L’attualità: Intervista all’On. Piergiorgio Massidda

U.R.N. Sardinnya intervista l’On. Piergiorgio Massidda: Classe 1956; medico; debutta in politica con il Partito Repubblicano Italiano; nel 1994 viene eletto Deputato con Forza Italia e nel 2006 Senatore per lo stesso partito che confluirà nel progetto di Fini e Berlusconi (PDL). Nella legislatura ha ricoperto il ruolo di responsabile nella Commissione Parlamentare di inchiesta sull’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale Italiano. Recentemente ha dato la sua disponibilità a correre per le prossime amministrative in programma nel Cagliaritano.

A cura di Bomboi Adriano.

Pochi Sardi sono a conoscenza della Sua iniziativa: Nel 2008 in Senato deposita il DDL Costituzionale 1244 (PDF), ovvero una proposta di revisione istituzionale dell’assetto regionale Sardo creata dal Comitato per la nuova “Carta de Logu”. Tra i punti qualificanti, il riconoscimento della Nazionalità Sarda ed ovviamente un potenziamento della sfera di competenza della Regione su diverse materie. Ma in Sardegna abbiamo capito quanto sia necessario ridiscutere le istituzioni nostrane per tutelare l’identità nonché per fornire di migliori margini di manovra le nostre capacità di sviluppo economico?

La quantità di cittadini che ha capito quello di cui mi chiedete è molto maggiore di quanto comunemente si crede in alcuni palazzi della politica, nei sindacati, nelle università e, in genere, negli ambienti della cultura. Ma esiste una vecchia prevenzione economicista (ed anche “aristocratica”) che porta a concludere che “alle gente” le riforme non interessano e che interessa solo, come si diceva una volta, pane e lavoro.
Il fatto è che questa pessima cultura politica ha buon gioco in situazioni di drammatica crisi economica. Ha buon gioco perché non si spiega (e si dimostra) come solo una profonda riforma istituzionale quale è quella dello Statuto speciale può assicurare in futuro prosperità alla Sardegna.

PSD’AZ, Riformatori Sardi ed altre voci propongono l’avvio di una Costituente come percorso per la redazione di una nuova carta fondamentale della Sardegna:
Recentemente Lei ha espresso dei dubbi in materia, vede tale prospettiva come una legittima richiesta democratica o trattasi magari di un elegante sotterfugio per perdere tempo e scaricare “patate bollenti” ai posteri?
Dopotutto è notorio: alcuni temi vanno tenuti al fresco per le prossime campagne elettorali.

Questo rischio, è inutile negarlo, c’è, anche se non lo legherei alla volontà di tenere al fresco un tema così importante per future campagne elettorali. C’è insieme una volontà di coinvolgere il Popolo Sardo nella scelta del proprio futuro e una consapevolezza della difficoltà della riforma.
L’una e l’altra, però, non possono suggerire uno strumento come la Costituente, ottimo se la Sardegna fosse al riparo da possibili iniziative centraliste (non per forza governative) di rinvio alla Corte Costituzionale. E’ evidente che se queste ci fossero, di Statuto non si parlerebbe per chissà quanto tempo.
Molto meglio, credo, riprendere l’idea originale del Comitato per lo Statuto di una proposta di legge di iniziativa popolare alla cui definizione chiamare i cittadini Sardi.
Sarebbe comunque il Consiglio Regionale ad approvare una proposta da mandare al Parlamento Italiano, ma sulla scorta di un consenso popolare.

Per buona parte della politica e della società civile Sarda l’incompiuta superstrada “Olbia-Sassari” non è più solo un cimitero in continua espansione ma ormai anche un simbolo di lotta politica: l’On. Beppe Pisanu ha fatto bene a spronare il presidente Cappellacci o forse i problemi non dipendono affatto da Cagliari?

Certo che non dipendono da Cagliari, anche in Sardegna – ha ragione Pisanu – occorre creare un movimento popolare unitario che metta da parte la demagogia che è stata sparsa a piene mani. Il governo ha detto che entro dicembre la Olbia-Sassari sarebbe stata dotata di tutte le carte necessarie all’inizio della costruzione. Su questo bisogna vigilare, pretendendo il rispetto dell’impegno preso. Tutto il resto è puro esercizio muscolare e, lasciatemelo dire con amarezza, uso cinico del dolore umano a fini di propaganda.

