Federalismo interno: la proposta Deiana sull’ANCI, con una riflessione

Il sindaco Emiliano Deiana offre importanti linee programmatiche per l’amministrazione dei Comuni sardi, tra cui un impegno per riportare alle comunità locali la necessità di rilanciare la specialità autonomistica come strumento di contrasto ai tentativi di verticalizzazione amministrativa promossi da Stato e Regione. Manca tuttavia una visione di policy e di polity nella struttura del federalismo interno all’isola che si intenderebbe promuovere, anche nell’ottica di contrastare lo spopolamento interno, e su cui occorrerà sviluppare ulteriori riflessioni. Ed alla luce delle posizioni espresse dai sindaci Daniela Falconi e Maurizio Onnis – Di Adriano Bomboi.

Il sindaco di Bortigiadas Emiliano Deiana, che ha corso per la guida dell’ANCI sarda, cioè l’associazione dei Comuni sardi, col suo omologo Ciccolini, ha proposto una soluzione programmatica unitaria basata in tre punti. Vediamo quali, con infine una riflessione sui temi esposti:

a) Convocazione di una Pre-Assemblea Programmatica che individui i 5 temi su cui si può trovare un larghissimo consenso. Per parte mia mi sento di indicare, fin da questo momento, questi intendimenti: indipendenza dell’Associazione dai partiti e dai governi (nazionali o regionali); piena affermazione dell’autonomia speciale della Sardegna attraverso la riscrittura del nuovo Statuto; finanza locale: contrasto alle norme sul bilancio armonizzato, salvaguardia e aumento del fondo unico sulla base dell’aumento delle entrate fiscali. Regionalizzazione della finanza locale; azioni innovative di contrasto al fenomeno dello spopolamento e politiche di sviluppo delle aree interne e piena integrazione fra aree urbane e aree rurali; modifica della normativa sulle funzioni associate col rilancio dell’autonomia comunale e la volontarietà delle stesse;
b) Elezione di una Commissione, politicamente e territorialmente rappresentativa, col compito di costruire una lista unitaria che abbia le caratteristiche di rappresentare i territori, i generi (con particolare attenzione al genere meno rappresentato nelle istituzioni sarde) e il pluralismo politico. Tutte le Unioni dei Comuni, le Comunità Montane, le reti metropolitane e la Città Metropolitana, devono essere rappresentate; ci deve essere l’inderogabile ricerca della parità uomo-donna all’interno degli organismi; deve essere garantito il pluralismo politico attraverso le proposte che arrivino dai territori e non dai partiti politici.
c) Si proceda, infine, dopo aver costruito dalle fondamenta le ragioni dello stare insieme col pieno riconoscimento delle posizioni di tutti sul programma e sulla rappresentanza a una votazione, serena e democratica, sul Presidente per decidere, in maniera democratica, appunto, chi meglio interpreta le ragioni di un’unità sostanziale e non solo di facciata. Alla votazione devono partecipare, certamente, i due candidati del 23 settembre e, per parte mia, non ho preclusioni di sorta rispetto a candidature aggiuntive e/o di sintesi.

I punti esposti offrono diversi ambiti d’interesse:

Bisogna segnalare la volontà di separare l’organizzazione associativa dalle sue evidenti filiazioni politiche. Il tema in questione potrebbe apparire ingenuo ma non lo è affatto laddove si indicassero i suoi intendimenti programmatici. Deiana ne offre vari e apprezzabili, ad esempio, non solo tramite il pluralismo politico ma tramite la valorizzazione della specialità autonomistica che dovrebbe sostanziarsi con un impegno per la riforma statutaria.
L’unica lacuna di questo intendimento probabilmente risiede nell’assenza di una visione di policy e di polity della struttura istituzionale dell’isola. In altri termini, non si esplicita quale visione del federalismo interno si intenderebbe poi promuovere con tale autonomia. Ne troviamo tuttavia traccia negli ulteriori passaggi della sua proposta: da una parte si promuove il superamento del bilancio armonizzato; dall’altra la tenuta del fondo unico, previo aumento delle entrate fiscali. Ciò verosimilmente mira a fornire ai sindaci maggiore autonomia finanziaria con cui promuovere politiche destinate al territorio (ed al contrasto allo spopolamento).

Questa visione rappresenta un’arma a doppio taglio: da un lato la proposta Deiana sarebbe utile poiché consentirebbe di portare al territorio strumenti pratici di amministrazione che oggi, contrariamente alla linea promossa dal suo partito, il PD, tendono a polarizzarsi verso i grandi centri urbani e istituzionali. E bisogna prendere positivamente atto che oggi, a prescindere dal partito di appartenenza, amministratori come Deiana hanno ormai chiari i rischi di una verticalizzazione della responsabilità di governo sbilanciata a sfavore delle comunità locali. Dall’altro lato invece sorge un aspetto critico che riguarda la riproposizione dei problemi del centro su scala locale: cioè l’idea che dare ai poteri locali la facoltà di drenare e amministrare i soldi dei contribuenti possa invertire il trend del disagio economico e sociale delle comunità interne. Su questo punto non esiste alcuna garanzia per cui una maggiore dotazione finanziaria dei Comuni non finirebbe per riproporre sperperi e misure inefficaci di rilancio della competitività. Come affrontare dunque quest’ultimo problema?

In ambito internazionale esistono esempi di confederalismo che, ad una maggiore autonomia fiscale del territorio hanno però risposto con una riduzione dei sussidi pilotati dai vertici istituzionali verso il basso. Questa dinamica tende così ad obbligare gli amministratori locali a non abusare del denaro dei contribuenti locali, in quanto i loro eventuali fallimenti non sarebbero sufficientemente coperti da fondi centrali.

Questa misura tuttavia presenta un ulteriore fattore di criticità: come amministrare territori disagiati contrassegnati da minori entrate? Decentrando verso le comunità locali la facoltà di sviluppare un modello di fiscalità asimmetrica: per fare un esempio pratico, alcuni Comuni dell’interno potrebbero defiscalizzare in misura mirata determinati comparti economici per attirare investimenti in precisi settori (pensiamo al disagio esposto dal sindaco di Fonni Daniela Falconi); diversamente, ad esempio, da terzi Comuni costieri o che costituiscono significativi snodi viari e istituzionali, i quali applicherebbero misure fiscali differenti, relativamente alle loro peculiarità.
Ma questa soluzione oggi non è praticabile, non solo per l’assenza in loco del concetto di “concorrenza istituzionale”, ma anche per un ordine molto semplice di motivi. Mancano i due presupposti di cui parlava il sindaco di Villanovaforru pochi giorni fa: da un lato l’effettiva responsabilità sui conti pubblici degli amministratori locali; dall’altro, appunto, il presupposto di sottrarre realmente ai centri istituzionali (sia Regione, sia Stato) la sovranità su tali competenze. Si vuole seriamente mettere in discussione la legittimità del regionalismo attuale? Perché senza questa consapevolezza non si potrà mai riscrivere in maniera efficiente il prossimo Statuto speciale. Men che meno mirare a qualsiasi indipendenza.

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