Perché ha chiuso Sardegna 24? Perché non vendeva – Di Francesco Giorgioni

La fallimentare esperienza di Sardegna24 non è il risultato di congiure, macchinazioni e complotti, come qualcuno vorrebbe far credere. E’, semplicemente, il realizzarsi di ordinarie regole di mercato: se un giornale nato per vendere 7000 copie non arriva ad avere mille lettori, ben difficilmente può sopravvivere. La mia analisi è banale e forse troppo riduttiva, ma in fin dei conti la sintesi è questa. Perché Sardegna24 abbia trovato una così tiepida accoglienza da parte del pubblico, invece, è tema che merita approfondimenti maggiori. Ma anche in questo caso non è necessario scomodare scienziati dell’informazione per avere delle risposte più che convincenti, precisato che il naufragio è avvenuto non solo per effetto dei contenuti del quotidiano. Una redazione numericamente inadeguata per reggere l’impatto di un’inchiesta al giorno, il dilagare di commenti troppo spesso preferiti alle notizie sono a mio avviso i principali fattori di questa disfatta. E sarebbe forse il caso di porsi una domanda: quanti sardi erano veramente interessati a farsi istruire su cosa sia giusto fare nella vita e cosa non lo sia attraverso la lettura della interminabile predica quotidiana?

Stamattina ho messo piede nella redazione di Sardegna24, e tutto lascia credere che sia stata l’ultima volta. L’ho trovata quasi deserta e letteralmente spoglia. Sei mesi fa in quello stesso salone si correva, si sudava e l’entusiasmo era vivo e palpabile. Ma quello spirito è durato poco.
Sono ancora, a tutti gli effetti, un dipendente del giornale. In forza di ben due contratti firmati a poche settimane di distanza l’uno dall’altro: il secondo scade a giugno, il primo a tempo indeterminato. Vi sembrerà strano, ma è proprio così.
Benché coinvolto in prima persona credo tuttavia di potermi concedere qualche riflessione su questa disavventura editoriale che ho vissuto dall’interno della squadra.

Partiamo da un dato: Il direttore Bellu è certo una vittima (come tutti coloro che hanno lavorato al giornale) di un progetto nato senza una vera base credibile, ma è altrettanto vero che i tre professionisti contattati prima di lui aveva declinato l’offerta giudicando troppo fragili le fondamenta dell’iniziativa. Va aggiunta un’altra verità che rischia di essere offuscata: il direttore aveva in mano il timone della nave perché, poco più di due mesi fa, aveva rilevato il controllo della società. Ora asserisce che l’accordo firmato a novembre per rilevare l’ottanta per cento delle quote sia nullo, poiché sarebbero emersi debiti inizialmente non conteggiati. Ma questo lo dice lui, non i vecchi soci per i quali quell’accordo è pienamente vigente. Tra l’altro, anche se qualcuno avesse deciso di saldare quelle pendenze l’agonia non si sarebbe prolungata per più di altri due mesi, considerando i costi di gestione e stampa.

Sto sostenendo che l’avvicendamento tra editori non ha comportato alcun beneficio e che la sorte dell’azienda, apparsa segnata già dai primi mesi, si è inesorabilmente compiuta. Sardegna24 ha continuato a perdere copie ed è morto, perché al mondo di uomini della provvidenza non ne sono mai esistiti.
Sul sito “Democrazia oggi” Andrea Pubusa ha ricondotto il fallimento di Sardegna24 al sempre minore seguito riscosso da Renato Soru, nella sua duplice veste di politico e imprenditore. La surreale vicenda di un giornale chiuso in sei mesi conferma quanto siano fondate le riserve che la maggioranza dei sardi nutre nei confronti dell’editore di Tiscali, un aspetto di cui il direttore-editore avrebbe dovuto tenere conto se avesse davvero voluto imprimere un cambio di rotta. E invece le pagine di Sardegna24 sono rimaste vetrina per i soliti noti. Carlo Mannoni, Massimo Dadea, Maria Antonietta Mongiu, Gianvalerio Sanna e Sandro Broccia sono tecnici ed intellettuali di sicuro valore, ma la loro presenza sistematica ha offerto l’immagine di un giornale ridotto ad house organ della giunta Soru. E certe posizioni radicali, quando non tirate per i capelli, hanno nuociuto parecchio alla credibilità del prodotto.
Vale sempre, in aggiunta, il vecchio detto secondo cui non si possono fare le nozze con i fichi secchi. Una dozzina di redattori con contratti a tempo – di cui la metà assunti come praticanti – si sono cimentati nei primi due mesi nellì’impresa folle di confezionare un giornale a 56 pagine, lavorando a ritmi impossibili e senza mai chiudere le pagfine prima delle undici e mezza di notte. La progressiva riduzione della foliazione e la maggiore dimestichezza nell’uso del sistema editoriale ha poi reso più ragionevoli questi tempi di produzione, ma la stanchezza e l’impossibilità per i giornalisti di mettere il naso fuori dalla redazione hanno rapidamente inaridito il giornale: i contenuti devono essere la sintesi finale di ciò che il giornalista apprende andando in giro per il mondo, non solo un lavoro nato a tavolino dalla consultazione di agenzie e dalle telefonate alle solite fonti istituzionali. I lettori se ne sono accorti e il giornale è precipitato nelle vendite.

