Brexit: indipendenza difficile per la Scozia?

Di Oliver Perra,

(Queen’s University Belfast).

Molti indipendentisti sardi pensano che l’uscita del Regno Unito di Gran Bretagna e Nord Irlanda dall’Unione Europea apra la strada per una Scozia indipendente, e addirittura una Irlanda unita.

Io penso che le cose siano molto più complicate.

Nicola Sturgeon e Alex Salmond non erano certo molto felici del risultato del referendum: Scottish National Party ha fatto la campagna per rimanere nell’UE, e i suoi leader si sono spesi molto per convincere non solo gli scozzesi, ma anche i gallesi e gli inglesi, che fosse nell’interesse del Regno Unito rimanere nell’UE. Lo hanno fatto con passione, una passione che è stata visibilmente assente nel leader dei laburisti.

Il giorno dopo le elezioni Nicola Sturgeon non poteva che invocare un secondo referendum per l’indipendenza, dal momento che, come la stessa prima ministra scozzese dice: “la Scozia viene tirata fuori dall’UE contro la sua volontà”.

Un secondo referendum si potrebbe svolgere in un contesto molto più complicato.

Nel primo referendum, la Scozia sarebbe potuta diventare un paese indipendente, membro dell’UE, al pari del Regno Unito. Non c’era nessuna garanzia che l’UE accettasse la Scozia, ma questa sembrava una prospettiva plausibile. Una Scozia indipendente dentro l’UE, al pari del Regno Unito, avrebbe garantito libero movimento di merci e persone tra Scozia e Inghilterra, Galles e Nord Irlanda.

Ora che il Regno Unito ha deciso di uscire dall’UE, questo scenario non esiste più. Se la Scozia diventasse indipendente per rimanere (o ri-entrare) nell’UE, ci sarebbe la prospettiva di una vera e propria barriera tra Scozia e Inghilterra, con controlli di passaporto, dogane, dazi, ecc. L’Inghilterra che ha votato per “riprendere controllo sull’immigrazione” non vorrà certo fare sconti ad una Scozia che invece sarebbe aperta al libero movimento di persone dall’UE (notare, questo e lo scenario che si prospetta per il Nord Irlanda).

La prospettiva di avere un confine tra Scozia e Inghilterra, controlli di passaporti, e possibili dazi doganali, sarà un argomento molto forte contro l’indipendenza.

C’è anche da considerare l’aspetto simbolico. Molti scozzesi che hanno votato per l’indipendenza comunque si riconoscono anche come “British”: British è un termine che ha connotati inclusivi e positivi, non è appannaggio degli inglesi, e implica riconoscersi in valori incarnati nelle istituzioni britanniche, come “the rule of law” (governo per legge), e così via.

Gli indipendentisti scozzesi erano riusciti a convincere molti scozzesi affezionati alla “britannicità” sostenendo che l’indipendenza avrebbe comunque assicurato una continuità: avrebbero mantenuto la sterlina, avrebbero mantenuto la monarchia, avrebbero mantenuto libertà di movimento e scambi tra Scozia e resto della Gran Bretagna.
Nel quadro attuale tutte queste cose saranno difficili da garantire, e anche simbolicamente, l’indipendenza scozzese significherà una rottura molto più radicale.

Inoltre, per quanto la Scozia abbia una economia aperta all’Europa, l’Inghilterra rimane il partner economico privilegiato. Una Scozia indipendente in Europa e una Inghilterra fuori potrebbe significare perdere un mercato privilegiato e affine (per lingua,consuetudini, ecc.).

Insomma, tutte questi motivi fanno pensare che l’indipendenza scozzese non sarà così scontata, e si capisce perché Sturgeon nel commentare il referendum sull’UE e lanciare l’idea di un secondo referendum sull’indipendenza non avesse proprio l’espressione serena di chi aspettava questo momento con gusto.

Per quanto riguarda il Nord Irlanda, un attento commentatore come Fintan O’Toole spiega in modo molto efficace che l’uscita dell’UE del Regno Unito significa de-stabilizzare il processo di pace che ha permesso il ritorno di una vita normale nel Nord Irlanda. Destabilizzare questo processo non vuol dire che le truppe britanniche se ne andranno (se ne sono già andate da un pezzo), ma rischia di significare la ripresa di una latente guerra civile.

Il caso della Scozia dimostra quanto l’esistenza di una struttura sovra-nazionale sia l’unica prospettiva per poter pensare e realizzare l’indipendenza di “piccole” nazioni o regioni come Scozia e altre. L’indebolimento e la perdita di consenso di queste istituzioni sovra-nazionali rischia di far ricadere l’Europa in uno scenario di opposti sciovinismi, dove nazioni-stato “riprendono il controllo” sui loro confini, annichilendo le istanze di indipendenza di nazioni “minoritarie” dentro lo stato. Le piccole nazioni senza stato non avranno uno spazio politico dove operare. Per questo sarebbe importante salvare e riformare l’UE, e assicurarsi che riacquisti quell’autorevolezza e consenso che sta perdendo.

Gittinwide, 25-06-16.

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Redazione SANATZIONE.EU

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    1 Commento

    • Molto interessante Oliver. Le ragioni che illustri come fattori di ostacolo al raggiungimento dell’indipendenza sono coerenti e plausibili nello scenario attuale. Ma nel caso in cui l’UE nell’immediato futuro mostrasse in modo evidente i vantaggi per gli Stati che ne fanno parte (es. maggiore potere commerciale in scenari di mercato globale, migliore gestione della crisi delle risorse primarie)rispetto agli svantaggi, pensi che tali “pro” potrebbero eguagliare i “contro” nell’eventualità di compiere una scelta di autodeterminazione?

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