9 Partiti Sardi? Non si tratta più di pluralismo ma solo di frantumazione

Cari Lettori,

Partito Sardo d’Azione, Riformatori Sardi, IRS, Rossomori, Sardigna Natzione, Fortza Paris, UDS, A Manca pro s’Indipendentzia, PAR.I.S. “Malu Entu” e…ci scusiamo se abbiamo tralasciato qualcun’altro. Ma che volete che cambi?

E’ luogo comune ritenere che il maggior numero di sigle politiche possibili di un territorio sia un sintomo di pluralismo e di ricchezza democratica: questo non è sbagliato, ma solo se tuttavia si parla di partiti/movimenti che rappresentano uno Stato e non invece uno specifico territorio (come ad esempio la Sardegna).
La Sardegna infatti non è uno Stato, è un territorio che deve difendere le sue peculiarità identitarie ed il suo diritto allo sviluppo socio-economico. L’unico modo per attivare questa politica è fronteggiare le forze centraliste, quindi i partiti del bipolarismo italiano. Perché?
Perché la Sardegna ha bisogno di riforme e queste riforme possono essere fatte solo da una regia che abbia in mente la seguente strategia dettata dal buonsenso: se ci saranno uno o più soggetti politici territoriali capaci di pesare nei numeri di una maggioranza regionale. Non 9.
Sopratutto se questi 9 partiti dicono più o meno tutti le stesse cose e/o se divisi da manifeste quanto banali sciocchezze di natura ideologica.
Qualche esempio?
I Rossomori sono divisi dal Partito Sardo d’Azione in quanto (secondo i primi) quest’ultimo avrebbe “rinnegato” i valori di Emilio Lussu alleandosi con gli eredi morali del “post-fascismo” (il centrodestra italiano). Nella realtà Emilio Lussu abbandonò il sardismo per approdare nel socialismo italiano ed il PSD’AZ si alleò innumerevoli volte nel suo passato con la Democrazia Cristiana.
Se aggiungiamo il fatto che i Rossomori sono stati sponsorizzati da un partito centralista come il PD dopo aver perso (alle Regionali 2009) il PSD’AZ nella rosa degli alleati, allora si intuisce chiaramente quanto la volontà di voler creare un modello territoriale di sinistra da parte dei Rossomori sia in verità una manovra subordinata a terzi poteri, i quali non hanno esitato minimamente nell’inventare un mitico passato per giustificare l’ennesima sigla sardista del presente.
Un vero movimento territoriale può nascere a causa di una lettura ideologica ed erronea della storia passata e con ampi spintarelle da parte del centralismo che invece si dovrebbe avversare? Ovviamente nò.
I Rossomori non rappresentano un modello territoriale quale sono gli scozzesi dell’SNP in patria, a limite un modello come lo Scottish Socialist Party, piccolo alleato ideologico del più vasto SNP. La nostra sinistra locale infatti presenta molti ritardi culturali nella comprensione di una moderna socialdemocrazia (per di più altrove influenzata dalla grande tradizione liberale del laburismo anglosassone).
Ad esempio in Sardegna tutte le microsigle autonomiste ed indipendentiste derivanti da una visione socialista del loro pensiero non parlano di Pubblica Sicurezza: perché nella subcultura di sinistra questo è un tema “di destra”.
Lo Scottish National Party invece parla anche di Pubblica Sicurezza.
IRS si definisce “non-nazionalista”, mentre il nazionalismo è solo il contenitore politico (dalle mille sfumature, negative e positive) entro il quale un soggetto si sente vicino al suo territorio ed alle sue caratteristiche. In ragione di questa impostazione dottrinaria, IRS si divide da movimenti politici (come Sardigna Natzione) che a livello programmatico portano avanti le medesime battaglie politiche. Come del resto PSD’AZ e Rossomori. Sono Nazionalisti i Corsi, gli Scozzesi, gli Irlandesi, i Baschi, i Catalani, etc.
Alle ultime amministrative, chi si è posizionato oltre il bipolarismo ha forse raccolto i semi di una proposta politica o, piuttosto, di una protesta i cui voti non saranno comunque politicamente sfruttati?
Crediamo nella buona fede di tutti, ma servono reali aperture. Viviamo infatti in un contesto, non solo Sardo o Italiano, nel quale ormai le grandi divisioni ideologiche avvengono prevalentemente su tematiche etiche più che su quelle di prassi amministrativa. Ma la scarna “autonomia” regionale attuale non leggifera neppure su queste tematiche. Pertanto, c’è da domandarsi: in base a cosa sono divisi questi partiti se non per mere ragioni personalistiche e di bottega?

