Mater Olbia e Sanità: una recensione e alcune osservazioni

Abbiamo visitato il Mater Olbia.

Come sta funzionando? Che ne dicono i pazienti?

Spreco od opportunità?

Ecco le foto ed una recensione della struttura, con alcune osservazioni generali sulla sanità sarda per l’assessore regionale Mario Nieddu.

Di Adriano Bomboi.

Un’isola destinata ad accrescere le presenze nella fascia costiera, ma anche a sviluppare maggiormente un turismo d’élite, non poteva presentarsi priva di un’adeguata struttura sanitaria sul mercato capace di rispondere a queste esigenze.

Si tratta del Mater Olbia?

Rispondere a questa domanda richiederebbe una puntuale analisi costi/benefici, che la politica, tuttavia, alla luce degli ultimi eventi legati al management dell’ospedale, non pare intenzionata ad affrontare.
Ma prima di soffermarci su questo aspetto è bene ascoltare il parere dei “consumatori”. Ossia degli assistiti che oggi si rivolgono, o hanno dovuto obbligatoriamente rivolgersi, al Mater.

Come noto, la struttura è stata oggetto di varie “inaugurazioni”, più o meno ufficiali, con cui si è cercato di renderla operativa e fruibile al pubblico. Al novembre 2019, il servizio principale del Mater è costituito dalla diagnostica ed espleta tutte le funzioni di un comune poliambulatorio, sia a pagamento che, soprattutto, in regime di convenzione con la sanità regionale, che si occupa di spesare le visite dei pazienti muniti di esenzione (tenete a mente quest’ultimo aspetto).

All’arrivo, i visitatori sono immediatamente accolti in un ambiente molto diverso dai classici ospedali e ambulatori a cui siamo abituati nell’isola. Lo standard è indubbiamente più alto. Gli arredi ricordano più la struttura di un albergo che quella di un polo sanitario.

L’accesso agli sportelli è preceduto da una breve attesa comodamente seduti in poltrona, e successivamente, si è direttamente condotti al reparto di riferimento in cui verrà effettuata la prestazione richiesta.
Sotto questo aspetto gli utenti hanno manifestato un parere molto positivo per il servizio offerto. All’accesso in reparto, un addetto è pronto a seguire la persona appena arrivata e ad accompagnarla con puntualità nello studio. L’assenza di un’interminabile attesa e la cordialità del personale sono indubbiamente due fiori all’occhiello del servizio.
Per contro, bisogna anche dire che queste caratteristiche non riguardano purtroppo tutti i reparti. Alcuni infatti continuano a presentare analoghi problemi a quelli di tante altre strutture già osservate nell’isola, dove i tempi di attesa ed un leggero caos organizzativo appaiono indubbiamente più elevati.

A prescindere da questi aspetti, il personale medico si qualifica per l’ottima professionalità nell’erogazione delle prestazioni. Prestazioni che si avvalgono di una buona strumentazione tecnica, al passo coi tempi, capace di approfondire l’esame diagnostico a vantaggio del paziente. Fattori non sempre riscontrabili in altri ambulatori pubblici sardi.

In buona sostanza, comfort e qualità sono elementi facilmente apprezzabili dai visitatori che indubbiamente rappresentano un salto in avanti della sanità pubblica sarda.

Diciamo “pubblica” perché il regime di convenzione conferma che il Mater Olbia non sottrae affatto risorse alla restante sanità sarda.
Del tutto falsi infatti gli slogan secondo cui il Mater avrebbe portato ad un generale appassimento della sanità regionale in favore dei privati.

Il Mater, in questa fase, ha semmai la colpa di spostare i servizi da alcune strutture, in loco.

Questo ad oggi appare evidente per tre ordini di ragioni:

1) perché altre strutture locali, in primis, il nuovo ospedale “Giovanni Paolo II°” di Olbia, appaiono prive di determinati ambulatori di diagnostica, pur consentendo il ricovero ospedaliero dei degenti;
2) perché l’assenza di determinate prestazioni, anche oltre il territorio gallurese, può essere parzialmente coperta dai servizi convenzionati del Mater;
3) perché il Mater ha la capacità di assorbire parte delle lunghe liste di attesa da parte della classica rete poliambulatoriale sarda, in particolare quella del settentrione sardo.

