Le nubi si diradano

Schiaffo al giustizialismo italiano: Puigdemont in Sardegna ritrova la libertà.

Qualche considerazione sul caso.

Di Adriano Bomboi.

In meno di 24 ore il vergognoso atto di fermo a cui è stato sottoposto Puigdemont si è sgonfiato, il che non merita particolari o approfondite argomentazioni di sorta.

Lo statista catalano è stato rilasciato perché non esiste alcuna ragione giuridica di rilevanza penale che possa trattenere un eurodeputato democraticamente eletto in custoria cautelare.

Ottima iniziativa quella del presidente Christian Solinas che ha scelto di accogliere Puigdemont all’uscita dalla detenzione, un segnale politico simbolico ma importante da parte delle nostre istituzioni autonomistiche. Perché così facendo si è compiuta una precisa scelta di campo.

Ciò premesso, per la giurisdizione italiana il fermo sarebbe stato legittimo, e rimangono alcuni nodi da sciogliere. Benché non abbia affatto l’obbligo di rimanere in Sardegna, il 4 ottobre l’esponente del partito catalano liberale PDeCAT dovrebbe ripresentarsi per l’udienza che dovrà affrontare un complicato rebus giuridico, su cui si somma un complesso sistema di rapporti politici.

Fondamentalmente esistono due scuole di pensiero:

La prima, sostenuta da qualche rinomato sottosegretario alla giustizia e anche da alcuni amici indipendentisti, è che il fermo sia maturato per esclusivo impulso della magistratura sarda, magari a caccia di protagonismo, o per mandare indiretti messaggi anche all’indipendentismo sardo, e naturalmente su pressione di Madrid.

La seconda è che un’azione con implicazioni internazionali non può essere avvenuta senza il preventivo assenso del governo italiano, il quale sarebbe stato ovviamente informato dell’arrivo di Puigdemont, il quale tuttavia non era sottoposto ad alcun limite alla libera circolazione.

Qualunque sia l’input di questa vicenda, non possiamo fare a meno di notare che i giustizialisti si sono presi un sonoro ceffone.

Perché probabilmente alcuni di loro non erano informati sul complesso status del leader catalano, e si sono affidati quasi esclusivamente alle informazioni provenienti da Madrid.

Oggi invece la giustizia italiana dovrà sbrogliare un doppio quesito tecnico: 1) i reati contestati dalla giustizia spagnola sono riconosciuti anche dall’Italia e dunque valevoli per un atto di estradizione?; 2) dato lo status di europarlamentare, Puigdemont gode ancora dell’immunità? Non essendo stata semplicemente revocata ma sospesa nei suoi effetti *, come emerso sinora, si potrebbe annullare il primo dilemma.

Di una cosa siamo sicuri: chiunque pensi di risolvere tramite i tribunali una contesa che riguarda la scelta democratica di milioni di cittadini catalani, non di quattro gatti, dimostra di essere fuori dalla realtà e fuori dal presente, ancorato ad una visione nazionalista e ottocentesca degli Stati unitari e delle moderne costituzioni. Queste ultime infatti dovrebbero dirimere le controversie, al servizio dei popoli, e non crearne di nuove contro i popoli.

Chi si nasconde dietro il legalismo, pur di non revisionare costituzioni obsolete, mina la pace sociale e pone le basi di un declino economico e culturale delle comunità interessate.

[* Nota a margine: il tribunale UE precisò che le autorità dei paesi interessati dalla presenza di Puigdemont non erano tenute a dare corso all'estradizione. Ossia, la revoca dell'immunità non produce necessariamente e automaticamente come effetto giuridico l'estrazione richiesta da Madrid. Bisognerà poi vedere cosa deciderà oggi l'Italia].

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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