Cari Signori, i galli nel pollaio sono troppi. Se vogliamo pensare sul serio di consegnare ai nostri figli una Sardegna migliore di quella in cui siamo nati, bisognerà pur capire che le riforme vanno fatte: Riforme in campo sociale ed istituzionale appunto. Riforme per potenziare l’Autonomia regionale e porre le basi, perché nò, verso una futura autodeterminazione. Una condizione che senza un percorso graduale quale è una vera Autonomia non potremmo mai conseguire.
E non basta sbraitare di “indipendenza” per ottenere di più in una realtà come la nostra in cui non c’è consenso pubblico verso l’indipendentismo:
Tutti i 9 partiti Sardi attuali non hanno capito l’utilità delle riforme per modellare il tessuto sociale (quindi per svilupparne una propria autocoscienza territoriale) che passi per la Pubblica Istruzione (storia in primis, ma anche lingua) e l’economia (federalismo politico ed economico).
Ed anche se qualcuno tra loro l’avesse capito, è così irrilevante in termini numerici da non poter influenzare la maggioranza di cui fa parte nell’agenda delle riforme da compiere.
I 9 movimenti Sardi attuali sono dunque organici al centralismo italiano, siano essi alleati o isolati rispetto al bipolarismo italiano. Tanto a “destra” quanto a “sinistra”. O che in separata sede si professino liberi da tali connotazioni del secolo appena trascorso.
Il sedicente “pluralismo” territoriale Sardo dunque non è di alcuna utilità alla Sardegna, sia perché nei fatti non rappresenta una pluralità di interventi programmatico-legislativi volti a modificare l’attuale assetto istituzionale e sociale dell’isola (essendo in evidente minoranza); sia perché NON integra (per ovvia conseguenza) il centralismo italiano contrapponendogli un valido progetto nazionalista Sardo ma ne coadiuva la presenza e lo status quo nelle nostre istituzioni.
La valenza autonomista (o indipendentista) di queste sigle viene quindi svuotata del suo senso iniziale e ridotta a pura retorica.
Questi 9 partiti non hanno capito o non vogliono capire che -al massimo- due sigle avrebbero potuto sfidare il bipolarismo italiano e/o integrarne il percorso di governo nel circuito regionale.
Chi, tra queste sigle, l’ha compreso, ha il dovere morale prima che politico di invitare gli altri al dialogo reciproco.
Le nostre posizioni sono supportate da elementi verificabili; abbiamo qualche domanda per loro:

E’ forse falso che la Sardegna è una delle minoranze senza stato del mondo in testa tra quelle con il maggior numero di partiti territoriali?
E’ forse falso che in Sardegna chi si è schierato ideologicamente ha ottenuto più o meno lo stesso massimale di voti di chi ha superato gli ideologismi del passato?
E’ forse falso che l’Autonomia del 1948 non è mai stata riformata?
E’ forse falso che in Sardegna non ci sia coscienza territoriale diffusa ed i partiti territoriali non godano di largo consenso anche a causa di quelle mancate riforme?
Levate le divisioni dettate dalle alleanze, come quelle che separano Rossomori e PSD’AZ, e chiedetevi: su quali tematiche sono divisi?
Se un partito territoriale preferisce allearsi con un partito centralista piuttosto che con un suo omologo, allora c’è qualcosa che non quadra. Forse perché non saprebbero più come giustificare l’esistenza di sigle similari in uno stesso schieramento. E dovrebbero fondersi.
Queste situazioni accadono per 3 variabili: Perché le ultime sigle sardiste NON sono spontaneamente nate dal Popolo per rappresentare delle istanze ma solo in funzione centralista ed elettorale; perché l’obsolescenza ideologica funge da collante e, infine, per coprire singole zolle di potere personale tra pochi.
Ancora: Le teorie dei 9 partiti Sardi su cosa si basano se non su congetture puntualmente smentite ad ogni tornata elettorale?

