essere cercato solo nelle sigle Sarde ma anche in quelle italiane. Ciò avviene perché tutti si sono resi conto dell’inutilità di ben 10 sigle autonomiste ed indipendentiste Sarde che, a vario titolo, non trattano compattamente i problemi dell’isola, o se li trattano, lo fanno in maniera disordinata e disomogenea, ma spesso similare. Un qualcosa quindi che rasenta il ridicolo. Abbiamo bisogno di una road map di riforme in seno al nazionalismo Sardo prima ancora di parlare di riforme istituzionali. Rilanciamo dunque l’idea delle Primarie nell’indipendentismo come strumento per eleggere una classe dirigente che abbia percorsi e programmi riformistici in grado di produrre risultati in questo bipolarismo piuttosto che inseguire il mito di una lenta ed improbabile crescita percentuale nel corso del tempo.
Se vogliamo decostruire il bipolarismo italiano, prima ancora dobbiamo decostruire un nazionalismo Sardo inadeguato alle sfide che questa legge elettorale e questo contesto culturale impediscono di affrontare.
Senza riforme non si svilupperà mai una reale coscienza territoriale. Ma senza un serio progetto politico non vi sarà mai alcuna riforma istituzionale. Un processo che quindi verrà esclusivamente delegato alle declinanti forze partitiche italiane che i nostri movimenti non riescono ad integrare e/o sostituire (a seconda delle amministrazioni).
Solo a seguito di questa razionalizzazione politica il nazionalismo Sardo (od alcune sue componenti) sapranno se e come allearsi con alcune forze del bipolarismo italiano.
Viceversa, il rischio sarebbe solo quello, già noto nel passato sardista, di fungere da stampella al bipolarismo romano.

Grazie per l’attenzione.

Articolo correlato su PNS e dati elettorali provinciali 2010

Di Bomboi Adriano.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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    6 Commenti

    • Una delle cose che mi fanno sorridere è il farsi vanto, da parte di taluni, di avere la prima donna segretario di un movimento politico come se questo di per se costituisse un valore aggiunto, un po’ come quelli che dicono che ci devono essere più giovani alla guida dei partiti.
      Dico: ma avete idea di che razza di scatola vuota sia una delle due candidate indipendentiste al comune di Cagliari?

    • Rappresento la cittadina media, lavoro quasi tutto il giorno nella mia piccola azienda e ancora in casa. Non ho molto tempo da dedicare alla politica e alle riflessioni ad essa legate. Amo moltissimo la mia terra e soffro quasi fisicamente nel vederla così incapace di autogovernarsi. Ho dato il mio voto per anni al psd’az, poi a sardigna natzione, poi all’irs, e ancora accanitamente all’irs, nonostante la penosa scissione, e continuo a sperare che un giorno nasca qualcosa di buono. Sicuramente il polo indipendentista che si è costituito per le ultime comunali a Cagliari è un segnale importante, ma bisogna andare molto oltre. Condivido molte delle analisi che ho letto sul vostro sito. Vi ho trovati per caso (potenza dei nuovi mezzi di comunicazione) avevo bisogno di sapere di più sull’indipendentismo sardo, la storia, l’ideologia e soprattutto i progetti su come e cosa fare per realizzarla.
      Credo che i Sardi stiano aspettando una forza politica nuova, che metta in primo piano le istanze della nostra terra (e in questo senso il recente referendum dice tanto); molti di loro si convincerebbero della bontà dell’indipendentismo se ci fosse una classe dirigente credibile nella sua coesione verso il bene nazionale, che avesse dei programmi chiari e realizzabili da promuovere.
      C’è molto da lavorare.

    • @Valentina se magari riesci a ritagliarti un po’ di tempo ti consiglio di fare un salto nella sede di Irs o contattare la dirigenza cagliaritana,così potrai proporre e far valere le tue idee.Hanno veramente bisogno di persone con idee fresche(intendo fresche rispetto a quelle che sono già dentro Irs).Irs a Cagliari è da rifondare prima che faccia la fine di SN.

      Condivido in pieno questa analisi sull’indipendentismo.E comincio a credere pure io che qui si debba arrivare al partito dei sardi con all’interno indipendentisti e autonomisti,che fanno le primarie per decidere chi candidare.Non ci sono alternative,con i 0,4% non si va da nessuna parte.

    • Caru Bomboi, poite non pubblicas tottus sas notas. lassa sa censura, non est una ‘osa i di dada onore.
      salude

    • Caro Moro Rubiu, il suo unico commento risulta alle 16:48 del 27-05 al seguente link: http://www.sanatzione.eu/2011/05/post-elections-lindipendentismo-dei-sedda-dei-cumpostu-e-il-sardismo-dei-maninchedda/ e si è firmato “Rossomori”. Non sono pervenuti altri messaggi, qualora abbia altro da scrivere lo rimandi, non abbiamo mai censurato nessuno e questo spazio è gestito collettivamente, non solo da Bomboi.

    • @ Herithat.
      Ho preso contatto diretto con Irs nei mesi scorsi. Era da molto tempo che volevo farlo. Credo che la spinta definitiva me l’abbiano data le poste in gioco al referendum. E come me, credo che molti cittadini, abbiano sentito l’esigenza di fare di più che andare a votare. Partecipare più attivamente, andare ad offrirsi fisicamente, come hanno fatto i tanti ragazzi che hanno determinato il successo di Zedda. Io credo che questo sia un dato di grandissima importanza, che bisogna assolutamente analizzare e capire fino in fondo. Noi siamo pronti per una nuova stagione politica, e non siamo più neanche tanto pazienti per aspettare che arrivi dall’alto. Abbiamo capito che di questa vecchia classe politica dobbiamo sbarazzarcene prima che sia troppo tardi. Anche le eterne divisioni tra i partiti Sardi sono vecchio modo di fare politica. Il rinnovamento non solo è indispensabile, ma permette anche di sfruttare l’onda del ritrovato interesse dei cittadini per la politica. E’ un buon momento per piantare semini.

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