Energie rinnovabili: che fare in Sardegna? Ne parliamo con l’ing. Borrielli

La transizione energetica della Sardegna è uno dei temi più dibattuti nell’isola.

Possiamo rinunciare subito alle fonti tradizionali? Il metano è una scelta sbagliata? Che fonti rinnovabili possono garantirci un valido apporto energetico senza danneggiare la nostra piccola economia? Ma soprattutto: esistono alternative oggi tecnologicamente percorribili o gli ambientalisti non ci raccontano tutta la verità?

Ne parliamo con Giampiero Borrielli, esperto di ingegneria elettrotecnica (Politecnico di Torino).

A cura di Adriano Bomboi.

Andiamo dritti al punto: possiamo rinunciare subito alle fonti tradizionali?

La risposta è si, possiamo rinunciare alle fonti tradizionali per la produzione di energia elettrica. Volendo, si possono tranquillamente sostituire, in Sardegna, i 9.564 GWh prodotti nel 2018 da fonti convenzionali, ma occorre incrementare il numero di pale eoliche e di pannelli fotovoltaici. Questi nel 2018, da dati Terna, hanno prodotto rispettivamente soltanto 1,651 e 709 Gwh, per un totale di 2,360 Gwh, quindi siamo molto lontani dal coprire il gap.

Dunque, al di là dei costi, perché nessuno rinuncia immediatamente alle fonti inquinanti incrementando gli impianti delle rinnovabili?

Il problema si pone per i mesi invernali o, più in generale, quando il sole è assente e il vento è assente, perché occorre garantire la “potenza” necessaria affinché le nostre case, il nostro terziario e le nostre industrie possano funzionare tranquillamente. Altrimenti le conseguenze sarebbero assai pesanti.

In altri termini, il problema non consiste tanto nel produrre “energia elettrica” ma ottenere “potenza” elettrica e “capacità di conservarla” per usarla nel momento del bisogno. La tecnologia attuale non consente di superare questi due ostacoli?

Purtroppo no.
Difatti vi sono attività che necessitano, 24 ore su 24, di energia elettrica, per esempio i nostri ospedali. Qualcuno, mal informato o non disinteressato, risponderà che si possono implementare i sistemi di storage (stoccaggio) per accumulare energia elettrica quando se ne produce in eccesso, ed utilizzarla quando vi è poca produzione. Peccato che, allo stato attuale, nessuno, e dico nessuno, è in grado di dimensionare uno storage in grado di far fronte ai capricci della natura. Non esistono ancora “batterie” con queste caratteristiche né smart grid (reti intelligenti) con una simile efficienza.
Infatti, poiché l’energia elettrica è data dal prodotto della potenza da erogare per il tempo di erogazione e, siccome nessuno sa prevedere il futuro, ipotizzare un giorno, due giorni o una settimana di storage per garantire livelli minimi di servizio elettrico, significa esporre tutta la popolazione, in particolare i più deboli e le imprese, a danni inenarrabili. Anche qui, una pseudosoluzione, a ben pensarci, già esiste, in quanto basterebbe che ogni unità abitativa, ogni utenza del terziario e dell’industria, si doti di un proprio storage, esattamente come già si faceva, in un passato non molto remoto, con l’acqua, quando tutte le utenze avevano il proprio serbatoio sul proprio tetto. E, oggi come allora, se lo storage finisce…

“Potenza” e “storage”, due parole chiave. È chiarissimo, nel breve termine, per eguagliare l’attuale produzione da fonti tradizionali, avremmo bisogno di chilometri di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Ma soprattutto senza la garanzia di ottenere un valido apporto energetico negli inevitabili momenti di necessità. O saremmo già in grado di far volare degli Airbus “green” carichi di passeggeri. È la ragione per cui esperimenti e investimenti simili vengono fatti solo dai Paesi più ricchi, che non rinunciano alle fonti tradizionali; da Paesi naturalmente provvisti di risorse (come l’idroelettrico del Costa Rica), oppure ospitati dai Paesi poveri, che a differenza dei Paesi ricchi non hanno un tessuto produttivo da difendere.
Che alternative possono garantirci una valida transizione energetica nel medio termine senza danneggiare la nostra piccola economia, o nell’auspicio che cresca?

La domanda è fondamentalmente sbagliata, poiché presuppone che esista davvero la possibilità che, da domani, la nostra società possa basare i propri consumi elettrici sul sole e sul vento (innovazione tecnologica dai tempi imprevedibili). L’unica rapida alternativa alle fonti utilizzate, se proprio vogliamo evitare un po’ di inquinamento, consiste nell’adottare una centrale nucleare con quattro reattori di tipologia AP1000. Consentirebbero nuovi investimenti nell’isola e la produzione di tanta energia esportabile (export di cui si occupano tutti i Paesi produttori). Ma questo, lo sappiamo tutti, a tutt’oggi è impossibile anche solo parlarne, visto il clima di ostilità al nucleare che si respira.
Un’alternativa tradizionale è rappresentata dal gas metano, ma la politica ha deciso che è meglio distribuirlo per tutta la Sardegna, e bruciarlo dappertutto, realizzando infrastrutture oggi inesistenti (con inesistenti analisi costi-benefici). Viceversa, si potrebbe bruciarlo in pochi siti ben vigilati e dedicarlo alla produzione di energia elettrica (pratica comunque costosa), onde distribuire quest’ultima tramite le infrastrutture già esistenti.

In conclusione, è bene che i sardi non si facciano sedurre troppo dalle lobby energetiche tradizionali, ma neppure usare come cavie per esperimenti sulle rinnovabili, lasciando in panne i nostri ospedali o le nostre falegnamerie. Probabilmente troppi ambientalisti non si rendono conto di promuovere una servitù in sostituzione di un’altra, i cui interessi sono altrettanto forti.
Tanti sardi tuttavia ignorano che l’isola possiede già una delle più note fonti rinnovabili di approvvigionamento energetico esistenti: l’idroelettrico. A quanto ammonta la produzione derivante da questa fonte e a quanto ammonta la produzione generale di energia della Sardegna derivante da tutte le fonti?

La produzione di energia elettrica da idroelettrico, per tutto il 2018, è ammontata ad appena 511 GWh. Ricordiamoci che l’acqua degli invasi sardi varia anche in base ai periodi di siccità. La produzione totale di energia da tutte le fonti, nel 2018, secondo i dati di Terna SPA, è stata di 12.438,00 Gwh.
Il realismo impone di avere un giusto mix di approvvigionamento, che non può eludere le fonti tradizionali.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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