Lettera agli On.li Soru e Cabras su Riforme e Indipendentismo

Gent. mi Presidente Soru ed On. Antonello Cabras,

“Rem tene, verba sequentur” dicevano i Latini – “Bada di possedere i contenuti, le parole verranno”.

E’ con vivo interesse che negli ultimi tempi abbiamo seguito la vostra volontà di dibattere attorno alle tematiche del federalismo, dell’Autonomia e di una maggiore Sovranità che abbia come base la riscrittura dello Statuto Sardo.
Pur non condividendo il progetto del Partito Democratico del quale siete autorevoli esponenti, il particolare momento storico di crisi che attraversa la credibilità dell’Autonomia speciale del 1948, merita i più ampi spazi di convergenza: sia da parte della società civile, sia da parte del mondo economico, sia da parte della politica stessa, chiamata a questo arduo compito di collettivo rilancio della Sardegna.

Presidente Soru, il suo debutto politico attraverso Progetto Sardegna (poi, PD) è stato senza ombra di dubbio il perno attraverso il quale le tematiche identitarie e della tutela territoriale hanno conosciuto una nuova primavera. Alcune Sue battaglie rimarranno in quell’indefinito sentire comune che è il variopinto bacino del nazionalismo Sardo: Sia nel circuito strettamente autonomista che in quello indipendentista. Ma non solo.
Questo non ci ha tuttavia impedito di guardare con occhio critico ad alcuni passaggi della sua Giunta, poi conclusasi con l’elezione del Presidente Cappellacci: Una maggioranza, quest’ultima, alquanto discutibile. Ma non per questo priva anch’essa di alcuni elementi positivi.

Senatore Cabras, Lei ha avuto il merito di spezzare l’ambiguità del suo partito circa la presentazione di una proposta di revisione statutaria che, tuttavia, risulta priva di quel componente fondamentale che spinse i padri costituzionali al riconoscimento delle Regioni a Statuto Speciale: Il fattore identitario e culturale.
Un fattore che si addentrò nella 3a legge Costituzionale del 1948 (da cui scaturì il corrente Statuto Sardo) e che diede luogo alla dicitura di “Popolo Sardo” al suo interno.
Un Popolo tuttavia subordinato (secondo la concettualità giuridica dell’esercizio di Sovranità) a quello Italiano, di cui pure è parte integrante.
Che la Costituzione Italiana debba essere riformata, per dare migliori margini di manovra ad una efficace Costituente fondata sulla Sovranità dell’isola e sul carattere pluriculturale e federale della Repubblica, è pertanto cosa ovvia.
Che non si possa, parimenti, arrivare all’indipendenza nel quadro di questa riscrittura, è cosa altrettanto ovvia.
Non è infatti l’istituto dell’Autonomia in se ad essere fallito, ma la Carta del 1948:

