Urbanistica e turismo: si riaccende il dibattito

Urbanistica e turismo: La Nuova ospita una mia riflessione a cui replica il sindaco di Posada. Sul tema intervengono anche Ruggiu di Confindustria Sardegna, poi Muroni (PA), Maninchedda (PdS) ma anche Mario Puddu del Movimento 5 Stelle, Pietro Pittalis (FI) e soprattutto Renato Soru, padre del Piano Paesaggistico Regionale.

Vediamo i pro e i contro di tutti questi interventi, anche alla luce del bilancio di un decennio di applicazione del PPR: cosa non sta funzionando?

Inoltre: investire in allevamenti di zanzare chiamati “parchi” o stimolare l’insediamento di investitori capaci di catalizzare ampi flussi turistici?

Di Adriano Bomboi.

Il sottoscritto e l’esponente di Confindustria Centro Nord Giuseppe Ruggiu (vicino ad Erriu), non hanno mancato di sottolineare un aspetto fondamentale: esistono vaste aree costiere della Sardegna totalmente prive di strutture ricettive, per non parlare dell’interno dell’isola. Tra le varie spicca ad esempio il vuoto di ricettività della Baronia siniscolese, ma anche la costa che va da Bosa sino ad Arbus, un autentico deserto infrastrutturale e occupazionale.

Il primo bilancio di 12 anni di PPR è eloquente: la normativa regionale ha cristallizzato la struttura dell’industria ricettiva sarda. Chi aveva già alberghi e insediamenti turistici ha potuto lavorare sulla stagionalità dell’offerta, ma perdendo la capacità di ampliare l’offerta stessa a causa di alberghi ormai superati dalla concorrenza internazionale (si tratta di appena 20 Comuni sardi); mentre chi non aveva tali strutture ha subito un pesante danno economico, non solo sul ramo edilizio. Perché non avendo valorizzato le proprie bellezze paesaggistiche ha conosciuto solamente un turismo mordi e fuggi, che non aveva posti in cui pernottare, e che in parte si è orientato verso il mercato delle seconde case in nero (un piccolo flusso turistico che ha comunque aiutato numerose attività commerciali locali).
In breve, ha lavorato bene solo chi aveva già alberghi. Ha lavorato invece poco e nulla chi gli alberghi non li ha visti neppure in cartolina.

Il sindaco di Posada, Tola, che apprezziamo per il suo impegno ambientale, non è probabilmente aggiornato sulle dinamiche del mercato ricettivo ed ha sostenuto che nelle aree costiere rimaste prive di strutture ci sarebbero pochi investitori in quanto queste non garantirebbero più la redditività del passato. L’affermazione è infondata, lo studio presentato quest’anno all’università Bocconi di Milano presso il convegno Hotels & Chains 2018 sottolinea invece la grande ripresa degli investimenti in infrastrutture turistiche in tutta Italia a seguito della crisi (persino Alpitour, Club Med e fondi cinesi sono interessati da tempo a rilevare alcune strutture sarde).
Tra le cause che invece impediscono investimenti nel settore vi sono l’eccesso di vincoli ambientali (spesso non giustificati neppure dai contesti paesaggistici locali), e quindi un eccesso di burocrazia, oltre ad un’eccessiva pressione fiscale (sia statale che locale, tra cui le famose “imposte di soggiorno”). I fatti suggeriscono che non si investe non solo perché gli imprenditori locali “hanno pochi soldi”, ma soprattutto perché gli imprenditori che invece possono permettersi di farlo preferiscono zone gravate meno da impedimenti e imposte, accontentandosi delle eccellenze già presenti.

In altri termini: occorre accedere a più metri cubi dove i metri cubi servono realmente. Non a caso un Comune più piccolo di Posada, Trinità d’Agultu, nel sassarese, si è orientato per sbloccare altri 60.000 metri cubi dal PUC destinati alla grande ricettività.

In Ogliastra infatti i turisti ed il territorio sono cresciuti grazie a resort e villaggi turistici. Perché?
Sono cresciuti perché non hanno investito su allevamenti di zanzare chiamati “parchi” ma hanno capito che solo le grandi strutture sono in grado di pubblicizzarsi e attirare vasti flussi turistici, rendendosi note sia alle compagnie di trasporto con cui lavorano che nel mercato internazionale.

Non è quindi la politica, l’ente pubblico, l’ambiente o la sola compagnia di trasporti a porsi come magnete dell’offerta turistica, ma la grande struttura alberghiera, che agisce in sinergia con tutto il resto.

Tenete ben presente quanto appena detto perché gli ambientalisti sardi affermano l’esatto opposto. Ad esempio Renato Soru sostiene che esistano già troppi alberghi sottoutilizzati e trasporti inefficienti.