Il nazionalismo Sardo, come tante realtà internazionali, può essere composto da diverse ideologie, ma non deve e non dovrà mai scordarsi che esiste un solo avversario, tanto a destra quanto a sinistra: il bipartitismo italiano. Il centralismo.
Chiunque tra questi 9 ritiene di essere indispensabile, unico, capace di rappresentare l’alternativa ideale, è di fatto obsoleto, funzionale ed organico al bipolarismo italiano: perché dimentica che ogni voto in meno o in più che va ad una sigla politica che afferma gli stessi ideali non è pluralismo, è FRANTUMAZIONE.
Chi, tra costoro, ritiene di poter emergere sull’altro o di costruire una propria classe dirigente, è altrettanto organico al bipolarismo italiano: perché non capisce che professarsi autonomista o indipendentista non ha alcun senso se non si riduce la dispersione di sigle che crea l’attuale frantumazione. Proprio perché la frantumazione polverizza le percentuali di voto di questi partiti in rapporto al potere amministrativo del bipartitismo italiano.
I voti vanno apparentemente tutti per un solo ideale, nei fatti si dissolvono in diverse strategie, ma tutte disorganiche ad una azione riformatrice di governo.
Nei fatti nessuno produce riforme. Nei fatti i partiti italiani proseguono la loro prassi amministrativa senza alcun tipo di costruttiva integrazione da parte del Nazionalismo Sardo.
Lo stesso Premier Silvio Berlusconi è una delle causali della frammentazione identitaria Sarda, a causa degli estimatori e dei detrattori della sua politica che polarizzano trasversalmente il voto.
Il Nazionalismo Sardo rimane un fenomeno socio-politico privo di vita propria, incosciente e succube del nazionalismo italiano: A differenza dei grandi nazionalismi internazionali di altre nazioni senza stato, il nostro non ha ancora conseguito la maturità culturale di capire i concetti di pluralismo e frantumazione. Non si tratta infatti di vedere il successo nel primo concetto, ma di capire i problemi derivanti dal secondo e l’assenza di un equilibrio idoneo allo sviluppo di un serio progetto politico territoriale.
Questo porta alla continua omologazione culturale ed economica all’Italia, che rimane la più grande causale di arretratezza del Popolo Sardo in quanto questi non conta nulla nei centri di potere e dove si stabiliscono le politiche di investimento e di sviluppo.
Siamo noi a dover spostare l’asse di potere in Sardegna, ma per farlo occorrono i numeri. PD, PDL ed alleati italiani vanno strutturalmente indeboliti, pur senza confondere la differenza tra bipartitismo (di PD e PDL) e bipolarismo (in cui quest’ultimo comunque concorriamo): e questo potremmo farlo – in parte – solo riducendo l’eccessiva frantumazione politica Sarda.

Grazie per l’attenzione.

Di Bomboi Adriano.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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    14 Commenti

    • Credo di trovarmi (forse per la prima volta) assolutamente d’accordo con lei.

      Quanti Sardi tra quelli che hanno votato controvoglia i molti personaggi (spesso improponibili) come quelli imposti dalle lotte inutili tra poveri di questi 9 partiti sardi pensate siano disposti a credere ad una alternativa unificante di questo tipo?

      Stimiamo il totale dei loro voti? Vi invito al calcolo perchè io credo che siano molti di più di quanti non si immagini.

