Elezioni Europee: La confusione di ‘Sardegna sostenibile e sovrana’ su Tsipras

Le elezioni europee sono alle porte ma in Sardegna non sembra esserci alcun dibattito al riguardo. E su questo tema bisogna dare una nota di merito alla sinistra di Cagliari, perché da qualche tempo a questa parte ha saputo stimolare delle riflessioni attorno al tema dell’identità nazionale, della lingua, delle minoranze in generale, del lavoro, e quindi della necessità di contrastare il centralismo in ogni sua forma, compreso quello europeo. Tuttavia, appare paradossale che l’associazione cagliaritana “Sardegna sostenibile e sovrana”, che costituisce un ponte fra gli ambienti della sinistra italiana locale e l’area sovranista (RM, PDS, IRS), abbia manifestato il suo interesse per il progetto politico “L’altra Europa”, del greco Alexis Tsipras. Il quale ad esempio in Catalogna non sostiene la maggioranza indipendentista ma i federalisti filo-spagnoli di ICV-EUiA. Ma prima di menzionare il maggior progetto politico europeo delle minoranze senza Stato, già presente nel Parlamento europeo, vorrei esprimere alcune considerazioni sulla linea “antiliberista” proposta da questa associazione, che purtroppo sulla politica europea non convince. Infine vedremo quali priorità dovrebbero interessarci per far entrare la Sardegna in Europa.

A sinistra la confusione ha raggiunto dimensioni colossali:
Le istituzioni europee non ci piacciono perché sono troppo liberali o perché sono troppo dirigiste?
L’Europa tutela seriamente il risparmio e gli investimenti oppure promuove una austerity capace di influenzare negativamente il benessere generale?
L’Europa tutela le nazioni senza Stato o i maggiori Stati-nazione del vecchio continente? In buona sostanza, c’è troppo liberalismo o troppa socialdemocrazia?
Proviamo a fare ordine: una Europa che dona soldi pubblici alle banche private non è “neoliberista”, è socialista. Una Europa che controlla quanto latte deve produrre il nostro bestiame non è “neoliberista”, è socialista. Si tratta di statalismo neo-keynesiano, del peggiore, costruito ad uso e consumo delle oligarchie di Paesi come Francia e Germania. Mentre fortunatamente il Regno Unito ha opposto elementi di autonomia rispetto alla tirannide burocratica e pianificatrice di Bruxelles, ad esempio sulla politica monetaria. Le liberalizzazioni quindi non riguardano tutti i settori e danneggiano i cittadini negli ambiti in cui non sono state attuate. Per chi volesse approfondire i problemi creati dalla PAC agricola rimando al nostro articolo, ripreso anche da Huffington Post: “Capitalismo malvagio? Il dumping PAC-UE alla base del tracollo agricolo nel terzo mondo”, Sa Natzione, 14-10-13. Informarsi serve ad uscire dalla gabbia degli stereotipi, perché solo così si può dare un contributo alla qualità della nostra democrazia. Ma cosa propone il politico greco Alexis Tsipras per meritare la nostra attenzione? Purtroppo il nuovo beniamino della sinistra radicale italiana confonde le cause con gli effetti della crisi attraversata da Atene negli ultimi anni. Perché la Grecia non ha fallito per colpa dell’Europa o della Germania in particolare, ma per la disinvolta gestione demagogica e clientelare delle finanze pubbliche, con spesa sanitaria fuori controllo, sprechi, contributi, sussidi e assunzioni della pubblica amministrazione a pioggia, unite ad una discreta dose di corruzione della classe politica. Oggi la demagogia di alcuni politici greci si scaglia contro il debito che ha contribuito a creare, lamentandosi per l’austerity che dovrebbe servire a rimettere i conti in ordine. Germania ed Europa infatti subentrano successivamente, nel momento in cui impediscono ad Atene di sviluppare una propria autonomia politica nella scelta degli interventi di responsabilità che dovrebbero condurre il Paese fuori dalle difficoltà. Come noto in questi casi la ricetta liberale consiglia di ridurre la pressione fiscale, mentre quella socialista di aumentarla per “garantire” i servizi di redistribuzione. L’Europa degli oligarchi ha preferito la seconda opzione, danneggiando ulteriormente i consumi e la qualità della vita dei greci, e non solo. Eppure da un lato Tsipras offre una soluzione liberale, cioè ridurre l’austerity, dall’altro propone di utilizzare la Banca Centrale Europea come bancomat per gli Stati e persino di tassare le attività imprenditoriali offshore, cioè un nuovo attacco fiscale a chi fa impresa senza limitarsi ai confini geografici del vecchio continente, con tutte le ricadute negative possibili in termini di sviluppo e di investimenti. Il programma di Tsipras è chiaramente contraddittorio e populistico, certamente rivolto al suo elettorato greco, ma trova sponde in vari Paesi europei presso un elettorato di sinistra che ha smarrito i suoi vecchi punti di riferimento, ed è alla ricerca di una soluzione con cui interpretare la crisi, ma con strumenti ideologici inadeguati ed in parte ripresi da altre culture politiche. Bene comunque Tsipras sull’idea di promuovere la riduzione dei budget militari degli Stati membri, con la proposta di una Europa dei popoli e di tutela delle minoranze nazionali, malgrado non sia chiaro che tipo di architettura istituzionale intenda promuovere, e non abbia appoggiato direttamente i principali indipendentisti europei. Al riguardo noi suggeriamo il modello elvetico, già proposto da economisti come Hermann-Hoppe (“Ma quale Europa vogliamo?”, Sa Natzione, 01-06-13). Piuttosto, al di là di questo progetto greco, che non rappresenta affatto l’area nazionalista europea, dobbiamo considerare un serio progetto politico europeista, che dell’equilibrio per una “terza via” ne ha fatto un punto di forza, come ad esempio l’European Free Alliance (in cui da anni partecipa anche il Partito Sardo d’Azione, ma senza eletti). Assieme ai Greens forma il gruppo parlamentare confederale dei Verdi Europei – ALE (con una forte connotazione ambientalista). Dal 2009 ha ben 58 deputati, è il maggiore esponente politico delle minoranze nazionali europee, e comprende il noto Scottish National Party, il Sud-Tiroler Freiheit, la Nuova Alleanza Fiamminga e tanti altri. Si tratta di formazioni politiche, anche derivanti da sinistra, che hanno abbandonato ogni radicalismo ideologico aprendosi alla cultura liberale. Insomma, gli amici di Cagliari che si sono avvicinati da poco ai temi del nazionalismo non si facciano distrarre da proposte aliene e confusionarie rispetto all’ambito sovranista, esiste già un robusto spazio politico con cui sviluppare una proposta Sarda in Europa che sia coerente e ragionata. Manca piuttosto una seria battaglia politica per le legge elettorale affinché si abbia un collegio unico Sardo distinto da quello siciliano. Così come manca una seria forza politica nazionale Sarda capace di proiettare in Europa dei nomi dal territorio. Ecco perché bisogna procedere con ordine e metodo.

