Cultura – L’identità sarda è determinata solo dalla lingua?

Di Adriano Bomboi.

Il linguista Roberto Bolognesi sostiene che l’unico elemento che conferirebbe una diffusa identità dei sardi è rappresentato dalla lingua. Mi trovo d’accordo.

Implicitamente però, sostiene che una lingua sia l’unico elemento capace di conferire una identità (notare bene: nazionale), ad una comunità stanziata su un dato territorio. Non mi trovo d’accordo.

Perché?

Perché la teoria è priva di evidenze empiriche. Se fosse vera i brasiliani si sentirebbero portoghesi, gli austriaci tedeschi, gli statunitensi inglesi, la plurilingue Svizzera non esisterebbe, e via discorrendo.

Il motivo per il quale si sono sviluppate nuove identità risiede anche in altri fattori storici, politici, geografici, fiscali, e dunque, in linea generale, ideologici. Ciò avviene perché l’identità nelle scienze sociali ha una sola caratteristica: l’alterità. Essere diversi da terzi implica il riconoscersi in una serie di valori e di interessi condivisi che si differenziano e/o entrano in conflitto con quelli altrui. Questo costituisce la base ideologica del nazionalismo, il quale si serve di fattori naturali o culturali già esistenti, come la lingua, o inventandone di nuovi (se necessario, anche rispolverando la storia antica del proprio territorio, che nulla ha a che vedere con la popolazione contemporanea dello stesso). La dinamica del nazionalismo rispecchia l’essenza stessa della politica: il conflitto (vedere dicotomia amico/nemico introdotta da Carl Schmitt). Per i lettori non esperti di politologia specifico che “conflitto” non è sinonimo di “guerra” nel senso convenzionale del termine, ma di “contrasto” fra due soggetti che si fanno portatori di interessi diversi. Infatti non sempre il nazionalismo ricorre alla guerra ma anche alla democrazia, usata come strumento di risoluzione della controversia. Pensiamo al referendum tenutosi in Scozia che aveva come oggetto la richiesta di indipendenza da Londra.

In altri termini, nel momento in cui Bolognesi sostiene la lingua come unico ed esclusivo fattore di alterità culturale dall’Italia, alimenta una delle varie tipologie di nazionalismo sardo possibili. Stessa dinamica in cui incorse Franciscu Sedda, quando sosteneva un sedicente e confuso indipendentismo “non nazionalista” ma sventolando una bandiera giudicale scomparsa da secoli. Vi è poi chi sostiene l’indipendenza per soli fattori economici ma soprattutto per entrambi i fattori: culturali ed economici, però, nel mondo, non sempre linguistici.
Orientarsi per l’una o l’altra forma di nazionalismo è solo una scelta ideologica che attiene alla volontà dei singoli individui di una comunità.

L’identità dunque, come sostengono anche Judith Butler e, particolarmente, Henri Tajfel, ed ultimamente Elizabeth Reid, equivale alla costruzione di una casa che può essere modellata secondo diversi stili architettonici. Stili plurimi, non sempre statici nel tempo e nello spazio.

Dagli anni Sessanta esiste inoltre una classe di studi che si è specificatamente occupata dei problemi posti da Bolognesi, è il filone del “colonialismo interno”. Sostenuto, fra i vari, da Michael Hechter. Nonché il filone della “teoria della dipendenza”, sviluppato dal sociologo di orientamento marxista Andre Gunder Frank.
Tuttavia nella scienza politica esiste un ulteriore ed efficace intuizione che ha saputo identificare la base del sentimento nazionalista, è il “cleavage”. Introdotta da S.M. Lipset e Stein Rokkan nel 1967 (citata anche nel mio libro), suddivise il campo dell’interesse politico in quattro fratture storiche fondamentali, e di queste, quella che ci interessa in questa sede è quella denominata “centro/periferia”. Tale intuizione esprime la differenza di interessi di una periferia che sviluppa esigenze diverse da quelle esposte da un determinato centro istituzionale. La periferia tende a configurarsi come nuovo epicentro di interessi. In realtà, già da secoli gli autori liberali avevano segnalato i problemi derivanti da una espansione del governo centrale a danno della sfera individuale (pensiamo a Locke, Tocqueville e Constant). Oggi sappiamo che la tendenza all’espansione ed alla centralizzazione manifestata dallo Stato contemporaneo tende a comprimere anche i diritti delle minoranze, siano essi linguistici, culturali ed economici (non a caso si tratta di una delle problematiche più trattate dagli autori liberali e libertari contemporanei, come i neo-austriaci, che in Sardegna i nostri mediocri intellettuali progressisti non conoscono).

Bolognesi interpreta la lingua sarda come nuova “periferia” in quanto la lingua è l’unico elemento distinguibile che differenzia i sardi dagli italiani. Ciò non significa tuttavia che, sul piano politico e culturale, questa caratteristica debba essere esclusiva. Infatti abbiamo anche indipendentisti a cui della lingua sarda non importa nulla.
Chi ha ragione? Tutti e nessuno. L’ideologia ha un semplice valore prescrittivo, non analitico. Per un motivo molto semplice: nel primo caso, gli indipendentisti che non si curano del maggior strumento di identificazione culturale di una comunità compiono un duplice delitto, culturale e politico. Culturale, perché non hanno la sensibilità di tramandare un patrimonio linguistico e letterario. Politico, perché non comprendono che la lingua è il più formidabile strumento di rivendicazione politica dei diritti civili, che possono fungere da base di quelli economici.
Nel secondo caso, sbaglia chi pensa che il benessere della comunità sia geometricamente legato alla sola valorizzazione linguistica, ponendo in secondo piano tematiche fondamentali come l’economia, nella vita dei singoli e della comunità.
Sono opinioni, e nel contesto sardo probabilmente abbiamo bisogno di un approccio organico. Poiché l’identità non si manifesta unicamente nell’esercizio del suo bagaglio di azioni e nozioni, ma anche semplicemente nel pensiero: e quindi, come ogni emozione, non è suscettibile di misurazioni o accorgimenti empirici (ved. W. Connor, 1995).

In conclusione, l’identità sarda è determinata solo dalla lingua? No, ma ne è il caposaldo essenziale per la sua esistenza. I sardi hanno una storia profondamente diversa da quella di irlandesi e scozzesi che prediligono la lingua inglese.

Per scoprirne i pregi politici ed economici rimando al capitolo 2 del testo L’indipendentismo sardo. Le ragioni, la storia, i protagonisti” (Condaghes, 2014), curato dal sottoscritto. L’unico libro esistente che in Sardegna ha cercato di argomentare l’utilità strumentale della lingua in chiave giuridico-politica.

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