Nel dopoguerra, con riferimento alla Sardegna, essa fu il prodotto di una serie di compromessi che allora si ritenevano imperativi. Tra questi, la necessità di risollevare l’economia dell’isola; la necessità di rispettare le diverse sensibilità culturali; ma anche la necessità di salvaguardare l’unità dello Stato Italiano in un momento di possibili disgregazioni che si affacciavano all’orizzonte e che l’Italia scaturita dai patti di Yalta non poteva permettersi. Tantomeno nel cuore del Mediterraneo occidentale.
Il prezzo di questa stabilità ha comportato tuttavia l’avvento di due matrici identitarie entrambe maturate in seno al Popolo Sardo:
Quella che a pieno titolo si sente italiana (e non a caso infatti, secondo molti storici, è con l’Italia dei media, dello sport e del boom economico che si completa la vera unificazione nazionale italiana).
E la seconda matrice: Quella che non ha mai smesso di guardare alla Sardegna come Nazione e ne ha propugnato sempre più nel tempo la gestazione di una politica che dall’Autonomismo filo-italiano si è parzialmente evoluto fino alla democratica pretesa di una totale automazione dell’isola in qualità di nuovo Stato dell’Unione Europea.
Oggi l’Autonomia del 1948 si rivela essere sempre più inadeguata al contesto della moderna globalizzazione e della tutela non solo economica ma anche identitaria della Sardegna.
Bisogna però capire cos’è l’indipendentismo in occidente e perché quello nostrano non sia ancora idoneo alle sfide che lo attendono:
L’indipendentismo infatti non potrà mai essere la proiezione automatica di un territorio da uno stato ad uno nuovo senza il preventivo percorso autonomista. Ovvero, non esiste altro percorso se non quello per cui esso dovrà traslare progressivamente, nel tempo, poteri in campo fiscale ed amministrativo, quindi da stato centrale ad istituzioni periferiche.
Un consenso di massa per l’area indipendentista non potrà dunque mai esistere fintanto che le istituzioni non riconosceranno una Nazionalità Sarda; una sua rappresentatività internazionale; un efficace bilinguismo; una scuola che insegni la storia del proprio territorio al suo tessuto sociale e dei media – ma anche un sistema sportivo – che accompagnino tale processo di difesa e di consolidamento (nelle prossime generazioni) di quanto perduto in 60 anni di “Autonomia”, o meglio, di centralizzazione: Perché è questo il termine più consono al contesto in cui viviamo.
Il tutto, ovviamente, organicamente supportato da una congrua sovranità in materia fiscale e del Credito.
Se Sardegna Democratica, e quindi il PD, intenderanno dare un forte contributo allo sviluppo della Sovranità Sarda, questa non potrà mai recedere nella sua formulazione di “Popolo Sardo” dallo Statuto del ’48. Alla stessa stregua – in linea con quanto suddetto – questa dovrà evolversi verso il riconoscimento della Nazionalità Sarda: Così come già espresso dalla formulazione del testo depositato in Senato nel 2006 del Presidente emerito Francesco Cossiga (spintosi fino all’ipotesi di una doppia cittadinanza); e come già espresso dal testo scritto dal Comitato per la nuova “Carta de Logu”, sostenuto dal Senatore Piergiorgio Massidda attraverso il DDL 1244.
IRS e Sardigna Natzione? Pionieri e lodevoli movimenti che hanno contribuito allo sviluppo della politica che oggi preme in quella direzione. Movimenti tuttavia – neanche troppo velatamente – attraversati da un certo anti-autonomismo: Una dottrina ideologica sorta in epoca di guerra fredda e giunta fino al presente secondo varie interpretazioni; tutte votate alla frantumazione politica nonché, qualcuna, fino al settarismo. Una dottrina nata in epoca di “rivoluzioni” sociali repentine nelle quali si riteneva lecita e possibile la piena indipendenza da un momento all’altro. Qualcosa oggi di evidentemente fantasioso, ma che nel presente non si è tradotto in una collaborazione con quelle forze, anche non indipendentiste, interessate ad una riforma dello Statuto Sardo.

E’ per queste ragioni che come cittadini, comuni elettori e spettatori della politica, senza particolari mezzi, nel 2005 abbiamo riunito una modesta associazione (U.R.N. Sardinnya), formata anche da militari Sardi, al fine di contribuire a riformare la politica indipendentista e trainarla fuori dagli storici ritardi culturali che ne impediscono lo sviluppo politico. Piccoli elementi come l’apertura al liberalismo, all’Europeismo, al miglioramento dell’immagine e della comunicazione, al superamento di obsolete ideologie del secolo scorso ed alla riduzione della conflittualità, sono concettualità in parte entrate o che vanno entrando nel variegato circuito del Nazionalismo Sardo su vari livelli. In linea con i più avanzati modelli internazionali di matrice territoriale (Scottish National Party, PNV, Parti Québécois, DPP of Taiwan, ecc).
Elementi di IRS, della nuova Fortza Paris (orientata ad un Partito Nazionale Sardo), del PSD’AZ e di Sardigna Natzione, credono in un futuro progetto politico territoriale teso alla riduzione della frammentazione identitaria, ben lungi dal vecchio “folk-ribellismo” purtroppo tutt’altro che estirpato.

