PD: Pigliaru indebita Regione con Cassa Depositi e Prestiti (e Fondazione Banco di Sardegna)

Con la nuova finanziaria regionale pare di essere tornati nel 1929. All’epoca c’era la crisi e il presidente USA Roosevelt, nel corso di tutti gli anni Trenta, lanciò il cosiddetto “New deal”, cioè una politica keynesiana di intervento dello Stato in economia, con l’obiettivo di stimolare la crescita. I risultati? Molto bassi. Come ci insegna la letteratura economica, ed in particolare i lavori di Murray Rothbard, la scuola austriaca mostrò come all’alba degli anni ’40 si tornò ai livelli di disoccupazione analoghi agli anni del crack, portando a circa 10 milioni il numero dei senza-lavoro. L’occupazione ripartì unicamente grazie allo scoppio della seconda guerra mondiale, che garantì all’industria statunitense buoni livelli di soddisfacimento della domanda di lavoro del mercato. Ma nell’ideologia e nella nostalgia di tantissimi americani (e di tanti intellettuali socialdemocratici), l’epoca Roosevelt continua a rimanere un punto di riferimento. E purtroppo si deve a quegli anni l’estensione dei debiti pubblici nel mondo, una piaga ancora tristemente nota.

Leggiamo Pigliaru dalle righe dell’ANSA, mentre annuncia in pompa magna l’accensione di un mutuo di circa 600 milioni di euro sulla pelle dei sardi: “Abbiamo contatti con la Banca europea degli investimenti e con la Cassa depositi e prestiti e questa è una politica keynesiana: si aprono cantieri e cerchiamo di superare il gap infrastrutturale”.

Ebbene, la storia d’Italia ha già dimostrato dove finiscono i soldi destinati alle infrastrutture e i motivi per i quali i debiti non vengono mai ripianati. Perché si perdono in: propaganda, progetti, burocrazia, opere inutili, opere mai terminate, finanziamenti a pioggia verso determinate aziende e professionisti, corruzione e dilatazione dei costi oltre quelli minimi di mercato (negli anni ’90 l’Italia li ha estesi oltre l’84% rispetto a quelli del mercato). Infatti per ogni anno di ritardo su un’opera pubblica i costi lievitano verso l’alto, e non solo quelli ordinari ma anche quelli accessori, vanificando dunque gli interessi zero di un eventuale mutuo acceso dalle istituzioni in tal senso.
Notoriamente i soldi dei contribuenti impiegati in opere pubbliche non sono utili al bene pubblico e finiscono ad oliare la classica spirale del clientelismo. Ma Pigliaru non era un liberale? Pare proprio di no, questa Giunta sta letteralmente “meridionalizzando” nell’assistenzalismo il nostro territorio, altro che creare vera ricchezza! D’altronde fu lo stesso Keynes a sostenere che sarebbe stato “meglio” munire un disoccupato di uno stipendio pubblico per fargli fare delle inutili buche sul terreno. Il che ricorda vagamente la logica di alcuni impiegati del nostro ente foreste, o la logica della Rinascita già sperimentata in Sardegna per tutto il secondo dopoguerra, quando furono create le inutili cattedrali nel deserto dell’industria pesante, con inquinamento, disoccupazione ed emigrazione ancora in atto. Infatti la politica prima tende a spremere il denaro del ceto medio, e dopo decide come programmarlo. Non a caso la maggioranza che governa la Regione non ha ancora esaustivamente argomentato come e dove impiegare le risorse.

Inutile ricordare ai lettori più esperti la Teoria della scelta pubblica di James Buchanan, dopotutto è dagli anni Ottanta che in economia non si considerano più le sole opere pubbliche come fattore di espansione della competitività se queste non sono abbinate anche ad uno sviluppo del capitale umano. Pigliaru infatti pensa che persino la dispersione scolastica possa essere ridotta facendo unicamente ricorso all’edilizia scolastica piuttosto che alla qualità e alla natura della formazione impartita nelle nostre scuole (da cui storia, geografia e lingua locale rimangono per buona parte assenti). Il che rende il suo principio vagamente ridicolo.

Della nuova finanziaria regionale sono apprezzabili pochi punti, come quello di abolire l’IRAP per un quinquennio alle nuove aziende, ma la misura non è sicuramente sufficiente per poter sperare nella ripresa.
Ben più grave appare l’ipoteca del mutuo richiesto dalla Giunta Pigliaru ad una Spa pubblica come la Cassa depositi e prestiti (che nella compagine societaria vede la partecipazione della Fondazione del Banco di Sardegna, in quota PD). E mentre lo Stato rimane in passivo con l’isola sulla vertenza entrate. Insomma, i sardi dovranno pagare un debito creato dalla politica, con la probabilità di ottenerne più danni che benefici.

E se aprissimo realmente una inchiesta sui rapporti tra politica e credito regionale?

Adriano Bomboi.

Iscarica custu articulu in PDF

U.R.N. Sardinnya ONLINE

Be Sociable, Share!

    2 Commenti

    • Politica e credito regionale. Adriano mi hai regalato un bell’argomento da promuovere. L’economia non è la mia materia e purtroppo a quanto pare non è la materia preferita dal mondo sardo/indipendentista. Questo non ci impedisce, anzi ci stimola a saperne molto di più, dal momento che i debiti creati ora, li lasceremo ai nostri figli e magari nipoti. Ti sento parlare spesso di Keines (ma kie n’est?) e delle sue teorie economiche. Accetteresti di fare da relatore ad un convegno sull’argomento, o meglio su un argomento fondamentale, spinoso, difficile da trattare, da capir e purtroppo molto trascurato da tutto il comparto indy?

    • Certo, perché no? Dovremo parlarne.

    Commenta



    Per la pubblicazione i commenti dovranno essere approvati dalla Redazione.