Città metropolitana? Pensiamo invece all’aeroporto di Shannon e a quello di Alghero

Di Adriano Bomboi.

Su cosa si basa lo sviluppo economico di un territorio? Sul numero di enti amministrativi o sulla capacità di attirare investimenti privati che creano vera ricchezza e quindi vero lavoro? In Irlanda si ritiene che quest’ultima ipotesi sia più virtuosa. Basti pensare all’aeroporto di Shannon, che da scalo secondario, in poco tempo, si è affermato come uno dei principali poli di trasporto dell’Irlanda, nonché hub su cui Ryanair costruì la sua fortuna internazionale. L’area adiacente all’aeroporto è diventata una delle maggiori zone industriali del Paese, direttamente interconnessa allo scalo, a sua volta servito da una rete infrastrutturale che lo connette ai maggiori poli commerciali, turistici e amministrativi della nazione.

Vi stupirà sapere che tale aeroporto ha un traffico similare a quello sardo di Alghero. Il primo nel 2014 ha movimentato 1.639.315 passeggeri, il secondo 1.639.374 passeggeri. Un dato pressoché identico. La differenza tuttavia è che il secondo scalo si trova in bilico, e nonostante l’incremento del traffico, appare sempre a rischio di fallimento. Sul piano gestionale e commerciale i due scali presentano in realtà modelli completamente diversi. Potremmo definire quello irlandese come un’azienda inserita nel mercato, mentre quello sardo alla stregua di un ente assistenziale.

La Repubblica d’Irlanda ha conferito a Shannon lo status di zona franca, in tal modo l’area è divenuta oggetto di numerosi investimenti privati che hanno visto proprio nello scalo aeroportuale una occasione di sviluppare un modello di smistamento (su import ed export) merci per prodotti semilavorati e finiti. Ma anche sede di varie multinazionali. A sua volta l’infrastruttura irlandese è diventata una delle principali porte d’accesso del turismo incentrato sulla formula del low cost, non esclusivamente basata sul co-marketing (cioè sul finanziamento pubblico ai vettori), ma basata su un pacchetto di defiscalizzazioni e sburocratizzazioni, tipico di varie tipologie di zona franca, che consentono l’abbattimento dei costi di gestione.

Un’altra fondamentale differenza è determinata dalla politica industriale intrapresa dai vertici aeroportuali di Shannon, che hanno saputo differenziare l’offerta dei servizi attirando nel proprio carnet diversi vettori. A Shannon operano infatti oltre 40 compagnie aeree (sia cargo che charter/linea), ad Alghero 8 (su cui Ryanair, un solo vettore, svetta su tutte). Questa seconda informazione ci suggerisce due importanti fattori di analisi: il primo è che l’area industriale di Sassari/Alghero, non godendo di alcuna agevolazione fiscale, non ha la minima capacità di sviluppare il proprio business in sinergia con la presenza dello scalo. Scalo che dunque si ritrova unicamente a gestire una movimentazione-passeggeri orientata sul settore terziario (turismo) e non sul settore primario e secondario dell’economia locale (agricoltura/manifatture). Da considerare inoltre che tale fetta di terziario si orienta prevalentemente nell’industria ricettiva estiva, esponendo tutto l’indotto ai rischi della stagionalizzazione (sempre più compressa). Il secondo fattore di analisi suggerisce infatti che il “sistema-Sardegna” non ha saputo sviluppare un indotto capace di valorizzare le bellezze storico-archeologiche dell’isola, né agroalimentari, ma neppure quelle attinenti al solo ambito della balneazione, con imprese che investono poco e male nel settore dell’intrattenimento (al contrario, da Girona in Catalogna fino alle Baleari si sono insediate alcune – solo per fare un esempio – delle più prestigiose discoteche del mondo, con servizi aperti 24 ore su 24).

L’assenza di una diffusa cultura liberale ha così spinto anche i discutibili vertici della Sogeeal di Alghero (nominati dalla politica, con la Regione prima azionista dello scalo) ad investire prevalentemente su un solo vettore aereo di riferimento, esponendo tutto il territorio ad una fragile economia di sussistenza. Una politica industriale che non trova accoglimento in tutti i maggiori scali d’Europa, salvo in alcuni casi del meridione italiano, dove l’esistenza degli aeroporti è unicamente legata alla presenza di aiuti pubblici e non rappresenta quindi un fondamentale tassello di complemento di una sana e diversificata politica di investimenti.

