Gaza? In Siria 170.000 morti

Guardate questa foto, guardatela bene. Qualcuno di voi l’avrà già vista, altri l’avranno vista numerose volte questi giorni. Magari sotto recava la scritta: “Ecco cosa hanno fatto gli israeliani!”, ma no, non sono stati gli israeliani a fare questo. La foto mostra una delle numerose vittime siriane colpite dalla contesa per il potere in Siria, dove numerosi gruppi resistenti, ma anche fondamentalisti, stanno tentando da alcuni anni di rovesciare il regime degli Assad. Al bambino della foto, oggi scambiato per una vittima palestinese di Gaza, vengono rivolte poesie e tenere parole. Peccato che qualche anno fa fosse finito direttamente nell’oblio. Dimenticato dal mondo. Forse la sua colpa è stata quella di non nascere a Gaza. O forse la sua colpa maggiore è stata quella di non aver preso pallottole o missili dall’esercito israeliano. D’altronde non sappiamo neppure se il bimbo della foto sia sopravvissuto o meno alle ferite che sembrano riguardarlo.
In Siria l’orrore non si è mai fermato, la stragrande maggioranza delle immagini di bambini morti che circolano oggi in rete riguarda l’olocausto siriano e vengono strumentalizzate per Gaza, perché non hanno nome. Ma nei pressi di Damasco si continua a combattere quartiere per quartiere, soprattutto nelle città controllate dalle fazioni in campo. In tre anni sono stati stimati 170.000 morti, mentre il mondo rimane concentrato su Gaza. Solo lo scorso luglio nel Paese degli Assad sono morti 225 bambini, per un totale di 5.340 morti, compresi circa 2000 palestinesi, il doppio di quanti purtroppo ne sono morti per mano di Israele a Gaza nelle ultime settimane. Il conflitto siriano ha superato persino il numero dei morti avvenuto durante la guerra civile libanese, dal 1975 al 1990.
In Siria ci sono famiglie intere che vengono spazzate via dalla furia della violenza, l’esercito regolare attacca i quartieri finiti in mano alla resistenza, mentre la resistenza attacca i quartieri rimasti sotto il controllo delle forze governative. In tutto questo, come a Gaza, ma in termini drammaticamente più elevati, sono i deboli e gli indifesi a pagare il prezzo maggiore. E solo i più “fortunati” riescono a lasciare il Paese per poi magari finire preda di alcuni scafisti che li abbandonano nel Mediterraneo, vicini alle nostre coste.

Come in tutto il Medio Oriente due grandi pilastri geopolitici regionali si stanno confrontando per aumentare la propria sfera di influenza in un’area strategicamente importante per la quantità di risorse energetiche possedute: da una parte diverse monarchie del Golfo, come Sauditi ed Emirati (senza escludere l’Egitto di Al Sisi), dall’altra l’Iran, la Siria (con i suoi alleati libanesi), il Qatar e persino la Turchia (un Paese NATO). In mezzo nuota l’Iraq, diviso fra diverse forze che si contendono un territorio ricco di idrocarburi.

Se esiste un dovere morale di fronte a queste tragedie, è sicuramente quello di non strumentalizzare le immagini di anonimi bambini morti per appagare le nostre rispettive posizioni politiche, esponendoli come se fossero macabri trofei da usare per confermare l’aiuto ad una fazione in guerra piuttosto che a un’altra. E se fossero i vostri figli?

Scritto per SardegnaBlogger.

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