Chiavi di lettura su inchieste giornalistiche, appalti e sussidi tra politica e fondazioni sarde

Negli ultimi giorni l’isola è stata attraversata da varie polemiche in merito all’uso del denaro pubblico, tra cui i fondi destinati alla Fondazione “Monte Prama” guidata da Muroni, per i festeggiamenti sulla figura della Nobel Grazia Deledda, e verso la Fondazione “San Pietro” di Nuoro.

Giusto a gennaio lamentavo il modesto impegno del giornalismo sardo nel produrre inchieste sul potere e sull’uso delle risorse dei contribuenti (“Quella Sardegna in deficit di liberaldemocrazia”). E la contesa delle ultime ore non ha fatto che confermare, in parte, questo assunto.

Ma qui non si tratta di tirare in ballo i vari protagonisti di queste vicende, tra cui Anthony Muroni, Alessandra Carta, e tanti altri, di cui faremo menzione. Piuttosto, è utile offrire un ragionamento di base ai lettori.
Che cosa significa, in concreto, la responsabilità di vivere in una democrazia matura?

Come ci insegnò Montesquieu, nell’avere una serie di poteri che bilanciano gli altri, e viceversa.
A patto che tali poteri siano anch’essi liberi da condizionamenti di parte. Sfortunatamente, qualche lustro fa, il Nobel per l’economia James M. Buchanan ci svegliò dal torpore della nostra ingenuità, e ci insegnò che, pur in presenza di strumenti formali di controllo del potere, la politica continuerà a trovare coperture legali per un uso clientelare dei soldi pubblici, al fine di perpetuare il proprio potere, garantendosi le condizioni per la rielezione (vedere “Public choice theory”).

L’argomento che trattiamo si trova dunque in una frontiera a cavallo tra il lecito e l’illecito.
Cos’è illecito? Pensiamo all’art. 319 c.p., o all’art. 416 Ter c.p., che colpiscono la corruzione e il voto di scambio per finalità politico-clientelari. Sono strumenti normativi in cui è sufficiente l’accordo e la promessa di offrire soldi pubblici in cambio di voti, prima ancora di darli, per configurare un reato. Eppure sono del tutto insufficienti, se consideriamo che nel ranking 2022 di Transparency International, l’Italia figura al 41° posto nel mondo per tasso di corruzione. Per capirci, sotto a paesi come Estonia (14° posto), Botswana (35°) e Qatar (40°).

La politica ha trovato comunque una copertura legale per garantirsi il consenso politico, che si sostanzia nel deliberare, attraverso strumenti normativi ad hoc, la devoluzione di denaro verso precise categorie di cittadini, organizzazioni o portatori di interesse vari. Ossia, dare soldi pubblici a chi si occupa di una determinata funzione o servizio destinato alla collettività, agisce nel pieno rispetto della legge. E a meno che non troviate le prove di qualche accordo segreto tra politici e destinatari dei fondi pubblici, non potrete accusare nessuno di aver agito in modo illecito. Né potrete affermare che il servizio finanziato dalla politica sia necessariamente inutile o avulso da reali finalità sociali/culturali. Lo dico nonostante sia noto che la letteratura economica in Sardegna ha da qualche anno registrato la tendenza di alcune aziende a sorgere solamente in presenza di bandi pubblici, per poi inabissarsi nel nulla (G. Bottazzi, 2016).

Pertanto, se un politico promette (poi vota e devolve) soldi altrui a qualcuno per poter essere rieletto, non sta svolgendo alcuna funzione pubblica, ma da buon parassita sta estorcendo denaro ai contribuenti per arricchire se stesso ed i propri amici. E laddove non si possa provare questo fatto, la nostra società perderà non solo competitività (perché non premia i migliori, ma chi è vicino al potere politico), perderà anche di moralità.
A questo punto vi starete chiedendo: “Dunque tutti quelli che danno e che ricevono soldi pubblici sono delinquenti sotto mentite spoglie?”

Assolutamente no. In qualsiasi democrazia, essere nominati per ricoprire un determinato incarico, o proporre un progetto utile alla collettività, può avvenire pure in completa onestà, legittimità e buona fede, a prescindere dai risultati. Questo, intendiamoci, avviene con diverse gradazioni in tutti i paesi del mondo, Italia e Sardegna incluse.