Sono ormai diversi gli imprenditori, i cittadini ma anche i piccoli amministratori che ci scrivono chiedendoci di fare pressioni in campo politico sul versante delle riforme. Ma noi non abbiamo alcun potere in tal senso.
I Sardi sono storicamente afflitti da una qualche Sindrome di Stoccolma che ne impedisce le capacità strutturali di sviluppo. Eppure, gli stessi Sardi all’Italia hanno fornito migliaia di soldati; centinaia di ufficiali, scienziati; giornalisti; politici di ogni levatura; artisti; banchieri; letterati; architetti e persino musicisti: Se questo è un Popolo che non ha qualità da valorizzare, allora forse oggi l’Italia non sarebbe migliore di quello per cui la contestiamo e che non ci impedirà comunque di vederla come Nazione amica. Ma questo lo decideranno solo le prossime generazioni.
A noi spetta solo il compito di capire se si vuole fare una campagna elettorale sui temi della Sovranità per sedurre l’area indipendentista, oppure per lasciare un segno indelebile nella storia dell’isola. L’esercizio retorico non convince, e niente ci vieterà di continuare a pensare che un voto in meno al bipolarismo italiano equivalga ad un voto in più per la Sardegna.
Ma certamente anche il PDL Sardo nella fase che porterà alla Costituente non rimarrà impassibile, come siamo certi che in sede dibattimentale, Presidente Soru ed On. Cabras, le divergenze verranno appianate e non farete mancare il vostro costruttivo supporto per evitare che la Sardegna in cui vivranno i nostri figli sia relegata ad uno stadio culturale antecedente a quello che, attraverso l’insufficiente Specialità identitaria, i padri della Costituzione Italiana ci hanno lasciato.

Grazie per l’attenzione.

Di Bomboi Adriano.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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    2 Commenti

    • Onestamente, da questo articolo, non si capisce bene dove vogliate andare.

      Chiedete ai Sardi di accettare le azioni o le dichiarazioni di qualsiasi partito o movimento politico presente in Sardegna (siano questi di destra, centro, sinistra o anche indipendentisti) purchè dimostrino di adeguare le proprie logiche e obiettivi eletorali almeno alla dichiarazione di Nazione Sarda e Popolo intesi come denominatore comune nel nuovo statuto?

      E pensate che questo sia sufficiente a cambiare qualcosa?
      I sardi sono SEMPRE stati rappresentati come Popolo, da altri Sardi.
      E hanno sempre eletto attraverso elezioni regolari o democratiche le loro istituzioni. Istituzioni fantoccio come quelle di qualsiasi stato.
      Con fantocci come rappresentanti.

      E la classe politica sarda inconcludente e meschina (di cui molti di quei sardi che oggi vorreste dichiarare Popolo sono stati o saranno complici nella truffa della rappresentanza elettorale) non cambierà mai di certo il proprio livello morale o la propria capacità d’azione solo con il riconoscimento di una futura possibile Nazione Sarda, scritta in un paragrafo del nuovo statuto.

      Il problema di questa Terra sono i suoi rappresentanti e la palude di insetti e di piccoli uomini che questi rappresentano e nel quale vengono eletti.
      Insieme al metodo di rappresentanza stesso.

      Ognuno rappresenta soltanto (anche nella suo immensa presunta o dichiarata Sardità), solo se stesso insieme alle tante piccole corporazioni delle economie emerse e sommerse o di malaffare di questa isola.
      Ma sopratutto ogni candidato rappresenta l’INDIPENDENZA DI POCHI INDIVIDUI RICCHI E POTENTI insieme all’INTERDIPENDENZA DI QUEI POCHI FRA LORO.
      Questo per usare le due paroline magiche che tanto piacciono ultimamente.

      E entrambe queste belle indipendenze fasulle sono unite alla stretta DIPENDENZA QUOTIDIANA di molti comuni cittadini verso quei pochi.

