Ma quale terza guerra mondiale? E’ il ritorno della storia…

Di Luca Tolu.

Evocare la terza guerra mondiale è ormai diventata una moda. Un po come i risvoltini nei pantaloni, o la barba stile vecchio testamento. A cavalcare questa nuova tendenza sono in tanti, dai soliti pacifisti, fino ai seguaci delle linee editoriali che vanno per la maggiore in quest’epoca, costruite intorno al sensazionalismo e ai mediocri contenuti.
Abbiamo poco di cui stupirci finché ad esprimere certe banalità sono il buon Papa Francesco, straordinario interprete di una Chiesa 2.0 sempre più friendly quanto meno culturalmente all’altezza di dibattere sulle grandi sfide della nostra civiltà, oppure il comico predicatore della rete Beppe Grillo, che ha costruito attorno al qualunquismo un business politico. Viceversa, sorprende che a dare una verniciata di scientificità a certe teorie sia una rivista come Limes, considerata spesso una sorta di istituzione nel dibattito italiano attorno ai temi della politica estera.

“La terza guerra mondiale?” è, infatti, il titolo dell’ultimo volume di Limes. Probabilmente sono più le ragioni editoriali rispetto a quelle contenutistiche ad aver portato a privilegiare tali titoli, ma resta il dato che sdoganare certi termini diluisca nell’acqua di rose bergogliana, oppure nel brodo acchiappa click grillino, la credibilità delle proprie analisi.
Questo perché, piuttosto che alla terza guerra mondiale, siamo piombati, dopo decenni di congelamento dei blocchi durante la Guerra Fredda e una parentesi meno lunga di unilateralismo americano, in ciò che Robert Kagan definì fin dal 2008 come il “ritorno della storia”.
La “storia”, infatti, non è affatto finita come era di moda affermare negli anni novanta. Il progresso non è affatto inevitabile, e lo stesso Francis Fukuyama, autore del saggio su “la fine della storia”, aveva torto nel delineare un piatto futuro di perpetuo dominio americano come epilogo della fine della Guerra Fredda.
Avevano torto anche coloro che nella seconda metà del 900 preannunciavano la fine del sistema liberal capitalistico e la rivoluzione del Terzo Mondo contro il Primo Mondo.
Avevano torto anche coloro che davano per imminente un equilibrio paradisiaco cucito sull’integrazione internazionale e sul miraggio del multilateralismo.

Nel mondo di oggi, la stessa infinita diatriba tra unilateralismo e multilateralismo, valida durante la Presidenza di George W. Bush, pare ora già come un passato remoto, come una anacronistica disquisizione ormai archiviata. Ciò perché l’incertezza economica, il terrorismo islamico, la guerra asimmetrica e l’emergere di nuovi attori internazionali convenzionali e non convenzionali, con la complicità di una Presidenza Obama debole, ha reso insostenibile per gli Stati Uniti la continua avanzata verso sempre più elevati confini di egemonia globale. Questo non significa che l’America sia diventata più debole, viceversa, sono cresciuti i restanti partners mondiali e con essi la complessità del “campo di gioco”.
Dalle ceneri del precedente sistema emerge così una realtà simile al caos in cui si consolidano fenomeni preoccupanti quali:

- l’effetto domino di interi gruppi di entità statali che crollano l’uno accanto all’altro per essere sostituiti dall’anarchia e dall’instabilità;
- l’intensificarsi dei conflitti di natura etnica e religiosa;
- l’aumento della diffusione di armi nucleari e di altri strumenti di distruzione di massa e il rischio di proliferazione verso gruppi terroristici ed entità statuali rette da regimi pericolosi;
- l’affiorare di gruppi anonimi di hackers organizzati in grado di sviluppare il caos in un mondo sempre più globalizzato, digitalizzato e interconnesso;
- la diffusione incontrollata e impunita di atti di cyber spionaggio e cyber guerra che trafugano dati sensibili, proprietà intellettuale e informazioni militari;
- il consolidarsi di organizzazioni criminali internazionali dedite al traffico di sostanze stupefacenti;
- l’emergere, all’interno delle democrazie occidentali, da un lato di partiti politici estremisti anti-sistema che pongono in discussione gli stessi pilastri costitutivi di una moderna democrazia avanzata, dall’altro lato di un sentimento di sfiducia verso il futuro e verso la capacità di potenziamento politico ed economico, elementi che rendono l’Occidente più debole di fronte alle sfide succitate.

Il precedente Ordine Mondiale lascia, in questo modo, spazio ad un nuovo e preoccupante “Disordine Mondiale” che i governi non sono ancora pronti ad affrontare.
Non sono pronti gli Stati Uniti, prigionieri in questi ultimi sette anni della cosiddetta “profezia del declino“, una “profezia che si auto avvera” grazie agli errori e alle incertezze di Barack Obama, il Presidente debole che ha ceduto intere fette di leadership e credibilità statunitense portando avanti una “antidottrina” timida e contraddittoria in politica estera. Non è pronta naturalmente l’Europa, il “grande malato” e ventre molle dell’Occidente, anni luce lontana da quella che dovrebbe essere una giusta strategia di difesa comune. E non sono pronti nemmeno gli altri attori internazionali, compresi coloro che, come la Russia, si comportano come una superpotenza anche se nella realtà dei fatti hanno, nei propri fondamentali, i piedi d’argilla.
L’attuale Ordine Mondiale sembra quindi costruito nell’eterna incertezza e nell’apparente assenza di punti di riferimento e di poli di intervento capaci di restaurare equilibrio e sicurezza globale. In poche parole, siamo di fronte al ritorno della storia, ad uno stato di caos sistemico che non si traduce affatto in uno scenario da terza guerra mondiale, semmai in un complicato rompicapo di cui nessuno è custode di un’unica soluzione.

11-03-16.

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Redazione SANATZIONE.EU

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