Il suo collega di partito da Montecitorio, l’On. Bruno Murgia, conscio dei limiti del centralismo attuale, propone l’idea di un PDL “Sardo” autonomo da quello romano. Lei che cosa ne pensa?

Tutto il bene possibile. Una società autonoma quale è la Sarda non potrà essere ancora più autonoma se non lo saranno i partiti. Forme di reale federalismo possono e debbono convivere con l’unitarietà dell’azione politica a livelli diversi, statale ed europeo. Lo dico non solo per il mio partito, ma per tutti quelli che agiscono in Sardegna. Anche un ipotetico grande partito indipendentista Sardo non potrebbe agire in solitudine, come una monade.

Qualche tempo fa ha giustamente invitato alcuni movimenti indipendentisti Sardi a non scadere nella solita retorica in cui dogmi e settarismo sono il più grande deterrente allo sviluppo di una loro cultura di governo: In Catalogna, quando le forze politiche si apprestavano a varare il nuovo statuto, la sinistra indipendentista invitò a votare contro. Fortunatamente nessuno diede loro ascolto o il Popolo Catalano oggi non godrebbe dell’attuale livello di Autonomia. In Sardegna si rischia di replicare la stessa dinamica?

Penso di no, e non solo perché il partito Catalano cui fate riferimento ERC (Esquerra Republicana de Catalunya) è di dimensioni sconosciute ai partiti e movimenti Sardi.
Ma il problema non è, ovviamente, numerico: la conquista delle maggiori quote possibili di sovranità ha bisogno di tutte le forze. Sarebbe paradossale che a questa unitarietà, pur nel rispetto di sensibilità “sovraniste” – per dirla alla catalana – fra loro diverse, si sottraessero gli indipendentisti, i nazionalisti e quanti della loro Sardità fanno un punto di orgoglio.
ERC, per quel che ne so, ha commesso l’errore di pensare che la sinistra fosse il luogo geometrico della autonomia e, per esso, dell’indipendenza. Sento qua e là affacciarsi uguali tentazioni, anche in Sardegna.

Come cittadini e spettatori della politica, molti Sardi assistono impotenti alla deriva di grandi poli industriali, tra cui il settore chimico isolano, mentre alcune forze politiche e sindacali propongono modelli ed approcci superati dal moderno contesto internazionale dei mercati: Forse il sistema Italia nella sua interezza (oltre che la Sardegna) paga anni di ritardo culturale ed ideologico che impediscono al Paese di rispondere compattamente alle nuove esigenze globali della competitività?

In parte, anche secondo me, è così. Per la Sardegna gioca sfavorevolmente il fatto che è l’intero modello di sviluppo industriale ad essere in una crisi epocale. Da qui si può uscire, fatto salvo il fatto che i lavoratori non devono pagare gli errori fatti nel passato, solo con un nuovo modello di sviluppo, un nuovo modello di civiltà, come mi è capitato di scrivere diverse volte.

Qualora il Governo Italiano stabilisse di realizzare in Sardegna non una centrale ma un deposito di scorie nucleari, sarebbe prematuro oggi da parte Sua garantirci il suo nò parlamentare a tale ipotesi?

Naturalmente. Sono contrario sia alla installazione di una centrale nucleare in Sardegna sia allo stoccaggio di scorie radioattive. Il bene ambiente è, se non l’unica, certo la più importante delle carte da giocare per il nostro sviluppo. Teniamo però conto che sarà poi difficile sostenere che altri territori si devono far carico di smaltire le scorie radioattive prodotte in Sardegna, per esempio negli ospedali.

La ringraziamo per il Suo contributo.

Gennaio 2010.

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Natzionalistas Sardos

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    3 Commenti

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    • Buongiorno, gli articoli possono già essere divulgati inserendo su Facebook il link della pagina con l’articolo di U Erre Enne che interessa. Comunque inseriremo a breve un tasto apposito che faciliti l’operazione.

    • Aggiornamento effettuato. Cordiali Saluti.

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