      Tutte queste dipendenze crescono insieme. Crescono nell’ignoranza diffusa del ceto sociale medio alto che è, qui da noi come ovunque, altamente rappresentativo del potere, dell’economia e del bieco commercio più squallidi e di bottega.

      Crescono ogni volta che qualcuno si candida a rappresentare altri nel sistema elettorale attuale. Sapendo che questi farà sempre e solo, con la massima ignoranza, quanto ritiene più utile al proprio immediato crasso benessere per il quotidiano ristretto a cui appartiene o per le persone di cui si circonda.

      Insieme a questa crassa ignoranza consapevole, abbiamo poi l’altra ignoranza, spesso inconsapevole che è propria della grande massa del ceto sociale più povero spesso disinformato perchè anagraficamente più anziano e lontano dai mass-media più liberi o distanti dal potere, oppure quando questo ceto è giovane risulta altrettanto ignorante perchè disattento, distratto o meno motivato.
      Qualsiasi ceto sociale ignorante, di qualsiasi censo, viene democraticamente mantenuto, dai propri rappresentanti e dalle proprie istituzioni volutamente in tale condizione.

      Ovviamente questi sardi, come tutti, vivranno comunque bene o alla peggio, soppravivvranno con qualche sforzo.

      I primi e potenti, essendo pochi, contano il loro tempo sulla base del potere e del denaro che potranno tramandare.
      Gli altri aspettano sognando di poter fare altrettanto.
      E in mezzo abbiamo tutti i palliativi di turno delle democrazie imperfette.

      Che da noi in sardegna possono andare dall’elemosina del contributo pubblico (si tratti di cassa integrazione, pensione, LSU, o chiamata a tempo determinato per il figlio neolaureato in qualsiasi ente o attività pubblico-privata o quello che preferite).

      Quindi ogni SARDO E’ COMPLICE di questo Stato. alla pari di qualsiasi altro cittadino italiano. E altrettanto complice di questo sistema in quanto HA SEMPRE VENDUTO E VENDE OGNI GIORNO IL SUO CONSENSO.
      Così come vende il suo voto per qualcosa di simile all’appartenenza.

      In tutto questo, l’ORGOGLIO NAZIONALISTICO O L’INDIPENDENTISMO (di cui tutti vi riempite la bocca) SONO OGGI SOLO UN’ALTRA FORMA DI APPARTENENZA.

      Non cercate quindi quest’orgoglio come profondo retaggio di cosa siamo o di cosa si poteva o si potrà diventare.
      Perchè non sarà certo una dichiarazione di Indipendenza o di Nazione di carta a farlo riemergere se mai fosse esistito.

      Solo l’affrancamento dalle tante e troppe SERVITU’ QUOTIDIANE DEL BISOGNO che non sono mai soltanto quelle DI SARDI VERSO L’ESTERNO ma soprattutto DI TROPPI SARDI VERSO ALTRI SARDI potrà rappresentare un cambiamento.

      E nessuna istituzione statuale di rappresentanza, così come le conosciamo o come le state pensando potrà mai davvero affrancare i propri cittadini dal bisogno. Perchè questi non avrebbero più nessun bisogno di essere rappresentati.

      Qualsiasi sia il nome, la caratteristica di funzionamento, le leggi o le priorità che queste istituzioni (anche quando indipendenti o create e formate da sardi) si dessero o si siano date, così come quelle che sono o saranno in grado di darsi non funzionerebbero. E questo è solo il minore dei problemi. Il più lontano.

      Il problema maggiore e più vicino è pensare (come fate anche voi) che si debba andare ancora a votare (per le provinciali o le regionali oggi, oppure le Politiche Nazionali della nuova Nazione Sarda tra trentanni è lo stesso) cambierà mai il livello di reale rappresentanza del singolo cittadino (sia sardo o meno).

      Insomma la favoletta dove tutti si dicono Nazionalisti o Indipendentisti (prima delle elezioni) e così facendo cambieranno il livello della rappresentanza del singolo nella collettività istituzionale o addiritura la levatura morale dei rappresentanti eletti con questi metodi arcaici insieme all’importanza di questa Nazione di fronte ad altre sono non solo una utopia sarda ma UNA BANALE TRUFFA.