Pochi giorni fa il leader di IRS Gavino Sale ha rilanciato l’idea di realizzare un nuovo soggetto politico unitario della sinistra sovranista Sarda, magari scordandosi di non avere un forte elettorato alle spalle, e di essere stato eletto con circa 700 voti grazie ad una legge elettorale regionale che lascia fuori chi ha più di 70.000 consensi. Come noto, proprio per questo dubbio di costituzionalità la Giunta Pigliaru potrebbe durare meno del previsto, e ci attendiamo che in questo lasso di tempo i sovranisti sappiano essere più propositivi – ed anche oppositori se necessario – di quanto non abbiano mai fatto in passato dal Partito Sardo d’Azione e da IRS. Il gruppo sovranista in Consiglio Regionale fra IRS, RossoMori e PDS potrebbe essere una buona occasione per testare un primo coordinamento politico unitario con questo indirizzo. Ma per le elezioni europee non siamo pronti, non ci sono le condizioni e tutta la galassia politica autonomista e indipendentista rimane frammentata e scoordinata. Men che meno in questo frangente storico bisogna considerare seria la proposta di ideologizzare a sinistra un qualsivoglia progetto politico sovranista unitario, sia in un ottica regionale che europea (anche in Catalogna il governo è saldamente in mano ai nazionalisti moderati del CiU, mentre la sinistra indipendentista di ERC ne è marginale alleata, un altro mondo). Bene Fortza Paris e anche Franciscu Sedda del Partito dei Sardi nel non aver perso di vista l’obiettivo primario del collegio unico UE. Nell’agenda occupiamoci dunque di:

a) ottenere una riforma della legge elettorale per separare il collegio europeo della Sardegna dalla Sicilia;
b) lavorare ad un soggetto politico Sardo, comprensivo di ProgReS, SNI, FP e del PSD’AZ, che sia quanto più possibile unitario e pluralista, stavolta sconnesso da alleanze col bipolarismo italiano;
c) lavorare infine con tale soggetto politico Sardo coeso assieme all’European Free Alliance, la più credibile destinazione parlamentare possibile, per far sentire la nostra voce in Europa ed esprimere il nostro dissenso da protagonisti e non da comprimari.

Adriano Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos

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    4 Commenti

    • [...] e dalle liste con riferimento Tsipras. Ma parliamo della situazione sarda. Scrive Adriano Bomboi in un articolato intervento sul sito Sa Natzione, critico sulle posizioni di Sardegna Sostenibile e Sovrana e sulle “conclusioni” del convegno [...]

    • Ma ti rendi conto che un prtito come ICV-EUiA noi in Sardegna ce lo potremmo solo sognare? Poi vabbè, se un gruppo si chiama “Sardegna sostenibile e sovrana” è alla frutta ab initio ma quello è un altro discorso.

    • Certo, anche un partito simile in questo contesto sarebbe una conquista!

    • [...] e dalle liste con riferimento Tsipras. Ma parliamo della situazione sarda. Scrive Adriano Bomboi in un articolato intervento sul sito Sa Natzione, critico sulle posizioni di Sardegna Sostenibile e Sovrana e sulle “conclusioni” del convegno [...]

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