Comitadu pro sa Limba Sarda alla Chiesa

Il Popolo Sardo ha imparato a pregare nella sua lingua e nella sua lingua – come ha ricordato Benedetto XVI nella sua prima vista a Cagliari – ha cantato il Signore, la Madonna e, in centinaia di gosos, i santi. Quando il Papa ha letto un verso della preghiera “Deus ti sarvet Maria”, l’applauso commosso delle migliaia di fedeli era forse anche una espressione di gratitudine per le parole pronunciate nella loro lingua dal Pontefice e dell’aspirazione all’uso normale della propria lingua madre in ogni attività e a maggior ragione da parte della Chiesa sarda.
L’uso non discriminato della lingua sarda e di quelle alloglotte è ancora un obiettivo da raggiungere. La discriminazione linguistica in Sardegna non è l’ultimo fattore di disagio e di ritardo dell’Isola e concorre allo sfaldamento delle comunità e delle famiglie. Il Comitato è riconoscente a tutti gli uomini di Chiesa che, intimamente legati agli ultimi, con essi e in sardo hanno pregato. Se oggi possediamo tanti strumenti per rilanciare l’uso della nostra lingua, lo dobbiamo anche ai tanti uomini di Chiesa che hanno creato vocabolari, scritto opere in prosa e poesia, registrato modi di dire e dialetti di ogni paese della Sardegna e tenute vive le nostre migliori tradizioni.
È con grande rammarico e con apprensione che Su Comitadu pro sa limba sarda constata come nell’articolato documento conclusivo del Sinodo diocesano di Cagliari il solo accenno allo stretto legame fra i sardi e la loro lingua sia contenuto nelle alte parole di Joseph Ratzinger e come non sia stata individuato, nell’acuta e approfondita analisi, il contributo alla crisi culturale, sociale ed economica fornito dal tentativo di cancellazione della lingua dei sardi dalle scuole materne all’università e nei media.
In altre regioni europee, sedi di minoranze linguistiche, la Chiesa ha rispetto operoso per le lingue usate da quei popoli per parlare a Dio. Un rispetto non formale, quale siamo certi la Chiesa sarda nutre per il sardo e le altre lingue alloglotte della Sardegna, ma espresso concretamente attraverso il loro uso in chiesa, nelle messe, nelle processioni, negli scritti e in tutti i momenti di preghiera.
Questo avviene non solo in seno alle minoranze meglio protette dagli Stati, come la catalana, la basca, la friulana, ma anche in quelle, come la corsa, che non hanno analoga tutela. Il Comitadu pro sa limba sarda non ha alcuna volontà di ingerirsi in affari che riguardano le gerarchie ecclesiastiche, ma sente il dovere di fare un accorato e rispettoso appello alla Chiesa sarda affinché essa non faccia mancare il suo decisivo apporto nel processo di rinascita della lingua e valuti almeno l’opportunità di riconoscere a partire dal suo Sinodo l’esistenza della lingua sarda e delle altre lingue alloglotte della Sardegna e operi almeno al suo interno per un loro uso normale e ufficiale.

19-02-2010 – CLS.

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