      E di questa truffa siete tutti colpevoli.

      Per primi voi Nazionalisti.
      Che dovreste essere indipendenti e anche rivoluzionari nel pensare o nell’agire.

      Parlo giusto di voi perchè degli indipendentisti attuali – vedasi Irs – è meglio non parlare. Con il loro teatrino di sprovveduti e giovani disoccupati di belle speranze (o disocuppate come nel caso della loro ridicola sempre sorridente neosegretaria juventina) tutti alla ricerca di una poltroncina (indipendente però) dentro quelle province che sono proprio le più inutili e dipendenti istituzioni dello stato che dovrebbero combattere. Mi fanno pena.

      NON esiste un solo candidato in NESSUNA delle liste delle prossime elezioni e nemmeno di quelle che verranno che non stia pensando soltanto al mero tornaconto personale o della propria bottega.

      Se si vuole davvero avere una classe politica in grado di pensare alla collettività Sarda e al futuro si devono rifiutare TUTTE le logiche di rappresentanza elettorale di uno stato.

      Se ne devono creare altre. Che siano davvero di servizio pubblico.
      Basterebbe poco. Eliminando alla base lo stesso meccanismo elettorale.
      Nella nuova Nazione Sarda ad esempio si potrebbe imporre albi di Sardi volontari, con dei criteri di merito, e relativo sorteggio peridioo per avere rappresentanti disinteressati al potere, in tutte le istituzioni pubbliche e a qualsiasi livello.
      Un breve periodo del proprio tempo gratis, a rappresentare tutti gli altri sardi. Come dei giudici popolari estratti a sorte.
      Siamo solo un milone e mezzo. E’ semplice.
      Durante la vita di ognuno di noi prima o poi toccherebbe praticamente a tutti.

      Ecco. Il mio consiglio è questo.
      Finitela di cercare accordi basati sul consenso pre o post elettorale per il nulla autodeterminante di una NAZIONE VUOTA.

      CHIEDETE INVECE IL RIFIUTO ELETTORALE DI MASSA

      E ad ogni elezione occupate in modo non violento con i vostri amici i seggi. Fatelo anche durante le prossime elezioni.
      Impedite la rappresentanza dei tanti fantocci sardi che arriveranno e dichiarate così l’unica e vera NON APPARTENENZA ALLE LOGICHE DELLO STATO ITALIANO.

      Altrimenti saremo circondati solo dai tanti ennesimi signori e signore dal sorriso facile (tutti assolutamente Sardi, non sia mai) e tutti a caccia del modo migliore di sbarcare il lunario o uscire dalla disoccupazione senza lavorare mai davvero (per i candidati giovani) o salvaguardare la fetta di potere acquisita e sistemare al meglio il proprio figliolame (per quelli più anziani).

      Si tratti Unionisti, Sardisti, Indipendentisti compresi.
      Illusi. Voi, come tanti, a guardare il dito anzichè la luna.

      Perchè siamo un POPOLO DI SARDI ACCATTONI.
      E andiamo da decenni solo alla ricerca di nuove stagioni e nuovi “circensi” in pasto al posto del pane.

    • Noi non siamo un Popolo di accattoni perché ci sono anche tante persone di grande professionalità e di grandi ideali che non emergono ma che stanno dialogando. Non ha alcun senso stroncare sul nascere un percorso positivo che si può avviare e che ha già tutte le condizioni per riuscire.
      E se in questo momento non sosterremo quelle forze che riconoscono la Nazione Sarda, nella prossima riscrittura dello statuto regionale si rischia di perdere di vista anche quella. Non penso sia pure nel suo interesse visto che si firma come Sardigna Liberation Front.
      Con il settarismo e la chiusura alle istituzioni non si è mai guadagnato nulla, se su un traguardo di 10 otterremo almeno 5, sarà lo stesso un enorme passo avanti per i nostri figli.

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