Personaggi improbabili: Ganau e i 70 anni dell’Autonomia

Ganau interviene sui 70 anni dell’Autonomia regionale e dimostra di essere degno erede della cultura che ha prodotto i ritardi socio-economici dell’isola.
Per lui e il suo ceto politico essere un’isola è un limite che lo Stato deve riconoscere per spendere di più in trasporti:

- come se i 70 milioni di euro dati a Tirrenia non siano sufficienti;
- come se i problemi reali derivassero da un’assenza dello Stato e non invece dalla sua eccessiva presenza a danno del mercato causata da fisco, sussidi, vincoli e burocrazia.

Ma all’analfabetismo economico del ceto politico sardo, del tutto assistenziale, si aggiunge anche quello culturale: la specialità dell’isola deriverebbe solo dalla sua condizione geografica e non anche dalla sua storia, dalla sua lingua e dalle sue bellezze artistiche ed architettoniche.

Di Adriano Bomboi.

I 70 anni dell’Autonomia costituiscono un eloquente spartiacque tra l’era in cui l’isola reclamava una specialità su cui esercitare una pur minima parvenza di sovranità e i decenni di epoca repubblicana in cui i sardi, nel bene e nel male, hanno avuto la possibilità di esercitarla.
Ma con quali risultati?

Le parole di Gianfranco Ganau (PD), presidente del consiglio regionale, intervistato da La Nuova Sardegna (26-03-18), ci fanno comprendere appieno tutti i ritardi culturali di un ceto politico, ben rappresentato da Ganau stesso, che ha trasformato l’Autonomia in puro esercizio retorico.

Ci sono dei passaggi chiave per comprendere la portata di questi ritardi. Ad esempio quando afferma:

“Pensiamo alla mancanza di una vera continuità territoriale marittima e aerea per le persone e le merci. Ecco che ancora oggi l’isola vive una condizione di forte difficoltà”.

Ma anche:

“L’insularità è uno dei temi chiave che deve essere affrontato subito”.

Dopo aver letto questo parole pensate solo agli oltre 70 milioni di euro pubblici l’anno che Stato e Regione danno al gruppo di Onorato, armatore di Tirrenia e Moby Lines, per la continuità territoriale marittima, e chiedetevi cos’altro mai dovrebbe fare lo Stato per aiutare i poveri sardi su questo problema.

Cosa non capisce Ganau esattamente di questo contesto?
É abbastanza semplice: la cultura statalista di cui è impregnato è un retaggio dell’analfabetismo economico che attraversa da sempre l’intera politica regionale. Questa “cultura” non si accorge che è proprio l’eccesso di Stato (e di sussidi pubblici) che alterano e annullano la concorrenza a generare costosi e inefficienti oligopoli di mercato.
Ciò li induce a pensare che lo Stato non spenda abbastanza, e che anzi, il mercato sarebbe addirittura più dannoso della loro costante richiesta di assistenzialismo.

Ma la Sardegna non ha bisogno di assistenzialismo, ha bisogno di essere competitiva, ponendosi come attrattore di compagnie di trasporto, compagnie poi capaci di competere tra loro per potenziare i servizi a prezzi competitivi.

La Sardegna ha un fisco ed una burocrazia asfissianti, oltre a norme ambientalistiche che oggi impediscono persino la costruzione di nuovi e spaziosi alberghi, ma per Ganau il problema principale sarebbe farsi riconoscere dallo Stato un principio giuridico fittizio: quello dell’insularità. Come se la Costituzione non riconoscesse già pari dignità formale di accesso ai diritti per tutti i territori.
Così si finisce per credere che i problemi sostanziali non derivino dall’assenza del mercato ma dalla presunta assenza dello Stato, già ampiamente presente, a cui si chiede addirittura un’ulteriore prova formale di tale impegno, per poi incrementare il piagnisteo rivendicazionista.

Pensate se l’Inghilterra nel corso dei secoli avesse chiesto aiuto sui trasporti agli Stati del vecchio continente: le isole britanniche non avrebbero mai costruito un impero di dimensioni globali.
Per la politica sarda invece essere un’isola è un limite, e al posto di cercare le ragioni dei ritardi economici nel diffuso analfabetismo economico, lo si cerca in problemi fittizi, inseguendo soluzioni campate per aria.

Persino gli indipendentisti di Autodeterminatzione cascano sullo stesso ritardo culturale, chiedendo che lo Stato si faccia carico delle spese per i trasporti.
Forse oggi non se ne fa già carico?
E che indipendentismo è quello che pretende di farsi pagare le spese da un’istituzione da cui vorrebbe affrancarsi?

Ma il corto circuito di Ganau è ben più grave quando si tocca il tema dell’identità e quindi della cultura che caratterizzerebbe la specialità della Sardegna.

