Contro la paura della libertà. Ecco i testi non segreti del TTIP, trattato del libero scambio USA-UE

Di Adriano Bomboi.

Da mesi anche in Sardegna ha preso corpo, in una parte dell’opinione pubblica, l’idea che a livello europeo si stia consumando un accordo con gli Stati Uniti d’America sulla pelle dei cittadini. L’accordo in questione rientra nel novero dei negoziati in itinere sul TTIP, un trattato transatlantico su commercio e investimenti, che dovrebbe liberalizzare la cooperazione bilaterale sui predetti settori. Per sgombrare il campo dall’approssimazione di quanti parlano senza cognizione di causa, si rende opportuno aprire questo articolo con alcune osservazioni di merito, sia sugli aspetti positivi che su quelli negativi: la prima, l’Unione Europea, sfortunatamente, è un insieme di istituzioni sovranazionali scarsamente democratiche, il cui livello di interventismo pubblico, in settori quali BCE e regolamentazione delle produzioni, ha assunto dimensioni mai intraprese prima nella storia umana. Salvo le fallimentari esperienze di economia pianificata osservate nei sistemi socialisti del Novecento. Ne consegue che qualsiasi tentativo volto a ridurre tale livello d’interventismo non può che essere accolto con moderata soddisfazione, anche “grazie” ad una crisi economica che in Europa spinge le imprese a chiedere ai governi maggiore libertà d’azione. E ciò rappresenta il motivo fondante della nascita di tale iniziativa. La seconda, in relazione alle difficoltà insite in questo trattato, riguarda la natura dei protagonisti in campo. Mentre gli USA rappresentano un’entità federale munita di un apparato diplomatico omogeneo, l’UE, composta da diversi Stati relativamente indipendenti, non rappresenta un interlocutore univoco nei confronti di Washington. Il che rende più laboriosa la capacità di sintesi dei vari interessi oggetto di dibattito, che variano da Stato a Stato. La terza, riguarda il lato negativo che travolge anche la Sardegna, perché se la maggiore apertura di un mercato in cui siamo già presenti incrementa le possibilità dell’export regionale, sia manifatturiero che agroalimentare (pensiamo al pecorino, all’olio ed alle nostre varietà enologiche), i negoziati in nostra vece sono condotti non dai sardi ma dall’Italia, con diversi profili di criticità che ciò potrebbe comportare a scapito dei nostri produttori. Anche in ragione dei problemi strutturali attraversati dall’isola, come sul campo del fisco e dei trasporti. La quarta, riguarda le criticità provenienti da USA ed UE in ordine a due plessi istituzionali che nel mondo sono ai primi posti per sovvenzioni pubbliche a favore del comparto agricolo (es. PAC). Siamo quindi in presenza di istituzioni che, in assenza di libero mercato, spendono una ingente quantità del denaro dei contribuenti americani ed europei per finanziare i produttori e le multinazionali più grandi, generando una forma di dumping che limita la scelta dei nostri consumatori e danneggia persino svariate economie del terzo mondo. Il che rende plausibili dei rischi di ulteriore concorrenza sleale spesata dai nostri stessi cittadini a proprio danno, dove il dilemma non sarebbe quello di una “liberalizzazione selvaggia”, ma di una non concreta liberalizzazione. La quinta, riguarda comunque i potenziali benefici che emergono rispetto ai rischi, ed a cui bisogna guardare con favore. La storia economica della Sardegna, da due secoli a questa parte, dimostra che ogni qualvolta i sardi si sono trovati nella condizione di poter divulgare più liberamente le proprie produzioni l’economia ne ha tratto giovamento. Un libero mercato potrebbe ridurre i prezzi; potenziare la qualità dei prodotti (e non solo la circolazione di produzioni scadenti già presenti non dagli USA ma dallo spazio Schengen); incrementare profitti ed occupazione; stimolare nuovi investimenti, anche in termini tecnologici, ed offrire maggiori capacità di scelta al consumatore. Perché il problema, nel saldo della bilancia commerciale, non deriva dal nostro alto livello di importazioni, ma dalle nostre basse capacità di produrre ed esportare. Ciò non toglie tuttavia che accordi di tale estensione dovrebbero essere assunti non da organismi istituzionali sovranazionali ma dalle dirette comunità interessate, condivisibili quindi le obiezioni espresse dai libertari americani. Fuori luogo, infine, nel merito dei documenti, il parallelo del TTIP con terzi trattati commerciali internazionali.

Dalla lettura dei documenti del TTIP si evincono dettagli importanti, ad esempio non si perderebbe l’etichettatura dei prodotti (considerati più a rischio), potenziando gli standard di classificazione su alcune fasce di prodotti, come nella chimica.