Ecco, le vendite. Gli ultimi dati ufficiosi dicono che Sardegna24 sarebbe sceso sotto quota mille copie, lontanissimo dalla soglia delle 5400 che avrebbe rappresentato la linea di galleggiamento per pareggiare costi e ricavi. Se un giornale non vende, di chi è la colpa? Non credo di quel praticante licenziato durante il periodo di prova e della collaboratrice a progetto liquidata via mail.
Un’ultima considerazione. Quanto la crisi del quotidiano fosse grave lo si era capito già dai primi mesi, tanto che già a novembre si era arrivati ad un passo dalla chiusura. Eppure, da componente del comitato di redazione di cui ho fatto parte, posso testimoniare della determinazione con cui si è puntualmente impedito al sindacato dei giornalisti di mettere naso dentro la redazione. Il presidente Birocchi non ha mai potuto mettere piede nella sede di via Maddalena e il primo esponente del direttivo dell’Assostampa ad entrarvi è stato il collega Paolo Paolini, però due ore dopo l’annuncio sulla cessazione delle pubblicazioni.
La nave stava affondando ma nessuno chiedeva soccorso. L’unico vero complotto della brevissima storia di Sardegna24 credo sia stato questo.

31-01-12, da: http://francescogiorgioni.blogspot.com/2012/01/perche-ha-chiuso-sardegna24-perche-non.html

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Redazione SANATZIONE.EU

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    1 Commento

    • Mi permetto un commento a riguardo della disfatta di “Sardegna24″. Sono un convinto sostenitore del Nazionalismo Sardo e milito da sempre ed attivamente in partiti e movimenti che a questo sentimento sono legati. Nulla da spartire quindi con l’attuale maggioranza Regionale.Eppure ho trovato assolutamente ingiustificati gli attacchi sfegatati, gratuiti e violenti da parte del quotidiano in questione, contro l’Amministrazione Regionale e in particolare su due questioni: la “flotta Sarda”, per la quale sin da subito si gridò che era un flop ancora prima di nascere e che serviva solo a dare visibilità al Governatore e ai due Assessori, Crisponi e Solinas, facendo quasi sospettare una sorta di “tifo” nei confronti del Sig. Onorato e dei suoi prezzi folli! L’altra questione riguarda l’aggressione che un’anziana donna di Oliena subì nella sua abitazione e alla quale, dopo percosse e violenze allucinanti, venne sottratto il suo antico costume tipico! In quella occasione, il Governatore Capellacci, andò (a mio avviso doverosamente) a visitare la Signora (Paolina Unali) e a nome di tutti i Sardi gli regalò un bellissimo fazzoletto ricamato con seta e filo d’oro tipico della tradizione di Oliena! Anche per questo gesto, ci fu un attacco insensato e si sbattè in prima pagina la presunte “faziosità” del Presidente e anche in quella occasione venne accusato di averlo fatto solo per mettersi in mostra! Da quel giorno io non acquistai mai più quel giornale e lo giudicai effettivamente fazioso. Penso che la Flotta Sarda, al di la di tutto, sia stata una risposta decisa e forte da parte di un Popolo stanco di essere preso per i fondelli da Stato e nuovi “Barones” del mare e anche se ancora non è tutto perfetto, intanto è stata fatta!! Così come penso che quello della visita e del regalo a “tzia Paulina” da parte di Capellacci sia stato un bel gesto di premura e gentilezza. Secondo questi signori allora, ogni cosa di positivo che l’attuale Amministrazione Regionale faccia, lo fa non per senso di dovere e perchè bisogna governare e amministrare, dare risposte e risolvere problemi ma solo mettersi in mostra. Che siano problemi di natura economica o che siano problemi di natura ambientale o altro. Con questo tipo di impostazione e di informazione, basata solo sulla critica e la violenza scritta, i giornali non si vendono! Antoni Putzu

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