Il grande furto dell’Agea a danno dei pastori – Di Paolo Maninchedda

Parla Paolo Maninchedda, consigliere regionale del Partito Sardo d’Azione (Sardegna & Libertà, 23-05-12).

Anche io ho le mie colpe. Pensate che quando Andrea Prato era Assessore all’Agricoltura, organizzai un convegno alla sua presenza, a Silanus. Non lo rifarei, per tante ragioni che adesso sarebbe lungo spiegare. In quella occasione, uno dei relatori, mise in evidenza, e la sua relazione è agli atti, i rischi derivanti per i pastori sardi dall’applicazione ai loro campi, da parte dell’Agea, di codici di pascolamento non adatti alla specificità del territorio sardo.
I codici di pascolamento sono i codici di utilizzo del suolo dichiarati dall’allevatore al momento in cui presenta la domanda unica ( termine appena scaduto il 15 maggio). Tutti i nostri allevatori/agricoltori, tramite i loro centri di assistenza agricola (CAA) o in proprio, hanno presentano la domanda ad AGEA per i premi comunitari (domanda unica di pagamento).
Al momento della presentazione della domanda è obbligatorio dichiarare i fondi dell’azienda agricola. Si devono quindi dichiarare le singole particelle condotte e il titolo di conduzione per ciascuna di esse. Per ogni singola particella viene indicata sia la superficie catastale complessiva che la superficie utile (SAU o Superficie Agricola Utile o Superficie Agricola Utilizzata). E ora arrivano le cattive notizie.
La Sau viene ricavata dall’agricoltore in base alle indicazioni fornitegli dal CAA oppure in base a stime che lui stesso fa dei suoi fondi. In termini generali, si può dire che egli elimina tutte quelle superfici che ritiene tare “quindi non pascolabili” e calcola cosi la SAU. Questa SAU viene calcolata pure dai tecnici dell’AGEA (che di solito operano in questo campo tramite il SIN o sue consociate, il grande pozzo nero italico di cui ho già parlato in un altro post). Questi tecnici forniti di Ortofoto (Foto Aeree) si piazzano a Roma o nei loro uffici periferici sui loro computer di ultima generazione e fanno la cosiddetta ‘Fotointerpretazione’ (se volete, mettete un’altra ‘t’ a ‘Foto’ e avete più chiaro il senso dell’operazione) delle particelle rilevate mediante le Ortofoto. Così facendo, seguendo scrupolosamente un manuale delle procedure, attribuiscono ai territori sardi la SAU, cioè stabiliscono a tavolino, su indicazioni di foto aree e con l’utilizzo di appositi manuali gestionali, i codici di uso del suolo dei nostri territori.
In burocratese, i campi sono chiamati ‘prodotti’, per es.: prodotto 063 = Pascolo polifita (tipo alpeggi) con roccia affiorante al 20%; prodotto 654 = Pascolo con tara 50% ecc. ecc.
Si potrebbe continuare all’infinito, ma il dato importante è che non esiste un codice denominato: Pascolo tipo sardo. L’Unità d’Italia del Presidente Napolitano non arriva ai codici Agea. L’europeismo del Presidente Monti, omogeneizza i codici e anche la Sardegna, senza le Alpi, ha i pascoli alpini: per legge.
Successivamente, il funzionario Agea lega il piano colturale al tipo di allevamento, anche in questo caso seguendo un manuale gestionale che adesso non riassumo.
Dove sta il problema? Sta nella dimensione della tare previste dai codici, le quali decurtano la superficie su cui viene calcolato il Premio. È evidente che se la mia proprietà è di 100 ettari ed ha degli alberi, sotto i quali è possibile pascolare come accade da sempre in Sardegna, e invece il funzionario Agea attribuisce ai miei terreni il codice, per esempio, Pascolo arborato tara al 50% (prodotto 054), il premio mi viene calcolato non su 100 ma su 50 ettari.
Nel convegno di Silanus si denunciò, appunto, l’assenza nelle procedure Agea di codici adeguati alla realtà sarda (per esempio: un terreno roccioso e cespugliato può legittimamente essere decurtato dalle rocce, ma non dai cespugli, visto che le capre in primavera e in estate si nutrono esattamente di quei cespugli).
Se si continua ad attribuire ai nostri territori codici che non stanno né in cielo né in terra, come quello, molto utilizzato, denominato Pascolo tipo Alpeggio, si arreca ai nostri allevatori/agricoltori un danno enorme. Vengono infatti decurtate le superfici utili per la richiesta dei premi comunitari; di conseguenza vengono decurtati gli importi dei premi; infine accade una cosa che viene nascosta da tutte le autorità competenti: il contrasto tra quanto dichiarato dall’allevatore/agricoltore e quanto ritenuto attribuibile dall’Agea colloca, come si dice in gergo, in anomalia le particelle e sposta l’erogazione del contributo se va bene di due anni.
Un piccolo allarme: uno dei codici più utilizzato da Agea è il ‘Prodotto 054 – Pascolo arborato tara al 50%. Esso viene applicato ai boschi sardi (penso ai territori di Orgosolo, Mamoiada, Aritzo ecc.).
Chi ha proprietà in quelle aree ha contributi dimezzati, ne stia certo.
Perché me ne occupo?
Perché diversi allevatori mi hanno segnalato che le maglie si sono strette. Hanno presentato le domande e cominciano a girare le prime voci. Ora, io a suo tempo dissi che la questione è da trattarsi tra l’Assessorato e l’Agea, non abbandonando gli allevatori alla via crucis dell’anomalia e alle persecuzioni di Agea. Non venni ascoltato. Ora, il fatto che anche la Coldiretti sia entrata nel Sin (cioè nel sistema che rileva i territori) obiettivamente indebolisce la capacità dell’organizzazione degli allevatori di essere controparte dell’Assessorato e dell’Agea.
Diversamente, proprio i sindacati avrebbero dovuto promuovere una class action contro la slealtà delle burocrazie di Stato e la complicità delle burocrazie regionali (perché sia chiaro, anche Argea non dice che la sua attività è bloccata dal fatto che Agea non le consente di accedere autonomamente al sistema informatico e non glielo permette per non cedere potere).
L’ultima notizia di subordinazione coloniale italica, pagata dai nostri allevatori: chi paga Agea per queste funzioni, per le quali è stata letteralmente cacciata da altre regioni? Ovviamente la Regione Sardegna, che, con un inchino e sempre in ginocchio ha individuato – nella scorsa legislatura – nel proprio Piano di Sviluppo Rurale l’Agea come organismo pagatore nonostante, per legge, abbia istituito, con le stesse funzioni, l’Argea. Paghiamo due soggetti per fare la stessa cosa, ma in realtà la fa solo l’Agenzia di Stato Agea, quella che nei propri registri fa vivere le vacche circa un secolo.

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Redazione SANATZIONE.EU

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