      Anzi, vorrei aggiungere alla sua analisi che si potrebbe tranquillamente affermare che una grossa percentuale di quelli che si sono astenuti sia anche essa da sommarsi agli elettori indipendentisti, sardisti, autonomisti, nazionalisti, non unionisti (chiamateli come preferite) dato che sicuramente anche loro in queste amministrative 2010 non si sono riconosciuti in NESSUNO dei partiti italiani d’oltremare.

      La differenza tra gli uni e gli altri è che i primi sono andati a votare anche giocoforza, mentre gli altri, avendone intuita l’inutilità (in un contesto elettorale come questo) hanno risparmiato il proprio tempo.

      E son sicuro anche molti fra quelli che schifati hanno votato centro destra o centro sinistra, sono certo che se avessero una REALE ALTERNATIVA INDIPENDENTE SARDA seria, unita e credibile l’avrebbero votata in massa.

      Senza essere costretti a rincorrere 9 assurde divisioni non alternative a nulla se non a se stesse come questi partiti sardo-frantumati!

    • Pintore oggi le ha definite “le multicolori tribù sardiste”. Queste elezioni ne hanno confermato la vitalità e, nonostante l’elevato grado di parcellizzazione che ne minimizza la capacità di incidere, reso più evidente la capacità di condizionare la politica sarda che ormai è sotto gli occhi di tutti.
      Con un’azione assolutamente disorganica e animando un dibattito che ha effetti anche sulla conflittualità interna dei partiti centralisti, chi infastidendo dall’interno delle coalizioni, chi dall’esterno, non solo ostacolano l’affermazione del bipartitismo in sardegna, erodendo addirittura quanto appariva sino a qualche tempo fa consodidato, ma mettono in pericolo la stessa soppravvivenza del bipolarismo, almeno in quanto mera riproposizione di schemi della politica italiana.
      Occorre la spallata. E per fare questo bisogna lavorare a un progetto comune che trovi implementazione in una piattaforma politica e programmatica condivisa. Il campo di prova saranno le prossime regionali, se in questi anni le principali forze in campo avranno la maturità e la capacità di avviare un percorso di confronto di questo tipo. E di tessere..
      Ritengo invece prematuro parlare di un Partito Nazionale Sardo in cui andrebbero ad annullarsi particolarismi e microidentità in qualsivoglia modo delineatesi, che siano esse antiche o recenti, fondate su basi concrete o fittizie. Il progetto troverebbe sicuro rifiuto e fallirebbe. Sì invece a un’ipotesi di alleanza programmatica e di progetto tra soggettualità diverse.
      Lo stesso Maninchedda non capisco bene a cosa si riferisca quando rilancia il progetto di partito nazionale sardo.. Un salvagente di responsabilità nazionale o qualcosa di più?

    • La visione di Maninchedda verosimilmente si rifà ad una constatazione di fatto che riguarda le ultime elezioni: Al contrario, rispetto al bipartitismo, è proprio il bipolarismo che tiene, fatta eccezione per il caso nuorese, in Campidano la sconfitta del “metodo Vendola” è stata palese. Ci sono diverse forze, anche all’interno di altri movimenti, interessante ad una maggiore unità e non è detto che le identità attuali siano confliggenti. Escluse le alleanze infatti, c’è forse qualche tema in particolare in cui sono divisi? Rinnovabili; basi militari; cassa sarda delle entrate; equitalia; ecc? Tutti hanno posizioni analoghe.

    • Senza essere costretti a rincorrere 9 assurde divisioni non alternative a nulla se non a se stesse come questi partiti sardo-frantumati!
      Quali sono queste nove divisioni?
      Alle provinciali 2010 i partiti indipendentisti erano esattamente due: iRS e PAR.I.S. Malu Entu.
      Gli altri 7?
      Riformatori
      Quattro mori
      rosso mori
      A manca
      Fortza Paris
      UDS
      Sardigna Natzione