Pensate a quando afferma:

“Io ho anche firmato per il referendum che chiede il riconoscimento di insularità. Credo che il tema identitario vada portato avanti. L’essere isola condiziona il nostro sviluppo”.

Per Ganau la Sardegna non ha storia, lingua e neppure peculiarità artistiche e architettoniche. L’essere sardi si basa solo sul vivere in un’isola.

Inutile commentare ulteriormente queste parole, in un Paese civile avremmo ben altri politici alla guida della massima istituzione consiliare di un’Autonomia.

Della sua intervista possiamo condividere solo i passaggi in cui riconosce alcuni benefici passati dell’Autonomia e l’esistenza di alcuni gap, come la mancata infrastruttura per la distribuzione del metano (tema però connesso alla scarsa competitività economica della Sardegna, non in quanto isola ma in quanto vessata da eccesso di statalismo che impedisce gli investimenti).

Insomma, lasciamo Ganau e i suoi amici al loro mondo costellato di sventure bibliche per esser nati isolani, e concentriamoci sulla creazione di un moderno indipendentismo di governo.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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    1 Commento

    • **due considerazioni, fondamentali, per una sola concreta risposta**

      Caro Bomboi, mi si è accapponata la pelle nel leggere le tue precisazioni riguardo assurde dichiarazioni negative, di quella parte, sì tanto ignorante del proprio AUGUSTO PASSATO, che compone la politica sarda che tu citasti!
      SARA’ BENE CHE ESSA IMPARI, FINALMENTE, che PROPRIO la condizione geografica di «ISOLA»: SEMPRE, PERMISE ALLA SARDEGNA di PRIMEGGIARE su tutto il mondo circostante PER TANTISSIME MIGLIAIA DI ANN! Proprio la meravigliosa condizione di ISOLA che contraddistinse la propria TERRA, permise ai SARDI della più antica antichità, DI RENDERE IL MARE SIMILE AD INFINITA RETE AUTOSTRADALE ATTRAVERSATA CONTINUATIVAMENTE DALLO EFFICIENTISSIMO LORO NAVIGLIO CHE LI ANDO’ TRAGHETTANDO IN TUTTO IL MONDO CONOSCIUTO ED IN QUELLO DA ESSI DISCOPERTO!
      Prego: chiedere lumi ad Erodoto e Pausania! Insomma: CHE STUDINO! ACCIDENTACCIO!
      Vedi, caro Bomboi, sono ormai anni (molto dopo la trista serie negazionista inventata a danno della Sardegna dal Lilliu Baruminensis, che fece scuola!), circa otto, che vedo i più rinomati “studiosi resisi di cartapesta per interessi di parte”, delle più grandi università ed istituzioni culturali di primo livello sarde ed internazionali RIPETERE, QUAL CANZONCINA IMPARATA ALL’ASILO (infatti in ciò che recitano, ch’è infarcito di falsità, non v’ha mai alcunché di scientifico), che la Sardegna ed i Sardi siano stati sempre ISOLATI fino a 7.700 anni fa! Accidentaccio qual madornale scemenza! E ad essi rivolgo l’accorata raccomandazione destinata ai primi: CHE STUDINO! ACCIDENTACCIO!
      Per il vero, ho sempre creduto riguardo questi appena citati, che quello loro fosse desiderio, certo criminale [MA CAMUFFATO DA FINI PSEUDOCULTURALI], che tentasse di nascondere, oscurare, il passato della TROPPO GRANDE dominanza culturale ed imprenditoriale esercitata «manifestamente», da quella Sardegna che precedette l’anno zero della nostra era di almeno 15.000 anni! Perché la verità venuta a galla nel mare dei nascondimenti Lillieschi, era TALMENTE SCONVOLGENTE da non poter essere accettata nel timore di dover riscrivere, almeno, tutta la Storia di Mediterraneo, Europa e Mezzalunafertile! E credevo, nella mia ingenuità di vero ricercatore indipendente, che il tutto (benché di grande portata) fosse circoscritto a semplici beghe culturaleggianti!
      Invece, nel leggerti, mi balenò il sospetto [stante l’aberrante assurdità di quella disposizione mentale che definirei “della politica che raccoglie le briciole di sotto il tavolo”, la quale vorrebbe macchiarsi dell’onta di FARSI PAGARE PER ESSERE ISOLA] che i politici in discussione abbiano fatto copia/incolla della canzoncina degli pseudostudiosi di cui sopra!
