La fesseria di Beppe Grillo sull’abolizione delle Regioni

Nel nuovo V-Day di Genova Beppe Grillo si sarebbe allineato ad una proposta che da tempo ha preso piede anche in qualche editorialista del Corriere della Sera e nei classici centralisti romani, ma che fortunatamente nei suoi sette punti non compare. Di cosa si tratta? Di abolire le Regioni. Secondo alcuni elettori di Grillo, in particolare, bisognerebbe abolire quelle a Statuto Autonomo. Prendiamo quindi due pareri dal blog del comico, il 18 luglio 2012 Cosimo Antonio Gervasi dichiara:

“Oggi la stampa si occupa della regione Sicilia e di come è stata gestita dai partiti con un buco di bilancio che alcuni dicono ammonta a 21 miliardi di euro. Cosa aspettano a mettere in carcere tutti, chi per responsabilità diretta chi per non aver denunciato le truffe. Quando aboliranno gli statuti speciali? Mettiamo nel programma l’abolizione delle regioni a statuto speciale per eliminare disparità, disuguaglianze e privilegi tra i cittadini italiani”.

Il 30 agosto 2013 così si esprimeva Giovanna Rezzoagli Ganci:

“Anche se sarà necessario toccare la Costituzione, facciamolo. Abolire le Regioni a Statuto Speciale significa rendere tutti i cittadini italiani uguali davanti al fisco soprattutto. Sono anacronistiche, dopo la reazione dell’UE; rappresentano una fonte di dispendio enorme per le disastrate economie del Paese. Sono un retaggio di un passato morto e sepolto”.

Riassumendo, per il signor Gervasi gli Statuti Autonomi costituirebbero “privilegi e disuguaglianze” fra cittadini, mentre per la signora Ganci sono “il retaggio di un passato morto e sepolto”. E’ chiaro che gli autori di questi ragionamenti, per quanto siano in buona fede, ignorano profondamente le ragioni economiche e culturali che diedero vita al regionalismo italiano. Da questi luoghi comuni infatti emerge la pericolosa tendenza a considerare le minoranze linguistiche, tutelate dalla Costituzione, “dei retaggi del passato”. Probabilmente diversi elettori grillini vorrebbero addirittura portare a termine il lavoro iniziato da Mussolini nella criminale eradicazione delle singole sensibilità identitarie e culturali varie, assimilate dal nazionalismo ottocentesco che ha prodotto l’Italia unita. Il che è paradossale per un movimento che ha chiare connotazioni progressiste, e con un leader che in Sardegna ma anche in Sudtirol ha avuto modo di conoscere le tematiche che alimentano l’autonomismo sparso nel territorio della Repubblica. Le Autonomie esistono perché non possono esistere ricette di politica fiscale ed economica identiche in territori a differente vocazione economica, così come non si può pretendere l’assimilazionismo linguistico/culturale verso l’italianità di popoli storicamente diversi e trovatisi a far parte dell’Italia unita. Esercitare la propria autonomia significa esercitare non solo una serie di diritti civili, ma anche quello primario ad esistere, che non riguarda il passato, ma il presente e il futuro. E si tratta di un concetto irrinunciabile persino nel Diritto Internazionale.
Oggi ben ¾ dell’Europa sono federali, giustificare la volontà di abolire le Regioni solo sulla base della delinquenza diffusa dei partiti italiani e dei loro abusi nell’utilizzo del denaro dei contribuenti non giustifica l’abolizione di una istituzione democratica. Istituzione che in assenza di vera sovranità si pone come l’ultimo baluardo contro la tirannia dello Stato centrale. Perché non dimentichiamolo, in Sardegna lo Stato è quello che ha posto sotto embargo l’isola nei trasporti, è quello che supera il 65% di pressione fiscale sui fatturati delle nostre imprese, ed è quello che tiene in ostaggio cittadini e imprenditori con la sua oligopolistica gestione del settore energetico. E la lista potrebbe continuare a lungo. Essere Sardi, Veneti (pur non autonomi), Sudtirolesi ed altro, non è un privilegio per sentirsi “italiani speciali”, è un diritto ad esistere in quanto tali.
Grillo se la prenda pure contro Napolitano e contro le Province, a patto che stimoli il dibattito sul rafforzamento dei poteri dei Comuni. E se veramente vuole rendersi utile, torni in Sardegna a parlare di sovranità e di indipendenza, non di ulteriore sudditanza allo Stato.

Adriano Bomboi.

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