Gregorini: ‘Abbanoa una bomba finanziaria pronta ad esplodere’

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Antonello Gregorini, responsabile del Centro Studi Riformatori Sardi, in materia di gestione dei servizi idrici.
Come i nostri abituali lettori sapranno, riteniamo che l’acqua come bene pubblico sia un fattore indiscutibile, ma riteniamo tuttavia che i servizi di gestione e distribuzione della stessa (al riparo dalla facile disinformazione ideologica vista con l’ultimo referendum sulla materia) debbano essere concretamente privatizzati, al fine di eliminare completamente la lottizzazione politica che ha causato sprechi, debiti, inefficienze e persino iniquità a carico della fasce più deboli della popolazione. Da considerare inoltre che, oltre a quelli con le banche, una percentuale dei debiti di Abbanoa riguarda proprio i rapporti con quelle aziende private a cui l’ente subappalta determinati lavori, e che proprio a causa dell’insolvenza dell’idromostro si trovano in uno stato di difficoltà.

La guerra si svolge fra una corrente di pensiero che vede nell’acqua un bene comune sul quale non si può speculare e, dall’altra, chi chiede la privatizzazione dei servizi a essa connessi, partendo dal presupposto che solo l’efficienza manageriale del privato possa evitare gli sprechi enormi che sino ad oggi sono stati perpetrati nella gestione da parte pubblica. Nella questione pesa come un macigno il risultato del referendum. In Sardegna l’acqua è pubblica. Esiste un’Autorità d’Ambito unica per tutta l’Isola che dovrebbe garantirne e controllare l’efficiente gestione. E’ questa che indica le direttive ad Abbanoa (il gestore unico del Servizio Idrico Integrato) attraverso il Piano d’Ambito.
La riforma del 2005, che nacque per superare la frammentazione di competenze tra i precedenti gestori, garantire una tariffa unica e solidale, garantire migliori livelli di servizio e sempre più elevati standard di qualità, ha portato invece a corrispondere unicamente tariffe più alte ricevendo in cambio servizi e trattamenti in continuo e netto decadimento. All’aumento delle tariffe non è finora corrisposto un servizio rispondente alle esigenze dei consumatori sotto il profilo dei rapporti con l’utenza, dei tempi di attesa per i servizi essenziali, della procedura di lettura sul campo ed invio della corretta fatturazione dei servizi idrici, e dei tempi di risposta alle istanze presentate dai comuni e dagli utenti.
L’attività deficitaria di ABBANOA si riverbera: sull’utenza in generale; sul fornitore di acqua grezza ENAS; sui Consorzi di Bonifica che devono ricevere indennizzi da ENAS per il ristoro dei consumi di energia elettrica e che li può corrispondere solo se incassa da ABBANOA; sui Consorzi Industriali che possiedono diversi impianti di depurazione a cui ABBANOA recapita i reflui; su ENEL o altri fornitori di energia; sulla banche creditrici; sul sistema delle piccole e medie imprese fornitrici; sugli stessi dipendenti.

Ciò che è accaduto è che la politica ha occupato, con le ben note tecniche deteriori e devastanti, sia il controllore che il controllato, determinando la situazione di prefallimento attuale che vede Abbanoa, e quindi la Regione, come si apprende dalla stampa, esposte per circa 800 milioni di euro. Una cifra tale da far tremare i polsi di chiunque. La prospettiva del fallimento emerge in maniera netta ma, incredibilmente, nessuno adotta provvedimenti risolutivi.
Il malcontento degli utenti, l’ira dei dipendenti, la frustrazione dei fornitori, la preoccupazione delle imprese, la sofferenza del mondo bancario, sono fatti noti che non possono più a lungo restare inosservati e richiedono azioni incisive da parte del governo regionale, diverse dal modo di operare fatto di “non soluzioni” e di osservazione passiva in balia degli eventi, che ha caratterizzato il percorso fin qui intrapreso.
Una situazione esplosiva che se non affrontata immediatamente può mettere a rischio l’intero sistema.
Insomma, se l’AATO ha notevoli responsabilità, ABBANOA non è certamente vittima, essendo entrambe, in definitiva, facce diverse della stessa realtà: entità di cui si distinguono fittiziamente i ruoli ma delle quali è difficile scindere provenienze, appartenenze e responsabilità.

Il BENE COMUNE ACQUA non può continuare ad essere preda della più bieca partitocrazia e deve essere messo in sicurezza per noi e le future generazioni. Occorre trovare la giusta sintesi tra l’efficienza del privato e la garanzia della proprietà pubblica.

Antonello Gregorini.

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