      - «L’insularità, secondo gli studiosi resisi volontariamente cartapestati», portò in Sardegna 7.700 anni fa, «agricoltura e pecore»! Pensate un po’, PROPRIO IN SARDEGNA! Poveri! Poveri essi!
      – «L’insularità, secondo i politici copincolla», porterà in Sardegna, forse, una più grande elemosina! Alla cui creazione dovranno contribuire anche i Sardi! Poveri! Poveri loro, i copincolla, che davvero paion distinguersi per “analfabetismo economico”, come tu affermi!
      Il punto è: IO DA SARDO, NON VOGLIO UNA neanche piccola ELEMOSINA!
      IO, DA SARDO, MI VOGLIO GUADAGNERE MERITATAMENTE, «PERCHE’ SONO IN GRADO DI FARLO», UNA QUANTITA’ DI DANARO LA PIU’ GRANDE POSSIBILE! Nel caso ciò fosse scopo di questa mia vita che sto vivendo in questo tempo!
      Ed ecco che s’incontrarono i progetti degli studiosi di cartapesta con quelli dei politici di sotto il tavolo! Come si dice, Dio li fa? Ma, forse quivi intravvedesi la mano del diavolo!
      MA, nonostante il tristo sodalizio, PERDETTERO ENTRAMBI! Ammetto, con goduria non celata!
      * – gli studiosi di cartapesta, perché ESSI STESSI (altroché poveri!) ebbero a dimostrare che I SARDI STESSERO ESPORTANDO NELL’EUROPA TUTTA: DALLA SVEZIA, ALL’IBERIA, ALL’AUSTRIA, ALL’UNGHERIA, ALLA GERMANIA, ALLA BULGARIA, PECORE E AGRICOLTURA DA BEN PRIMA DI 10.000 ANNI FA! E quindi l’idea folle (di cartapesta, appunto) di inventarsi la venuta dei fantasmi in Sardegna a vendere ciò che i Sardi avevano già da sempre, andò incontro ALL’ABORTO PIU’ DOLOROSO! Bruciando la stessa cartapesta!
      * – i politici sardi di sotto il tavolo, perché a me, SARDO, la possibilità di viaggiare gratis per andare o tornare dal continente, non porterebbe alcun VALORE AGGIUNTO alla esistenza di sotto occupato o disoccupato! E qui, caro Bomboi, NECESSARIAMENTE, mi rifaccio ad un fatto reale che discuto «di sovente» con gente di Sardegna che lavora quotidianamente la terra! Faccio mie le loro parole! Eccovele, per te e per il Politico Attento, sistemate in appello in prima persona:
      IO, voglio essere messo in questa condizione: ciò che «ONESTAMENTE!» produco DI PRELIBATO ED ORGANOLETTICAMENTE ECCELLENTE nel mio più o meno esteso orto che ho in affitto, MI VENGA ACQUISTATO AI MERCATI GENERALI, nel qual luogo son solito portare in vendita «a modico prezzo» la mia eccellente mercanzia! INVECE, ORMAI, QUELLI COME ME ED IO STESSO, STIAMO MORENDO DI FAME PERCHE’ VENGONO PREFERITE LE MERCI, «NON BUONE COME LE NOSTRE», MA OVVIAMENTE PIU’ APPETIBILI ECONOMICAMENTE, CHE «VENGONO DAL DI FUORI ANCHE IL PIU’ LONTANO, IN CUI LA LETTERATURA DICHIARA NON SIANO RISPETTATE LE “ELEMENTARI” NORMATIVE DI SICUREZZA PER LA NOSTRA SALUTE»!
      Al punto che SOLTANTO LE NOSTRE, “NON ACCETTATE MERCI”, RIMANGONO A MARCIRE INVENDUTE NEL MERCATO! IN QUESTO MODO FACENDOCI CREPARE GIORNO DOPO GIORNO! NEL CUORE E NEL FISICO!
      Ecco, caro Ganau e cari Amministratori con potere d’intervento, invece di esercitarvi in quei puri esercizi retorici (cui accenna il Bomboi) ATTI SOLO AD INGRASSARE IL FORESTIERO:
      SIETE VIVAMENTE PREGATI, DA TUTTI GLI OPERATORI SARDI SENZA PROTEZIONE, DI OCCUPARVI DELLA GLOBALITA’ DEI SARDI CHE TENTANO DISPERATAMENTE DI LAVORARE A CASA LORO!
      Accidentaccio, caro Bomboi! Ora faccio mia la tua affermazione!
      «QUESTO SI’, CHE E’ VERO ANALFABETISMO ECONOMICO»!
      Finalmente ho APPIENO COMPRESO il senso più profondo e doloroso della tua clamorosamente veritiera locuzione: SIAMO IN PIENA ERA DI Analfabetismo Economico perpetrato a danno dei Sardi!
      Caro Lettore Attento! Come vedi, analizzando banalmente due fatti in apparenza distanti anni luce, quasi in automatico si è manifestata una significativa parvenza di peccaminoso sodalizio fra poco efficienti pensatori: Studiosi di Cartapesta ed Analfabeti Economici!
      mikkelj

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