      Ricorderei che Riformatori, Uds, Quattro mori, Rosso mori e Fortza Paris altro non sono se non una una mano tesa al potere centrale romano.
      Si continua a confondere autonomismo con piena sovranità.
      Sardigna Natzione e a Manca (presente a Sassari con una propria lista alle comunali con Bellomonte candidato a Sindaco) non hanno presentato liste alle Provinciali.
      Dove sia quindi questa frammentazione non mi è chiaro capirlo.
      Semmai la vedrei più in quelli schieramenti italiani che gioco forza la gente, le persone, sono costretti a votare.
      Continuate a confondere bipartitismo con bipolarismo.
      Saludos

    • Non abbiamo confuso niente, al contrario: l’autonomismo è un processo graduale di edificazione della sovranità e l’indipendentismo in occidente non può che essere la stessa cosa. Per modellare il tessuto sociale in una nazione senza stato dove non esiste coscienza territoriale diffusa servono riforme, quindi un nuovo statuto che per gradi faccia comprendere alla popolazione che (nel ns caso) non siamo solo italiani. Riforme su Pubblica Istruzione (storia e lingua) ma anche in campo economico. Diversamente non cambierà nulla. In altre nazioni senza stato non esiste un livello di divisione così forte tra i due termini (autonomismo ed indipendentismo) come esiste da noi. Per incrinare il bipolarismo bisogna prima incrinare il bipartitismo, ma nel primo per farlo non bastano certo 10 microsigle le quali si ripetono in ordine sparso tutte le stesse cose e non governano (oppure non hanno peso nelle maggioranze in cui operano). Successivamente sarà lo stesso Popolo a capire le istanze indipendentiste. Cordialmente.

    • Riparto qui da una discussione di “Natzionalista” che esige in ogni discussione intervenga che i partiti indipentisti sardi si sciolgano e confluiscano in un unico contenitore.

      Presumiamo che sia la cosa migliore per l’isola, non hai risposto su come secondo te Natzionalista le formazioni politiche dovrebbero raggiungere la coagulazione ed esprimere una classe dirigente rappresentativa delle differenze e delle potenzialità del gruppo (vedi i fallimentari Pd e Pdl in ambito italiano). Ognuno ha un suo metodo di lavoro, ognuno ha metodi comunicativi diversi e sistemi di elezione interna con tempi e modalità differenti e se uno dicesse la verità potrebbe accorgersi che non tutti i partiti citati sono realmente indipendentisti perchè alcuni si accontentano di un pò di autonomia e di mantenere il brand per la propria corrente. Rispondi nel merito senza citare differenze programmatiche o altre ovvietà, tu chiedi ossessivamente che i gruppi politici si sciolgano ma non dici come e perchè se poi nelle decisioni democratiche interne un partito autonomista deciderebbe per soluzioni autonomiste e un partito indipendentista agirebbe diversamente.

      Usa parole semplici, vai al nocciolo della questione senza ridire sempre le stesse cose e rispondi qui senza inondare gli altri blog con questi discorsi.

    • Rebimt, nel concreto, quali sono le “soluzioni autonomiste” e quali quelle “indipendentiste”? I partiti possono dialogare in qualsiasi momento, ma sono impediti nel farlo dalle lotte di potere tra piccoli uomini, i quali inventano sedicenti differenze tra sigle: che se osservate nel dettaglio in realtà non esistono. Nell’ultimo anno sono già avvenuti sporadici incontri tra partiti Sardi (non tra tutti), bisogna andare avanti e colpire duro il settarismo, senza sconti. E’ ora di finirla con le frottole messe in giro per ragioni di comodo da questi signori. Il fatto che alcuni siano “un po autonomisti” ed altri indipendentisti non cambia nulla nei termini delle riforme graduali da fare, anche perché l’indipendenza non si deve fare domani. Aspetto degli esempi pratici su “soluzioni autonomiste/indipendentiste” ed in cosa si differenzierebbero PER CONTENUTI. Ragioniamo inoltre sull’utilità di tutto questo in rapporto ai bisogni primari dei Sardi. Un saluto.