In realtà gli alberghi sottoutilizzati, non tutti, perdono visite perché le norme ne impediscono un loro perfezionamento. Mentre i problemi dei trasporti non derivano solo dai costosi oligopoli di Onorato ma anche dal fatto che vettori come Ryanair, senza sussidi pubblici, non possono investire per spostare milioni di turisti da stipare nella locanda con poche camere di “tzia Pippinedda”, ossia il mitologico albergo diffuso di cui si favoleggia da oltre un decennio.
Ecco perché, nonostante tutto, a differenza di Alghero, il sistema turistico gallurese lavora in perfetta sinergia con scali portuali e aeroportuali in ottimo stato di salute.

Il secondo dato espresso da 12 anni di PPR è altrettanto eloquente: oggi sappiamo che 20 Comuni sardi dotati di grandi alberghi e resort sono quelli che da soli attirano il 79% del turismo sardo, oltre dieci milioni di presenze.
Nel 2005 Soru disse che il nuovo PPR avrebbe sviluppato l’albergo diffuso, oggi continua a dirlo. I dati lo smentiscono e mostrano che il piano è totalmente fallito: il turismo ha continuato a concentrarsi nelle poche aree provviste di strutture, mentre l’albergo “diffuso” si è sviluppato prevalentemente negli stessi 20 Comuni pubblicizzati dai grandi alberghi, che sono stati quindi integrati da piccole unità ricettive locali (come ad Orosei).
Nel frattempo tutte le seconde case vuote sono rimaste tali. Sia perché i titolari non sono interessati ad investire nel settore, men che meno oltre l’estate; sia perché gli investitori del settore non hanno interesse a spendere soldi per piccole strutture incapaci di competere nei grandi flussi turistici. Financo inserite in paesini caratterizzati da orripilanti panorami di edifici privi di intonaco, con blocchetti a vista, e privi dei più elementari servizi agli utenti, come piste ciclabili e bagni pubblici.

Ma, cosa ben più grave, Soru continua a sostenere che le zone prive di alberghi dovrebbero continuare a rimanere tali.

In tutto questo scenario abbiamo altri quattro politici ondivaghi, dalle idee solo parzialmente condivisibili:

- Anthony Muroni (Progetto Autodeterminatzione), pare essersi aperto ad una posizione neutra in tema di riforma urbanistica, e benché sia critico su nuovo cemento osserva giustamente che un sistema ricettivo dovrebbe essere coadiuvato da terze infrastrutture di supporto, come depuratori e servizi di smaltimento dei rifiuti. Tutto il restante retroterra argomentativo purtroppo tiene in piedi la solita narrazione pianificatrice e sostenibilista, in cui l’ambiente da solo sarebbe il primo attrattore di visite. Martine Faedda ha invitato Muroni ad una posizione più coraggiosa sui premi volumetrici.

- Paolo Maninchedda (Partito dei Sardi), da buon demosardista, non prende posizione su tifoserie capaci di sviluppare contrasti ma sottolinea un aspetto fondamentale: la necessità di sburocratizzare la materia urbanistica per consentire ai piccoli privati di realizzare interventi di ammodernamento delle proprietà, oggi inutilmente ostacolate dalle leggi. In secondo luogo invita anche a rivivere le aree rurali come in passato, anch’esse precluse da stringenti vincoli ambientalistici. Infine, altro aspetto importante, malgrado non metta in discussione il limite ideologico dei 300 mt al mare (che non equivale a cementificare ovunque), riconosce la necessità di lasciare alle comunità locali scelte che oggi sono state assunte in maniera centralistica dalla Regione.

- Pietro Pittalis (Forza Italia), si pone invece in una posizione singolare. Intervenuto su La Nuova Sardegna del 20 marzo, ha esposto argomentazioni pressoché identiche a Paolo Maninchedda, ma accompagnate da contrarietà a nuove strutture di lusso. Inoltre affermando che solo il centrodestra possa riformare la materia urbanistica in quanto il PD attuale sarebbe diviso (vedere Erriu, promotore della riforma che dovrebbe alleggerire i vincoli; e Soru, la cui posizione ideologica intende svuotare i contenuti di una riforma comunque insufficiente).

- Mario Puddu (Movimento 5 Stelle), presenta la stessa opinione sui piccoli privati esposta da Maninchedda e Pittalis, ma come Pittalis esprime contrarietà a nuovi insediamenti alberghieri di lusso.

C’è da domandarsi se Puddu e Pittalis siano rimasti influenzati da dieci anni di retorica soriana, in cui solo dei piccoli privati, senza grandi investitori privati, sarebbero in grado di risollevare un turismo che rischia di perdere la sfida della competitività internazionale, lasciando pure alla miseria tutte le aree dell’isola prive di strutture.

L’eclissi del terrorismo internazionale si accompagna bene ad una ripresa del settore, al punto che l’Egitto, incurante del dibattito alquanto scadente presente in Sardegna, si appresta a rilanciare il mar Rosso con progetti faraonici. Non ultimo un investimento da 800 milioni di dollari per nuovi alberghi promosso dai sauditi, e capace di sfidare tutte le maggiori mete turistiche del Mediterraneo occidentale.

Forse è il momento di individuare il confine tra romanticismo e pragmatismo.

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