Comunali 2016: quella Cagliari impermeabile al rinnovamento

Di Adriano Bomboi.

La Giunta Zedda volge al termine del suo mandato. Nei prossimi mesi, i cittadini cagliaritani saranno chiamati al voto per il rinnovo del consiglio comunale.

Se c’è un aspetto curioso su cui riflettere, questo riguarda le fasi che hanno portato ai principali candidati di punta delle varie liste in campo. Pensiamo ad esempio alla candidatura del sindaco uscente, in rappresentanza del centrosinistra; poi a quella di Piergiorgio Massidda, storico esponente del centrodestra campidanese; ma anche alla proposta di Pierpaolo Vargiu, di analoga estrazione politica, ed a quella di Enrico Lobina, ex sostenitore dell’attuale maggioranza, oggi candidato in rappresentanza di un progetto indipendentista. La superstizione diffusa è stata quella di considerare finita l’esperienza del bipolarismo italiano, anche alla luce di un elettorato sempre più distante dai partiti tradizionali. Ragion per cui nomi come Massidda e Lobina hanno ritenuto opportuno presentarsi con progetti slegati dai vecchi partiti di riferimento. Altri, come Zedda e Vargiu, non hanno omesso di riconoscere la forza della politica tradizionale in una realtà come quella cagliaritana, ed hanno preferito rimanere nel solco delle coalizioni di riferimento. Ma gli elettori cosa sceglieranno?

La proposta più debole in campo pare essere proprio quella indipendentista. Il progetto di “Cagliari Città Capitale”, guidato da Lobina, con il supporto di varie sigle, tra cui ProgReS e altri minoritari gruppi locali (muniti di basso radicamento sociale), mostra diversi punti deboli. Il principale è che, per la sua particolare natura pluralista, il progetto indipendentista non si è avvalso delle primarie per la scelta di un candidato idoneo a rappresentare questo eterogeneo ambito politico: Lobina è e rimane vicino ad una formula di sinistra radicale, rispettabile ma irricevibile sia nel quadro del sardismo che di varie componenti indipendentiste. E sia, soprattutto, ad un elettorato locale, non indipendentista, con solide basi moderate. A circostanziare la marginalità politica di questa sinistra alternativa a quella istituzionale di Zedda ci pensano le proposte dello stesso Lobina. Una su tutte quella di voler sottrarre ai privati la gestione della nettezza urbana, come se gli alti costi attuali non derivino proprio dall’influenza politico-clientelare a carico del privato. La vera sfida per l’abbattimento della tasse locali sarebbe stata piuttosto quella di separare realmente e non solo virtualmente la mano pubblica da quella privata. Ma mentre Lobina pareva perdersi in astratte disquisizioni ideologiche, il candidato Piergiorgio Massidda incontrava i principali commercianti della città, molti dei quali vessati da fisco e pedanti controlli della polizia municipale a danno delle proprie attività. Insomma, contro ogni ragionevole dubbio, “Cagliari Città Capitale” avrebbe dovuto puntare su un nome di alto profilo morale, penso ad Ornella Piredda, ex M5S, che ha combattuto una dura battaglia per la trasparenza della nostra pubblica amministrazione. Oppure, non avendo ancora numeri per puntare alla vittoria, avrebbe potuto individuare tramite primarie un candidato di competenza con cui sviluppare, tempo addietro, convergenze con alcuni nomi di punta oggi dispersi in altre liste, inclusi quelli dell’ambiente sardista. Perché il vero “terzo polo” stenta ancora a vedersi. Rimane infine da considerare che i voti di Lobina potrebbero comunque convergere verso la coalizione di centrosinistra, vanificando oltremodo il già velleitario progetto indipendentista, a Cagliari nato e gestito male. L’impressione è che il candidato di punta sia impegnato più in una contesa interna con i suoi ex colleghi di partito, in difesa di una presunta ortodossia ideologica, piuttosto che rappresentare le istanze di una coalizione che in queste condizioni pare aver perso un approccio più pragmatico ai problemi della comunità. C’è tempo per migliorare quello che doveva essere il miglior progetto in campo? Poco.

L’unica possibilità di rovesciare il sindaco uscente pare espressa dalla proposta di Massidda, in realtà poco innovativa (l’ex senatore azzurro non è un neofita della politica e non è estraneo all’intelaiatura del potere che per anni ha gestito l’amministrazione cittadina). Ciò nonostante, alla prova dei fatti la sua gestione dell’autorità portuale di Cagliari, malgrado i discutibili criteri che lo portarono alla guida, non mancò di registrare importanti risultati. Rimane da comprendere se il residuale centrodestra italiano di riferimento, capitanato da Pierpaolo Vargiu, saprà convergere su questa proposta, o se la corsa si infrangerà in ordine sparso contro la coalizione di centrosinistra. Dobbiamo infatti considerare la città di Cagliari secondo una classica strutturazione del voto che da tempo ha visto saldarsi gli interessi professionali di varie categorie (pensiamo alla sanità ed all’edilizia, solo per citarne alcuni) entro una cornice politica che negli anni della giunta Zedda, e col progressivo tramonto del berlusconismo, ha visto sfilacciarsi la propria spinta propulsiva. In casi come questo, alla luce di un panorama politico cittadino altamente conservatore, il valore dell’alternanza rimane l’unico elemento di positività poiché diviene lo strumento con cui scalzare dal potere una serie di personalità politiche che altrimenti finirebbero per accrescere e consolidare la propria influenza.

Ma qual è quest’altro potere?

Si tratta indubbiamente di quello rappresentato dall’attuale giunta Zedda, che negli anni ha sviluppato una notevole propensione allo spoils system, con un sindaco riuscito persino a guadagnarsi la corsa per un secondo mandato mentre il suo stesso partito di riferimento, SEL, implodeva sotto agli interessi incrociati delle varie fazioni. La solidità ed il relativo vantaggio di questo sindaco, latore di alcuni interventi urbani, a capo di una scialba amministrazione che non ha saputo risolvere nessuno dei problemi che la riguardano, funge da catalizzatore anche per quelle sigle sardiste in cerca di un sicuro posizionamento elettorale: pensiamo al Partito dei Sardi ma anche al Partito Sardo d’Azione. Il primo stavolta si trova in una posizione privilegiata rispetto alla sconfitta del 2015 nelle elezioni comunali di Nuoro. In quel caso, profondamente diverso da Cagliari, la città usciva da oltre un decennio di cattiva amministrazione del centrosinistra e la variazione della distribuzione del potere tra le sigle che ne garantivano la tenuta, unita ad una popolare voglia di cambiamento, consegnò una meritata vittoria ad Andrea Soddu. Non stupisce dunque che anche il PSD’AZ cagliaritano – oltre che col centrodestra – abbia aperto un canale politico con l’attuale maggioranza per entrarvi, sia perché nel campo indipendentista non si trovano progetti realmente competitivi, ma sia anche perché questo sardismo non ha lavorato per costruirli. Né quindi per dare seguito a quei propositi di autodeterminazione che da decenni a questa parte trovano spazio solo nei convegni e assai poco raramente in ambito amministrativo.

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