Zona franca? Tema che merita serietà

 

Pubblicato sul quotidiano La Nuova Sardegna in edicola il 23 giugno 2013:

Doverosa una replica a Pietrina Chessa (PdCI) per il suo intervento in materia di zona franca apparso su La Nuova del 19-06-13 .

Non ci sono dubbi, l’azione intrapresa da Cappellacci e da vari comitati su questo strumento di rilancio dell’economia si colloca nel quadro della campagna elettorale per le prossime regionali, spesso illudendo tantissimi sostenitori sulla sua effettiva praticabilità. Eppure, altro errore sarebbe anche quello di liquidare la zona franca come frutto di fantasia. Proprio la letteratura in materia, l’azione politica internazionale e la legislazione corrente ci indicano come possibile l’adozione di punti franchi nell’isola. In Europa e nel mondo tante zone franche coesistono ad altre di nuova generazione, e ad altre annunciate. Ad esempio, pensiamo alle ventuno presentate dall’attuale Governo Cameron nel Regno Unito, sul solco del successo di quelle ottenute durante l’era Thatcher. Dobbiamo infatti tenere conto delle varie tipologie di zona franca esistenti, le quali si pongono obiettivi di defiscalizzazione che non riguardano solo i consumi ma anche la produzione, nonché capacità di deregulation burocratica per favorire l’instaurazione di nuovi insediamenti aziendali, come nell’ambito delle manifatture, della finitura e della trasformazione. Non è un tabù pertanto la volontà di voler ridiscutere con lo Stato e con l’Europa livelli di tassazione che, indubbiamente, date le condizioni di insularità che ci riguardano, incidono in misura maggiore rispetto ai costi presenti nella penisola e nel continente europeo. Possiamo certamente ripartire dai punti franchi, presenti all’art. 12 del nostro Statuto Autonomo regionale, dando seguito al programma di perimetrazione dei principali porti industriali dell’isola, individuati a fine anni ’90, anche grazie all’impegno del sardismo e della Fondazione “Sardegna Zona Franca”. Ad esempio il Porto Canale di Cagliari potrebbe diventare un ottimo hub di smistamento per il bacino del Mediterraneo, relativamente alle merci extra-UE, con le ovvie potenzialità occupazionali che possiamo immaginare. Ma nessun gruppo potrebbe mai pianificare investimenti simili se alle chiacchiere dei nostri amministratori non anteporremo i fatti.
Ciò che è venuto meno in Sardegna non è stato quindi un legittimo sentimento popolare di avversione ad una fiscalità iniqua, ma una regia politica capace di rispondere con serietà e con i giusti percorsi normativi ad esigenze che riguardano da vicino i nostri imprenditori ed i nostri lavoratori. Non vorremmo pertanto che all’approssimazione e al populismo di una parte della maggioranza regionale in tema di zona franca si unisse anche il disinteresse dell’opposizione circa l’avvio di seri studi sul nostro mercato e sull’applicazione di nuove forme di defiscalizzazione mirate alle nostre caratteristiche locali. Da parte nostra, del resto, abbiamo già proposto una riforma dello Statuto Autonomo che contempli persino l’istituzione di un Antitrust territoriale, sul modello di altre autonomie UE, contro le note distorsioni di mercato nel campo dei trasporti e dell’energia che rallentano il nostro sviluppo.

Adriano Bomboi.

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