Le ragioni appena espresse ci pongono dei dubbi di natura politica ed organizzativa relativi alla sanità sarda.

Dubbi che possiamo sostanziare nelle seguenti domande:

- ha senso utilizzare parzialmente strutture il cui investimento iniziale ha riguardato capacità e volumi maggiori di erogazione dei servizi?
- Inoltre, alla luce del chiaro disimpegno degli investitori iniziali del Mater, a cui fa fronte la Regione con denaro pubblico, è opportuno tenere in vita questa struttura rispetto alla rete convenzionale già presente nel territorio?

La risposta a queste domande ci rimanda alla necessità di sviluppare un rapporto costi/benefici in merito alla gestione del Mater. Se da un lato il Mater è sicuramente promosso, rispetto a larga parte delle aziende ospedaliere sarde, per qualità delle prestazioni erogate, pone invece diversi dubbi sotto il profilo finanziario, in quanto, per reggersi da solo secondo logiche di mercato, richiederebbe un numero di utenti paganti che ad oggi non esistono. Quantomeno non esistono in assenza di uno sviluppo, ad esempio, del turismo sardo, che potrebbe avvalersi di questa struttura.
Per questa semplice ragione, ricordando che questo spazio non è ostile all’intera operazione che ha dato vita al Mater, dobbiamo consigliare alla giunta in carica, ed all’assessore Mario Nieddu, di sviluppare e rendere pubblico un rapporto sulla sostenibilità di questo ospedale.

Comprendiamo l’ottimismo politico e la necessità di avviare investimenti privati nel territorio, ma è altrettanto ragionevole ritenere che, o il Mater riuscirà a proteggere il giusto equilibrio tra costi e benefici agli utenti, o si rischia di incrementare il budget sanitario tenendo in vita più ospedali del necessario, che finirà per gravare sui contribuenti sardi.

A questo proposito è bene ricordare che, sin dalla riforma della rete sanitaria avviata dalla giunta Pigliaru (necessaria per ridurre i costi della sanità sarda), Mater o non Mater, altri ospedali minori sono suscettibili di non presentare apprezzabili standard di assistenza al paziente.

Ad esempio, chi oggi contesta il Mater Olbia in difesa della rete convenzionale, dovrebbe spiegarci se possa considerarsi preferibile l’assistenza offerta da ospedali come quello di Sorgono. Il quale dispone di un’unità chirurgica ma subisce tagli in quella di rianimazione (circostanza che obbliga determinati pazienti ad avvalersi invece dell’ospedale “San Francesco” di Nuoro, che però ha liste di attesa più lunghe. E correggeteci qualora ci fossero novità).

Insomma, le comunità antistanti i piccoli ospedali dovrebbero domandarsi se il servizio reclamato sia effettivamente di qualità, o se sia preferibile potenziare strutture maggiormente capaci di supportare diverse tipologie di assistiti.
Perché sul piano teorico sarebbe più conveniente investire in nuove arterie viarie, che riducano i tempi di percorrenza che conducono determinate comunità locali verso gli ospedali maggiori, al posto di tenere in vita costose strutture locali, non sempre idonee a coprire le esigenze dei pazienti.

Interrogativi e riflessioni che ci obbligano a ripensare integralmente la rete sanitaria dell’isola, e a comprendere che, a fronte di una spesa annuale di 3,3 miliardi di euro, abbiamo, non tanto un problema di risorse, quanto di cattiva allocazione delle stesse. E tutta di origine politica.
Pensiamo al “San Francesco” di Nuoro, spesso a corto di posti-letto e barelle, ma prodigo di milioni di euro per una nuova imponente e superflua hall di accesso.

Scarica questo articolo in PDF

U.R.N. Sardinnya ONLINE

Be Sociable, Share!

    Commenta



    Per la pubblicazione i commenti dovranno essere approvati dalla Redazione.