    • Educazione vorrebbe che anche tu rispondessi alle domande ma le eviti e dici solo quel che ti fa comodo. Fino ad allora ti considererò poco educato. Le differenze ci sono tra le forze che che hai citato nell’articolo. Lo dimostrano gran parte dei loro dirigenti con dichiarazioni ed azioni quotidiane pur di non mettersi in discussione e dire la verità agli elettori. Non puoi pretendere di azzerarle e riunirle nel Pns a meno che tu non voglia un finto partito come il Pdl dove c’è uno che comanda e gli altri eseguono. Stiamo vivendo un periodo in cui gli eventi sono accellerati e i processi e i problemi si spostano sempre di continuo e le necessità di oggi anche in tema fiscale, energetico, ambientale non possono più essere gestite con una conquista graduale di sovranità racattata negli anni e nei decenni. La sovranità la gestisce lo stato centrale e i loro nominati in terra sarda, non si può giocare al loro stesso livello, sporcandosi come loro, perchè i sardi non vedono più la differenza, vedi il calo continuo di partecipazione alle elezioni. Io non credo riuscirete mai a fondare un partito di matrice indipendentista disgregando i poli e mettendoci dentro tutti, potrebbe essere l’inizio della compravendita per interposta forza, un vero bordello borderline tra sardismo e vecchia furba dc, abile a comprare i sardi con un pacco di pasta, non solo metaforicamente. Il sardismo ha fallito nelle conquiste di sovranità proprio perchè non ha capito che quando veniva ricattato doveva dimostrare la reale faccia dei propri interlocutori. Lo dice la storia non io. Invece sembrano tutti felicissimi di continuare questo teatrino dove di gente determinata e decisa ad assumersi gli impegni presi se ne vede ben poca. A me non interessa tutto ciò e preferisco far rinascere qualcosa di nuovo e democratico, serio e determinato anzichè continuare a giocare per un tozzo di pane racattato. Ci si vede.

    • Gent. Rebimt (di cui non conosciamo il nome), in questo spazio non si accettano accuse gratuite di maleducazione. Per stavolta non modereremo il suo intervento. Tra i 9 partiti citati ve ne sono alcuni che da tempo stanno dialogando mentre alcuni di loro ormai parlano apertamente di PNS (PSD’AZ, Fortza Paris, SNI, ecc), altri nò. Non è più quindi solo una nostra opinione o del Senatore a vita F. Cossiga. Le cose si stanno muovendo, anche se servirà tempo. La sovranità la gestisce lo stato fintanto che noi non saremo in grado di sviluppare una nostra Autonomia. Se non ci sono forze di peso in una maggioranza (che si attivano al riguardo), non possiamo pretendere di scagliarci per l’eternità contro il Sardismo per ciò che non è stato fatto. E questo ci dice molto anche sul fatto di non aver mai sviluppato l’insufficiente “autonomia” del 1948.

    • Spettabile Redazione, i commenti li moderate anche senza dirlo e quando non c’è bisogno di moderare. Grazie delle non risposte alle mie domande. Non è certo mia intenzione scagliarmi contro il sardismo, solo che non mi fido più di quello nuovo aggrappato ai vecchi metodi… che è un altro paio di maniche. Il tempo ci aiuterà a capire meglio e di certo non remerei contro ai progressi della mia terra e della mia gente ma intanto io aiuterò chi mi dimostra serietà, trasparenza, capacità di rinnovamento, dialettica e competenza, mantenendo gli impegni presi. Siamo liberi di scegliere no?

    • Ho già risposto con una domanda che può sembrare retorica Rebimt, escludi le alleanze dalla torta e dimmi, in quali temi sono divisi i partiti Sardi? E’ stato fatto persino un esempio nel sito di Michela Murgia comparando non solo il presente ma il passato. Prendiamo il caso della sedicente proposta innovativa di IRS sulla flotta Sarda: http://www.irsonline.net/flottasarda/ ed ecco un volantino sardista del passato: http://www.urn-indipendentzia.com/URN/Flotta%20Sarda%20-%20PSD%27AZ.jpg Che differenza c’è? E questo è solo uno dei vari temi. Il Nazionalismo Sardo ha temi prevalentemente univoci su tanti settori, la Sardegna non è uno stato. Non possiamo paragonarci alla politica di chi si divide per ragioni etiche o amministrazione dello stato. La Regione non leggifera su queste tematiche, mentre sulle altre non ci sono differenze di punta. La verità è quella che non si vuole mai ammettere: ideologie, personalismi ed ipocrisie di bottega distruggono il potere contrattuale di un ambiente politico che non conta nulla nelle amministrazioni dove si decide il nostro futuro.

