Comune di Bortigiadas vieta il glifosato: vittima del grillismo culturale?

Di Adriano Bomboi.

L’onda emozionale è sempre la stessa, come quella che divulga la bufala online dei “bimbi deformati dalla Monsanto”, nota azienda USA produttrice di glifosato (uno dei più validi erbicidi diffusi sul mercato), accusata dei più truci esperimenti a carico di popolazioni inermi. Praticamente la trama di “Resident Evil”, noto videogame in cui la “Umbrella Corporation” innescava un’apocalisse zombie contro i poveracci esposti alla lobby (a me piacque il primo film della serie con Milla Jovovich). Nel mondo reale nessuna multinazionale avrebbe lo scopo di danneggiare il proprio mercato di riferimento ma di migliorare la qualità del prodotto per evitarne la messa al bando.

Divagazioni a parte, il Comune sardo di Bortigiadas, retto da un amministratore PD, come già altri Comuni grillini sparsi per l’Italia, ha scelto di vietare questa sostanza. Tra le motivazioni della scelta si scorge una lunga lista di riferimenti tra cui una presunta “corposa letteratura scientifica contro il glifosato” che nella realtà non esiste in quanto proprio la comunità scientifica appare divisa e non capace di dimostrare effettiva correlazione tra il glifosato e l’insorgenza di patologie pericolose per l’uomo. Quantomeno gli studi sinora effettuati non rendono possibile applicare a tutte le situazioni d’impiego di questa sostanza i malanni che gli vengono ascritti. Fortunatamente la scienza continuerà a fare il suo corso per offrirci delle risposte che la politica, purtroppo, cerca maldestramente di imporre. Ovviamente i complottisti continueranno a ritenere che qualsiasi decisione presa dalle autorità in materia (sia essa positiva o negativa) sarà sempre e comunque viziata da loschi figuri, esattamente come nel teorema delle sedicenti “scie chimiche”, dove ogni confronto razionale appare impossibile. Di recente anche il genetista Boncinelli ha denunciato la deriva culturale in corso nell’Italia della scienza, giudicata ignorante, boccalona e sospettosa.

Sul glifosato bisogna ricordare che, trattandosi di un erbicida, appare assolutamente ovvio che il suo abuso possa provocare problemi, così come fumo e alcool in eccesso possono causare patologie a carico di fegato e polmoni. Eppure, benché persino dei vaccini abbiano causato problemi di salute a pochi bambini, non per questo sarebbe preferibile rinunciare ai farmaci per tornare a micidiali patologie virali che in passato falcidiavano le popolazioni locali.
Trovare le risposte a questo diffuso fenomeno culturale, nell’era di internet, ci porta a navigare in quel curioso ambiente radical-chic, a cavallo tra ignoranza e superstizione, in cui ultimamente si sta sovrapponendo la moda della “decrescita”. Una moda condita da “orti urbani”, da produzioni solo (e ripeto solo) “bio”, e da una serie di bizzarri personaggi che l’agricoltura la vedono più nei supermercati che nelle campagne, sognando improbabili fortune di mercato di un settore di nicchia, non certo capace di sfidare un mercato drogato da sussidi pubblici per circa la metà del budget europeo (del fenomeno in Italia ne sta dando conto l’amico Luciano Capone del quotidiano “Il Foglio”). L’applicazione concreta su scala di tale modello riporterebbe la nostra isola indietro di secoli, con prodotti avariati nel giro di pochi giorni, con merci disponibili solo per una ristretta cerchia di persone e soprattutto di élite. Perché la scarsa disponibilità di un bene in un mercato ne provoca l’immediato rialzo del prezzo agli utenti. Insomma, i nostri pauperisti della domenica, nell’ingenuo tentativo di migliorare la qualità dei nostri prodotti, finirebbero per condurci al risultato opposto, sfamando solo i ristretti ceti più benestanti della popolazione e condannando al disastro i meno abbienti. A costoro appare inoltre inutile spiegare che l’artificiosa alterazione del mercato, anche in questo settore, potrebbe provocare la comparsa di prodotti omologhi persino peggiori del prodotto messo al bando, in quanto l’assenza di concorrenza nell’incontro tra la domanda e l’offerta del prodotto minerebbe alla base la ricerca scientifica per la qualità del prodotto stesso.

In Sardegna, l’unica giustificazione possibile alla scelta di Deiana, sindaco di Bortigiadas, si potrebbe trovare in un estremo principio precauzionale (nessuno nega l’irresponsabile utilizzo di certi prodotti nelle nostre campagne). Ma a limite sarebbe stato preferibile consigliare un uso più modesto della sostanza piuttosto che applicarne un suo divieto totale. Se tutti seguissero il suo esempio, il mondo non sarebbe affatto un posto più pulito. Allo stesso modo in cui se oggi abbiamo auto ibride…lo dobbiamo al fatto che i sindaci di Londra non vietarono le emissioni dei primi motori a scoppio…

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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