Ente idrico, sovvenzioni agricole, San Raffele: la politica del dire e la politica del fare

Di Adriano Bomboi.

Arriva la pausa estiva, che critica possiamo rinnovare alla maggioranza in questi primi mesi di governo regionale? E quale lode invece al loro operato?

Sapete, c’è una nuova vittima in Sardegna. Ha 85 anni, è malata e vive a Siniscola. Che cosa gli è successo? Abbanoa gli ha staccato l’acqua. Si, proprio l’ente idrico che l’Assessorato regionale ai Lavori Pubblici sta difendendo in quanto “bisogna tutelare il bene pubblico, l’acqua”. Ma sarebbe più corretto dire che si sta tutelando solo l’indotto e la lottizzazione politica che per anni ha consumato milioni di euro dei contribuenti senza trovare un nome a cui addebitare tante responsabilità. I poveracci possono arrangiarsi, il “bene pubblico” non li riguarda, riguarda solo i quattrini della politica e dei biscazzieri para-pubblici.
Al posto dell’idromostro, dei privati non potrebbero sviluppare una convenzione per assicurare le utenze più disagiate?
Voi capirete che in Sardegna il problema continua ad essere la discrezionalità della politica, immune alla sanzione elettorale, e che annuncia di voler tagliare i rami secchi della Pubblica Amministrazione (e dei servizi) ma poi si spende per conservarli e fare welfare. E non è tutto. I primi cento giorni della Giunta Pigliaru hanno già visto in campo il governo Renzi contro i Sardi. La pressione fiscale aumenterà (come le accise sui carburanti), mentre è stato disposto anche l’aumento della quota di sostanze inquinanti sfruttabili nei poligoni militari locali. Di fronte a questo quadro desolante, possiamo accontentarci del pur meritevole riavvio del cantiere sulla 131 o del provvedimento sul controllo delle dighe? Sicuramente no. Il dovere degli elettori, della stampa, degli oppositori (vedere il buon attivismo di Mauro Pili), ed anche nostro, che siamo stati il primo think tank indipendentista dell’isola, è quello di non essere ottimisti ma eterni insoddisfatti. I problemi della Giunta non sono esclusivamente comunicativi.
Eppure ci sono due buone notizie da parte dei sovranisti: la prima riguarda il Partito dei Sardi, che ha meritoriamente aperto ad una ridefinizione della burocrazia regionale. Infatti, a differenza dei nostri intellettuali Sardi, Paolo Maninchedda ha sottolineato che l’efficienza di una Regione non si misura dal numero di direzioni regionali deputate ai vari settori d’intervento e che si possono tagliare inutili costi di gestione. L’aspetto bizzarro nella patria dello statalismo illiberale è che pochi giorni fa per la prima volta anche la Corte dei Conti ha affermato che per uscire dalla crisi serve meno Stato e meno aggressione fiscale. Il problema dunque non sono gli intellettuali in se, ma la qualità degli intellettuali. E forse i nostri in Sardegna sono stati tutti allevati con la mitologia di istituzioni che devono disciplinare e vagliare ogni virgola del creato. Di questo pare non essersi accorto neppure Silvano Tagliagambe nella sua tirata d’orecchi a Maninchedda. Ancora meno Giorgio Todde, che nella sua difesa della Conservatoria delle Coste (soppressa da Pigliaru), ha fatto un parallelo con la Corsica, dove esisterebbe una urbanistica più virtuosa. Ma forse Todde scorda che ciò negli ultimi quarant’anni non è stato permesso solo dalle leggi francesi ma soprattutto dalle bombe del FCLN contro gli immobiliaristi francesi (oltre 10.500 attentati totali a partire dal 5 maggio 1976, fino alla dismissione attuale). Altre realtà. Poi dalle nostre parti si dovrebbe anche discutere se sia stata più utile la Conservatoria o Sardegna Promozione, ma è un altro discorso.
La seconda buona notizia riguarda i RossoMori, che per l’agricoltura assumono un tema che abbiamo già sollecitato in passato: finalmente si dice basta con le sovvenzioni agli allevatori che non si attivano in prevenzione contro lo stato brado, cioè contro l’agente principale di diffusione della peste suina (numerosi terreni privati sono sprovvisti di ricovero e recinzione). L’adozione di questa linea è a nostro avviso necessaria per decimare – questo si – una pratica assistenziale che non premia la virtuosità ma la pigrizia dedita a consumare ricchezza, dove un suino morto vale più di uno potenzialmente esportato. Che i RossoMori stiano diventando più liberali del socialista Cappellacci?
Sul campo linguistico invece i sovranisti manifestano tutta la necessità di chiarire meglio le posizioni in campo e di maturare una proposta politica, che ancora non si vede.

Altro grande tema che non mancherà di sviluppare dibattiti è quello dell’ospedale San Raffaele di Olbia, la cui messa in opera fra 2015 e 2018 sarà consentita dai finanziamenti sovrani del Qatar. Sul tema il movimento ProgReS ha proposto una soluzione mista pubblico/privata come modello per l’intera Sanità Sarda. Ma l’affare San Raffele è complesso e si presta a diverse considerazioni di cui tenere conto. Condividiamo l’ipotesi di Confindustria Sardegna nel ritenere che gli investimenti del Qatar potrebbero attirare ulteriori capitali, va tuttavia ponderata la natura delle istituzioni di Doha (i cui capitali esteri impiegano spesso direzioni poco trasparenti, anche nella sponda sud del Mediterraneo), unitariamente alla necessità di tutelare investimenti che tuttavia non possono essere inquadrati come contropartita di interessi diversi dalla destinazione programmata. E’ facile ritenere che l’impegno finanziario nella Sanità regionale possa rappresentare il “cavallo di Troia” verso un futuro aumento delle concessioni immobiliari ad oggi disponibili nella Costa Smeralda. E quale impatto avrà la struttura nel più ampio contesto della Sanità locale? Preoccupa inoltre che, per gli oltre 1500 dipendenti previsti, la politica abbia già alimentato la sua propaganda in chiave occupazionale. Per un centro che si propone come polo di eccellenza internazionale non sarà un buon inizio.

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