Vi è infine il caso specifico di Ryanair, perché la conseguenza dei problemi che abbiamo visto porta la compagnia verso una serie di scelte commerciali che non si risolveranno con le politiche attuali. Ecco degli elementi da tenere in considerazione:

Chi pensa che la lieve crescita del traffico passeggeri di Alghero sia sufficiente a spingere la compagnia a non ridimensionare il numero di voli non ha la minima competenza ed esperienza in un management aeroportuale. In primo luogo perché in tutta Europa la formula del co-marketing sta incontrando resistenze da parte dei vettori tradizionali; in secondo luogo perché gli aiuti pubblici rappresentano una droga temporanea al mercato, in quanto il vettore beneficiario connette le proprie sorti a quelle degli aiuti, indipendentemente dalle reali ricadute economiche prodotte. Vale a dire che la presenza di un solo forte vettore in regime di co-marketing ne allontana anche terzi che potrebbero concorrere nello stesso scalo, o in scali vicini, abbattendo i prezzi (ma sui cui sarebbe comunque preferibile avere un modello di zona franca).

Un altro elemento da tenere in considerazione per un aeroporto è che le tensioni politiche nell’Africa settentrionale non agevolano affatto il turismo verso la Sardegna (ciò vale più che altro sul traffico marittimo), perché i vettori cessano di effettuare alcuni scali sull’isola che fino a poco tempo fa connettevano l’Europa centro-settentrionale all’Africa (utilizzando, appunto, gli scali sardi per soste e trasferimenti).

Un ulteriore elemento su cui riflettere è che una low cost come Ryanair è ben cosciente che il volume di traffico movimentato verso Alghero è considerabile come “vuoto a perdere”, perché in assenza dell’economia locale di cui facevo menzione, il turista che sceglie Alghero per una stagione, solitamente, non ritorna, e preferisce altre mete europee, meno dispendiose e più attrezzate della nostra. Chi pensa dunque che il permanere dello stesso numero di voli sia garanzia per ottenere lo stesso numero (se non superiore) di passeggeri, allora vive in un mondo di fantasia. E non a caso Ryanair ha subordinato la sua permanenza in Sardegna solo ai voli considerati commercialmente solvibili, salvo aiuti pubblici a quelli dismessi (aiuti che inoltre oggi risultano più corposi verso i vettori tradizionali che operano in regime di continuità territoriale, come Alitalia e Meridiana).

Un ultimo elemento di valutazione riguarda infatti la complessiva politica commerciale di Ryanair, che ha recentemente aperto il suo hub italiano di riferimento a Malpensa, proprio perché la logica degli hub secondari (pur supportati da aiuti pubblici) non è più sufficiente a garantire i piani di espansione della compagnia.

Alla luce di questo difficoltoso contesto abbiamo una politica regionale esclusivamente occupata a creare nuovi inutili enti amministrativi (pensiamo a Cagliari “città metropolitana”). Un ente il cui unico scopo sarà quello di attirare soldi pubblici che non serviranno minimamente ad agevolare investimenti privati ma solo a pagare stipendi, aumentando la pletora di dipendenti (cioè di falliti e di parassiti) che il vecchio referendum contro le Province aveva deciso di abolire. Ovviamente né i sindaci e né gli amministratori sassaresi hanno saputo replicare a questa mediocre classe politica con un nuovo modello gestionale dell’aeroporto di Alghero, preferendo agitare la richiesta di una ulteriore quanto improbabile città metropolitana del nord, o con più autonomia – pur legittima – dei sindaci locali, come fattore di compensazione per risorse pubbliche che verranno impiegate (o meglio, bruciate) solo in Campidano. Ricordiamoci che la legge statale 56/2014, con la quale sono state introdotte in Italia le città metropolitane, configurava enti la cui amministrazione doveva essere espletata a titolo gratuito, mentre in Sardegna, sulla base della vecchia legge regionale 04/97, oggi si è preferito puntare alla distribuzione di stipendi a carico dei contribuenti (rev. d.l. 176/2015).

In buona sostanza, la classe politica non sta lavorando per attirare investimenti con cui far crescere l’economia del territorio, ma per moltiplicare enti inutili con cui sperperare ulteriore spesa pubblica, consolidando i limiti strutturali di un’economia che continuerà a far emigrare i nostri giovani.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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