Polanski porta Blair al cinema, Blair risponde in libreria. E gli USA? – I. Video

Trailer “Ghost writer” – 01 Distribution, UK 2010 (Wmv). Buffering…

Il mondo si sà, è pieno di coincidenze e casi fortuiti. Nella società contemporanea, capita ormai abitualmente di trovare il cinema (ma anche internet) come sostituto di una critica al potere che un tempo era esclusivamente riservata alla satira od ai prestigiosi salotti delle maggiori testate giornalistiche.
E così, l’errore contestato da una parte della società al potente di turno, assume direttamente i connotati del personaggio criticato, “attore” della sua vita politica.
E’ il caso di Pierce Brosnan, chiamato ad impersonare una figura del tutto simile all’ex premier britannico Tony Blair.
Il film, diretto dal controverso Roman Polanski, riprende la trama di “Ghost writer”, un best-seller dello scrittore Robert Harris.
Fin quì niente di strano, se non fosse che Polanski è reduce da una brutta vicenda giudiziaria nella quale il suo passato risulta macchiato da un abuso sessuale avvenuto nel 1977 a Los Angeles.
Finite le riprese di “Ghost writer”(in Italia intitolato “L’uomo nell’ombra”), Polanski viene fermato in Svizzera dalle autorità di Zurigo in base ad un mandato di cattura internazionale emesso dagli Stati Uniti per saldare il conto in sospeso con la Giustizia.
Alla fine l’estradizione non verrà concessa a causa di un vizio di forma ed il reato resterà impunito.
Ma dov’è il problema?
Nelle singolari coincidenze tra la tempestività di tale arresto (comunque meritato), la trama del film, l’uscita della biografia “politica” di Tony Blair, ed un’altra vicenda analoga successa qualche tempo fa nel dibattito statunitense sull’Afghanistan.
Il 25 luglio 2010, l’organizzazione internazionale che sostiene il sito “Wikileaks” (specializzato nella diffusione di documenti riservati, più o meno attendibili), compie un’altro passo verso la notorietà mondiale dopo aver diffuso materiale secretato del Pentagono circa l’andamento della guerra in Afghanistan.
Tale materiale, ceduto a testate giornalistiche come il New York Times, il Guardian e il Der Spiegel, sottolinea il doppio gioco del Pakistan e la cui intelligence, se da un lato è alleata dell’occidente, dall’altro finanzierebbe i gruppi talebani opposti alla NATO. Ma non solo, le carte descriverebbero anche le responsabilità USA nella costituzione di specifiche unità militari deputate all’uccisione indiscriminata dei talebani; il tutto unito ad una serie di rapporti che manifesterebbero un generale quadro di declino delle azioni del contingente NATO e della sua efficienza nel preservare la stabilità dell’area.
Ad una critica della conduzione militare della Casa Bianca ci aveva già pensato il Generale McChrystal dal posto meno ortodosso possibile, con un’intervista nel magazine di musica, politica e cultura di massa “Rolling Stone”. Circostanza che costò le dimissioni al capo delle Forze Armate nello scacchiere Afghano. Altri magazines invece sono tutt’ora occupati nel sottolineare quanto al Pentagono stiano pensando di reclutare videogiocatori di Playstation per manovrare i nuovi droni senza pilota da impiegare al fronte, con tutti i risparmi che ne conseguono (Fonte: Foreign Policy, Washington Post 27-08-2010).
Ma se un generale può essere rimpiazzato senza particolari problemi, nell’ambito della cultura e dei media la partita si gioca su altri elementi, tra cui l’antipatriottismo per la sicurezza degli uomini al fronte.
Eppure al fondatore di Wikileaks Julian Assange è successo altro: “reo” di aver diffuso notizie per la verità già note, è stato accusato di stupro dalle autorità svedesi. Non prima che l’intelligence australiana avvisasse lo stesso Assange di una manovra “nell’aria” per screditare il suo lavoro di divulgazione online dei documenti dell’Esercito USA.
In sintesi, coincidenze o meno, la Giustizia ad orologeria, per quanto opportuna nel momento in cui si rivelassero fondate le accuse, ci presenta un contesto internazionale nel quale l’uso strumentale della Magistratura per fini politici in occidente non sembra essere solo un’esclusiva del “made in Italy”. Un fenomeno capace di travalicare parecchi confini.
Ma di cosa parla il “Ghost writer” portato sul grande schermo da Polanski?
Non è altro che la sceneggiatura di un luogo comune, reale o presunto (ma comunque romanzato), secondo il quale il Regno Unito avrebbe sacrificato una discreta dose dei suoi interessi in politica estera, ormai coincidenti con quelli nord’americani. Una estremizzazione dell’atlantismo che, nella trama, ci mostra un ex premier britannico (Pierce Brosnan, alias “Adam Lang”), accusato di lavorare direttamente per gli Stati Uniti dietro il paravento della lotta al terrorismo globale.
Una trama che si sviluppa attorno allo scrittore (Ewan McGregor) incaricato di terminare la biografia del politico, il quale, a poco a poco, porterà alla luce una serie di scoperte compromettenti per lo statista, per il ruolo del Patto Atlantico sopravvissuto alla fine del bipolarismo, nonché per se stesso.
Una trama che coincide con l’uscita nelle librerie (questa volta reali) del testo intitolato “Un viaggio” di Tony Blair, i cui capitoli parlano della sua difesa dell’interventismo in Iraq; della sua concezione del nuovo laburismo inglese, da vivere superando le vecchie dicotomie “destra-sinistra” tradizionali; della riforma sanitaria; del Kosovo; delle complesse trattative seguite agli “accordi del venerdì santo” per la pace in Irlanda del nord, e della trafila di giudizi ed aneddoti, spesso storicamente irrilevanti, su personaggi e situazioni incrociate durante le sue legislature al numero 10 di Downing Street.
Nonostante le critiche irlandesi al libro ed i contenuti del film sceneggiato da Robert Harris, il numero di vendite porta già a parlare di best-seller e si annunciano parecchie ristampe.
Potenza della pubblicità. Inclusa quella giudiziaria e cinematografica.

Di Corda Marco e B. Adriano.

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    1 Commento

    • Complimenti per non esservi fatti sfuggire il vero senso del film che però, secondo me, è allargato al rapporto tra governo e governo occulto. La reazione ritardata contro Polansky a mio avviso accredita alcune linee di pensiero bollate, forse con troppa fretta, come complottiste.

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