Ecco perché a questo riguardo ci vengono in soccorso alcuni principi cardine di ogni liberaldemocrazia: una stampa libera, per esempio, può aiutare il cittadino a districarsi nella comprensione dei rapporti tra potere politico e alcune categorie di cittadini. E dunque a capire come e perché vengano fatti dei bandi in cui si devolvono soldi a questa o quella finalità di pubblica utilità.
A sua volta, chi è accusato ha, o meglio, dovrebbe avere il diritto di difendersi. Il diritto di replicare, ma anche la volontà di capire se dietro un’accusa giornalistica ci sia a sua volta un’altra mano politica avversaria, ragioni strettamente ideologiche o attacchi personalistici che nulla hanno a che vedere con la necessità di informare i lettori. Viceversa, la stampa potrà difendersi da questa volontà provando la bontà dei contenuti pubblicati.
Ma come potrete immaginare, anche su questo versante esistono confini molto labili tra lecito e illecito, tra diffamazione e libertà di stampa, per cui anche in questo caso l’Italia non si trova esattamente ai vertici delle classifiche internazionali.

In un contesto disagiato e scarsamente trasparente come il nostro, il cittadino può solamente cercare di farsi un’opinione propria sulla base delle informazioni esposte dai contendenti e tirare le somme nell’unico posto in cui la sua voce ha un peso: l’urna elettorale.
L’esito finale del voto, tra diverse variabili, dipenderà anche dal peso con cui le singole parti sapranno convincere fette maggiori di pubblico in merito alle proprie ragioni.

Ecco perché L’Unione Sarda e SardiniaPost hanno tutto il diritto di condurre le inchieste che preferiscono, senza subire condizionamenti da parte di qualche imprenditore che ha ottenuto fondi pubblici. Così come l’imprenditore ha il diritto di spiegare che tali fondi sono stati ottenuti grazie alla validità dei propri progetti e delle proprie imprese rispetto alla concorrenza, senza essere diffamato. Allo stesso tempo, il cittadino potrà riservarsi il dubbio che piova sempre sul bagnato, cioè che ottengano soldi solo gli amici del potere politico. Oppure che i giornalisti abbiano montato ad hoc una suggestiva narrazione per colpire qualcuno in particolare, per diverse ragioni. Quali?

Perché Muroni cadde dalla sedia di un ufficio del suo vecchio giornale e si sviluppò una contesa legale col vecchio editore?

Perché, in tempi di primarie del PD e ad un anno dalle Regionali sarde, si punta a colpire le forze politiche trasversali che supportarono Muroni nei ruoli ricoperti?

O perché non si preferisce fare inchieste per osservare se pure nel Marghine in passato vi sia stato qualche fenomeno imprenditoriale in grado di fare incetta di appalti?

O se invece i giornalisti avessero ragione e Muroni avesse gestito in modo poco accorto il denaro dei contribuenti, non vorreste saperlo? O non vorreste sentire almeno le ragioni dell’accusato?

E ancora, non vorreste sapere perché una neonata fondazione culturale di Nuoro ha ricevuto centinaia di migliaia di euro? Né vorreste sapere chi ha contribuito a devolvere tanta fiducia ai destinatari?

Ecco, tenetelo a mente, in una democrazia i giustizialismi sono puro populismo e non hanno la capacità di distribuire torti o ragioni, questo compito spetta solamente all’impegno civico di pretendere maggiore trasparenza da stampa e portatori di interesse.

Non mi aspetto ovviamente che questo impegno oggi provenga da una cospicua fetta dell’indipendentismo sardo, rimasto assente da questo dibattito. Dopotutto, soggetti politici che subiscono il fascino della corruzione al comando dello Stato russo non si trovano nelle condizioni culturali più idonee per avventurarsi nel tema della trasparenza.

Di un aspetto siamo certi, i territori in cui le aziende sopravvivono grazie ai fondi pubblici denotano unicamente l’arretratezza economica di una società e il fallimento dei suoi amministratori, di maggioranza e opposizione. E forse è anche di questo, in primis, che dovremmo occuparci.

- Per chi volesse visionare il documento dello stanziamento di 93 milioni di euro, e dei singoli destinatari, da parte del Consiglio Regionale, si prenda visione del PDF (75 pagine).

Di Adriano Bomboi.

U.R.N. Sardinnya ONLINE

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