In particolare, il protocollo relativo ai prodotti fitosanitari li inquadra nei criteri di conformità del Codex Alimentarius, insieme di norme sulla sicurezza elaborate dalla commissione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sarebbe inoltre auspicabile l’adozione del cosiddetto ISDS, un arbitrato internazionale capace di chiedere conto agli Stati dei danni alle imprese sopravvenuti per variazioni di scelte politiche: già presente in vari trattati commerciali, si tratta di uno dei punti maggiormente attaccati dai detrattori del TTIP, che lo vedrebbero come un regalo alle aziende, a scapito della collettività. A parte la sporadicità del suo eventuale utilizzo, facciamo invece un esempio ipotetico per farne comprendere l’utilità: immaginate che un’azienda di produzioni lattiero-casearie sarde sviluppi un accordo per la produzione e la vendita di venti tonnellate di prodotti locali. E immaginate cosa accadrebbe se lo Stato di destinazione della merce variasse la normativa su uno o più dettagli inerenti tali prodotti. Magari sulle dimensioni; su una particolare tipologia di conservante o persino sul livello del sale utilizzabile in fase di produzione. L’azienda in questione non potrebbe più esportare il proprio stock, ricevendone un ingente danno economico. La clausola ISDS permetterebbe al prodotto di proseguire la sua strada, o, nel caso, di ricevere un risarcimento danni causato dalla variazione delle politiche di normazione sulla materia. Essenziale inoltre rimane il diritto di scelta finale del consumatore, d’altronde fin da oggi nessuno obbliga gli utenti ad acquistare carne dalla dubbia qualità proveniente dall’est Europa, né ad acquistare prodotti cinesi realizzati con standard produttivi nocivi per la salute umana.

Al netto delle considerazioni, il messaggio che si intende trasmettere è molto semplice, e forse dovremmo recuperare lo spirito di Richard Cobden: non bisogna aver paura della libertà. La libertà è confronto, e solo nel confronto esiste la possibilità di correggere i propri errori per crescere. Dobbiamo invece dire no a quanti vogliono impedire nuove opportunità di crescita. No ai populisti dispensatori di facili complotti, la cui abilità consiste unicamente nel banalizzare argomenti complessi di cui ne ignorano i dettagli. E no a chi teme che una maggiore apertura dei mercati obbligherebbe la nostra politica ad occuparsi seriamente del fisco e della burocrazia che fiacca le nostre imprese, magari per continuare i propri bagordi assistenzialistici a carico della spesa pubblica.

In questa sede ci si avvale della ricostruzione documentale di Giovanni Aversi, esperto di Affari Economici:

Gli argomenti oggetto del trattato riguardano: l’accesso al mercato per i prodotti agricoli e industriali, gli appalti pubblici, gli investimenti, i dazi e barriere non tariffarie, i servizi, i diritti di proprietà intellettuale, lo sviluppo sostenibile, le piccole e medie imprese, la composizione delle controversie, la concorrenza, le imprese di proprietà statale.

Obiezioni al Trattato:

Le principali obiezioni al Trattato riguardano le seguenti tematiche: a) sicurezza alimentare, per via della possibilità della libera circolazione degli Ogm; b) acqua, energia e servizi pubblici, per via di un’eventuale privatizzazione; c) finanza e proprietà intellettuale, per l’impossibilità di controllo e disponibilità dei beni; d) libertà e democrazia, per l’eventuale impossibilità d’intervento dei governi regionali e il non controllo dei flussi di dati personali.

[...]

Tutte le informazioni ufficiali reperibili sul Trattato:

Nel frattempo l’Ue ha reso pubblici i testi negoziali. Dal sito della Commissione Europea si può trovare ciò che comprenderà i 24 capitoli dell’accordo finale (ricordiamo, ancora in fase di negoziazione), raggruppati in 3 parti:

  1. Accesso al mercato

  2. Cooperazione in campo normativo

  3. Norme

Inoltre, nell’ambito della recente iniziativa per la trasparenza, la Commissione pubblica:

  • una serie di nuove schede informative di 2 pagine, in linguaggio semplice

  • i testi negoziali consegnati ai negoziatori USA:

  • a) le proposte testuali dell’UE relative alle parti 2 e 3 del TTIP – descrivono attese riguardo ai contenuti dell’accordo finale, linea per linea

  • b) i documenti sulla posizione dell’UE – cosa vogliamo ottenere nei singoli capitoli.

Verranno pubblicati ulteriori testi man mano che si renderanno disponibili. La Commissione renderà pubblico l’intero testo dell’accordo pubblico una volta conclusi i negoziati e ben prima della sua firma e ratifica. Per visionare il testo di un accordo commerciale dell’UE concluso recentemente, leggere il testo dell’accordo di libero scambio UE-Canada (CETA). Il testo è ancora oggetto di revisione giuridica.

I documenti sulla POSIZIONE dell’UE definiscono l’approccio dell’Unione riguardo ai temi dei negoziati TTIP. Vengono presentati ai fini della discussione con gli Stati Uniti nell’ambito dei cicli negoziali. Le PROPOSTE TESTUALI sono le proposte iniziali dell’UE per i testi giuridici sui temi del TTIP. Vengono presentate ai fini della discussione con gli Stati Uniti nell’ambito dei cicli negoziali. Il testo dell’accordo finale sarà il risultato dei negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti.

Testi negoziali dell’UE, capitolo per capitolo:

Parte 1: Accesso al mercato

Scambi di merci e dazi doganali

Servizi

Appalti pubblici

Norme di origine

Parte 2: Cooperazione in campo normativo

Coerenza normativa

Ostacoli tecnici agli scambi

Sicurezza alimentare e salute degli animali e delle piante

Industrie specifiche

Sostanze chimiche

Prodotti cosmetici

Ingegneria

Dispositivi medici

Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC)

Prodotti farmaceutici

Prodotti tessili

Veicoli

Parte 3: Norme

Sviluppo sostenibile

Energia e materie prime

Dogane e facilitazione degli scambi

Piccole e medie imprese (PMI)

Protezione degli investimenti e composizione delle controversie investitore-Stato (ISDS)

Concorrenza

Proprietà intellettuale (PI) e indicazioni geografiche (IG)

Composizione delle controversie tra governi

Per ulteriori informazioni:

Per saperne di più sul TTIP

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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