    • [...] ad un progetto politico unitario e solidale in cui i Sardi possano riconoscersi. I programmi dei movimenti Sardi sono prevalentemente identici e risultano divisi esclusivamente sul piano delle alleanze politiche. [...]

    • C’è molto fervore in giro per la rete questi giorni e bisogna stare attenti a non confondere il desiderio di dibattito e conoscenza, di chiarezza e di outing, con altro e ho spostato la discussione che hai citato, qui, proprio per questo motivo. Io credo che tu ti sbagli quando asserisci che le differenze tra i movimenti ed i partiti sono solo sul piano delle alleanze. La pensavo anche io come te ma mi sono ricreduto sbattendoci la faccia. Sono di parere opposto, penso che il programma sia solo frutto del modo con il quale ci si approccia alla società e come la si intende coinvolgere, quale proposta politica le si offre insieme alle garanzie misurate nell’agire quotidiano e nella trasparenza quotidiana. Teoria e pratica devono andare di pari passo per sentirsi coinvolti e riuscire a comprendere dove si sta andando.

      Confondi nei tuoi ragionamenti sempre il fine (il contenuto e come lo si intende costruire) con il mezzo (il contenitore). Se pensi che un partito autonomista con un grosso peso politico possa fare di più, nella costruzione di una coscienza nazionale, che un partito a chiara vocazione di sovranità piena, democratica, consapevole e solidale.. puoi farlo, ma non pretendere che si sia d’accordo con te. Sai cosa penso? Che il concetto stesso di autonomia limiti le scelte stesse dei suoi appartenenti, alcuni dei quali diventano dirigenti e come ben sai gestiscono spesso le candidature e prendono le decisoni dentro le assemblee interne. Ecco che allora anche il concetto stesso di forte autonomia può degenerare nell’autoreferenzialità a cui i partiti italiani ci hanno abituato, limitando di fatto la stessa forte carica e innovazione che si prefiggerebbe. Non puoi pretendere di mettere insieme un democratico che vuole l’indipendenza e che ha deciso di metterla scritta nera su bianco insieme alle proprie energie, con uno che si accontenta di vivere la quotidianeità degli eventi all’ombra delle decisioni prese a Roma.

      Si dimostri nei fatti di essere realmente pluralisti, inclusivi (verso tutti, senza aver la pretesa di dare patenti o costruire la lista dei settari). Si dimostri di volersi mettere in gioco ed essere generosi verso le nuove generazioni preparandole. Di saper costruire reti interne, di saper e voler strutturare e non solo teorizzare e trattare alleanze con chi ti usa solamente. Si chiarisca se si vuol l’indipendenza o si vuol costruire un semplice fronte elettorale. Non ho aspirazioni da statista e nemmeno ne ho le capacità ma ho desiderio di impegnarmi con chi mi da fiducia e ha voglia costruire con me e con tutti gli altri sardi l’autogoverno vero. Poi ne riparliamo, ma intanto continuo a dare fiducia verso qualcosa di nuovo, magari già nato e che deve solo correggere il tiro e serrare i ranghi, con la dialettica che ha dimostrato fino ad ora, con la trasparenza e la democrazia, senza paura di misurarsi sulle differenze. E’ un chiaro desiderio da elettore.

    • [...] 2010 pubblicavamo la classica opinione contro la frammentazione dell’identitarismo Sardo (Vedi), i “Repubricanos” già teorizzavano in privato su eventuali nuove sigle in cui [...]

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