Walt Disney rileva l’Alcoa?

Di Adriano Bomboi.

Walt Disney rileva l’Alcoa?

Puntuale, poco prima di ogni Natale e in piena campagna elettorale, la classe politica non perde occasione per visitare cassintegrati e operai vari in crisi, tra cui quelli dell’Alcoa. Da quando la multinazionale USA dell’alluminio ha lasciato la Sardegna, non manca il pellegrinaggio di questo o quel politico “certo” di garantire la presenza di un nuovo investitore in grado di rilanciare la produzione. Sfortunatamente, mentre il PD si occupa di rimozione del tartaro, non si accorge che la carie è finita in profondità: secondo la CNA Sardegna sono ben 315 le imprese fallite in tutta l’isola nel corso del 2016, contro le 239 del 2015. Alcoa, per farla breve, è solo la punta dell’iceberg, ma il problema è culturale.

In pochi anni abbiamo perso centinaia di aziende, e ovviamente occupati, oltre che pezzi di PIL. Il trend, stando ai dati, non è affatto positivo.

Davanti a questo dramma la politica prosegue con la sua propaganda ai confini della realtà, a base di annunci ottimistici sulla “ripresa” (che in realtà non riguarda ampi strati della popolazione sarda), e di sperperi assistenzialistici di denaro pubblico. Basti pensare agli ulteriori 120 milioni di euro, letteralmente sequestrati dal fisco alle poche imprese che funzionano, per stipendiare il consenso elettorale di qualche politicante che avvierà i classici “cantieri verdi”. Lavoretti stagionali e precari che non allontaneranno i nostri disoccupati dalla tentazione di emigrare.

Siamo di fronte ad un’amministrazione irresponsabile e culturalmente retrograda, incapace di comprendere la necessità delle riforme, senza le quali proseguirà l’annientamento del nostro tessuto produttivo.

Non a caso, grazie alla narrazione sull’evasione fiscale, si insiste nell’utilizzare un fisco sempre più aggressivo per spesare una burocrazia sempre più parassitaria nei confronti del ceto produttivo. La Sardegna vede così ridursi la platea dei tax-payers a favore dei tax-consumers, un chiaro sintomo del crack economico che attende l’isola se non sapremo invertire la rotta con un chiaro programma di tagli alla spesa pubblica e di una riduzione delle complicazioni a carico delle imprese.

Quanto sta avvenendo, tuttavia, non deve stupirci: gli ostacoli alla crescita ed agli investimenti giungono proprio dall’estensione di una pletora politico-burocratica che – non producendo nulla – passa il suo tempo ad elaborare tasse e regolamenti a carico dei pochi che producono qualcosa. Siamo l’unica area d’Europa la cui politica, nonostante un fisco record, propone ulteriori tasse e ulteriore spesa in deficit.

Ma se non bastasse il danno c’è pure la beffa: i dirigenti regionali sono stati persino premiati (pari a 30.000 euro a testa) per gli “ottimi” risultati raggiunti. Tutto questo accade in un’isola dove i redditi pubblici crescono di più, in percentuale, rispetto all’andamento del tasso di crescita del PIL (vedere Istat). In altri termini, la nostra Regione è tra quelle che si avvantaggiano della sciagurata redistribuzione delle risorse dal settentrione italiano verso mezzogiorno e meridione.
Infatti, come ci può essere un incremento dei redditi a fronte di un calo del PIL? Nel nostro caso è alquanto chiaro: l’incremento non riguarda “ricconi che avrebbero sfruttato i lavoratori”, ma i dipendenti pubblici, che sfruttano i privati.

Nel frattempo le piccole imprese muoiono nel silenzio più totale, mentre i lavoratori in crisi tutelati dai sindacati diventano ostaggi di una politica che tende a rimandare i problemi al posto di affrontarli. E così, se gli operai dell’Alcoa hanno tutto il diritto di reclamare l’impiego della loro professionalità in una produzione che in Sardegna venne arrestata a causa degli ingenti costi energetici (e non solo); noi elettori abbiamo il diritto di chiederci se il pre-accordo di Sider Alloys, che dovrebbe rilevare Alcoa, sia qualcosa di concreto o solamente l’ennesima sceneggiata con cui non si arriverà mai alla stesura di un serio piano industriale.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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