Tragedie culturali: tra subalternità economica e filosofia de logu

Sardegna nei guai.

Nel giorno in cui scopriamo che il decreto rilancio mira a danneggiare la concorrenza nei trasporti per agevolare la compagnia più costosa e inefficiente, Alitalia, a svantaggio dell’isola, alcuni opinionisti sardi presentano “Filosofia de Logu”. Uno spazio che dovrebbe denunciare queste forme di subalternità politica, economica e culturale, ma si perde in astrazioni ideologiche.

Cerchiamo di sviluppare un ragionamento al riguardo.

Di Adriano Bomboi.

In breve, cosa intendiamo in questo spazio per “subalternità politica, economica e culturale della Sardegna”?

Il prodotto delle azioni politiche, sarde e non, nel quadro del modello istituzionale italiano, che contribuisce a determinare una serie di ritardi economici e sociali al nostro territorio.

A differenza di quanto affermano diversi indipendentisti sardi, non crediamo alla teoria di un complotto di Roma a danno della Sardegna. Crediamo semplicemente che la cultura politica italiana, abbinata al suo modello istituzionale, abbia prodotto generazioni di politici che pensano di raggiungere il benessere con un’Italia centralista e non federale. Un’Italia dal massiccio intervento pubblico in diversi settori, a sua volta sostenuto da un fisco e da una burocrazia tra le più pesanti di tutto l’occidente.
Ragioni per cui, tanto il sud del paese, quanto l’Italia nella sua interezza, stanno perdendo competitività nello scacchiere internazionale. A tal proposito, l’assistenzialismo e il clientelismo rappresentano i due principali pilastri della conservazione di una nazione fallita. Dai sussidi ad Alitalia sino a quelli al piccolo pastore sardo, abbiamo una politica che lavora esclusivamente per perpetuare il proprio potere, rimandando nel tempo la soluzione dei problemi che ha contribuito ad innescare, non comprendendone neppure appieno la loro natura.

Questa struttura, come argomentato anche nel mio ultimo libro (Condaghes 2019), e nell’ultimo intervento di Franz Forti curato da Gianni Carboni, sigilla un’Italia a due velocità: un nord in cui continueranno ad accentrarsi tutti i principali investimenti, nonostante il calo di competitività e il drenaggio di risorse a favore del sud; ed un sud obbligato a vivere di assistenza dal nord, incapace, per esempio, di sviluppare un fisco ed una burocrazia capace di attirare altrettanti investimenti (come invece avviene nel federalismo elvetico).
Investimenti di che genere? Non calati dall’alto dalla politica e coi soldi dei contribuenti, ma investimenti privati, bisognosi di un ecosistema in cui poter fare impresa.

In sintesi, l’Italia premia l’inefficienza e colpisce il merito, al fine di tutelare questa o quella categoria vicina al potere di turno.

Un esempio pratico tra i tanti?

Poche ore fa abbiamo appreso che l’intero mercato aereo italiano è in subbuglio. I grandi operatori privati, che hanno contribuito ad abbattere il prezzo dei biglietti e a far viaggiare di più e meglio sardi e italiani, sono obbligati dal “decreto rilancio” a conformarsi agli standard di servizio dell’unica inefficiente compagnia aerea sopravvissuta con soldi pubblici: Alitalia.

L’ennesimo attacco di un governo italiano alla libera impresa, al merito e all’efficienza, tramite strumenti legislativi opachi e poco trasparenti, con evidenti finalità monopolistiche e clientelari.

La vicenda ovviamente non è affatto conclusa ed è lecito attendersi ulteriori sviluppi, affinché le compagnie di mezzo mondo non abbandonino l’Italia al suo destino, che ha comunque un mercato importante.

Ma mentre accade tutto ciò, ci accorgiamo della nascita di “Filosofia de Logu”: un collettivo di opinionisti e docenti sardi interessati a riflettere e a far conoscere al pubblico il problema della “subalternità”, gramscianamente parlando, secondo un approccio tanto filosofico quanto analitico.

Un progetto apparentemente interessante dunque, ma che rischia di scadere nella solita autoreferenzialità e nell’astrazione ideologica, peraltro faziosa, priva di attinenza con la realtà.

La presentazione di questo collettivo infatti non ha mancato di offrire una panoramica dell’orizzonte culturale di alcuni proponenti. Alcuni preparati, altri meno.
Tra gli interventi c’è addirittura chi ha sostenuto il modello confederale del Rojava siriano; e chi ha sostenuto la bontà del movimento no global come panacea di tutti i mali.

Si, avete letto benissimo.
Il lettore che ha avuto la pazienza di arrivare sin qui non si sbellichi dalle risate, la situazione è drammatica.

La distanza di alcuni personaggi del collettivo dalla quotidiana realtà dei sardi si è resa più evidente dalla qualità media del pubblico interessato a seguirne i loro contenuti: per intenderci, non sono mancati coloro i quali vedono l’isola come succube di oscure forze coloniali, di cui i sardi sarebbero meri camerieri.

In altri termini, quelli che vorrebbero parlarci di subalternità ne sono i primi sponsor, in quanto diffondono stereotipi e luoghi comuni che non riguardano affatto una larga parte della società sarda.

I nostri interlocutori invece dovrebbero essere i sardi che toccano con mano le asperità del lavoro quotidiano: dal sardissimo Giovanni Sanna, a capo di un milionario impero alberghiero, ad uno dei suoi mille sardissimi dipendenti che manda avanti la propria famiglia. Passando per l’idraulico che vi ha sistemato il rubinetto di casa, sino al commerciante che vi ha venduto un paio di calzini, etc.

Insomma, come ci insegnò pure un intellettuale del calibro di Gianfranco Pintore, dobbiamo parlare di subalternità a quei conterranei che tutti i giorni ne subiscono gli effetti, nella più totale assenza di politici e intellettuali realmente interessati a garantire una crescita, non del proprio ego o di sconclusionate teorie veterosocialiste, ma del territorio.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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