Banco di Sardegna: il mercato schiaffeggia la filantropia?

Banco di Sardegna: americani ed emiliani mettono all’angolo Antonello Cabras (PD), BlackRock e BPER si sarebbero accordate per rilanciare l’istituto di credito sardo, lontane dai condizionamenti della Fondazione sarda. Perché separare la politica dal mercato è l’unica azione opportuna per sfidare la concorrenza e far crescere la competitività del territorio, non per chiudere sportelli in lande desolate e assistenziali – Di Adriano Bomboi.

Veniamo al punto: di recente ci sarebbe stato un incontro tra i Fondi dell’americana BlackRock, la più grande società di investimenti sul pianeta, e i vertici dell’emiliana BPER, che ingloba pure il Banco di Sardegna. Lo scopo dell’incontro? Discutere del futuro del gruppo, tra cui la sorte del nostro istituto di credito. Da questo incontro sarebbe stata esclusa la Fondazione del Banco di Sardegna, la quale, nonostante sia azionista minoritaria della stessa BPER (5%), con titolo di interpellanza, sarebbe stata scavalcata. Ma per quali motivi?

Perché la nostra Fondazione, quella guidata da Antonello Cabras (PD), avrebbe coltivato rapporti anche coi Fondi americani, magari – e ripeto magari – nel tentativo di condizionare i comuni soci della BPER. La reazione non si sarebbe fatta attendere: americani ed emiliani avrebbero scelto di accordarsi tra loro, escludendo il piccolo e intraprendente partner dal tavolo “dei grandi”.

Ridimensionata così la reale statura delle vecchie logiche di potere che ci governano, si è dato spazio agli obiettivi. E quali sono? Ce ne offre un sunto anche il gruppo Amsicora di Sardinia Post:

Rilanciare il Banco di Sardegna, affinché possa recuperare quote locali di mercato, grazie ad una gestione realmente autonoma, separando la politica dal mercato stesso.

Per essere più chiari: agli americani non sarebbero piaciuti determinati giochetti, preferendo orientarsi su ciò che sanno fare meglio, i soldi.

Perché i soldi sono l’unica cosa di cui dovrebbe occuparsi una banca che vuole crescere per far crescere anche la collettività che gli sta intorno. Non una banca votata a chiudere sportelli in lande desolate e assistenziali dopo aver inseguito opinabili condizionamenti politici del suo capitale, filantropici o meno. Cosa di cui purtroppo in Italia (vedere Monte dei Paschi di Siena) siamo particolarmente bravi.

Ma adesso cosa succederà? Difficile dirlo, se le informazioni sono giuste, c’è da sperare che grazie al mercato, nell’interesse dei sardi, ognuno torni a fare il proprio mestiere e abbandoni la sciocchezza di considerare la nazionalità di una dirigenza come un asset fondamentale per il successo di un territorio: vecchia logica protezionista.

Si vede che il caso Alitalia non ha insegnato nulla.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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