Quei “pacifisti” Sardi che tifano Hamas

“Hamas si è arricchita alle spalle dei poveri”.

Nisrine, 22 anni, sarta di Gaza a 5 dollari al giorno.

L’ETA Basca e il Fronte Corso di Liberazione Nazionale hanno annunciato uno stop ed uno smantellamento del loro arsenale, l’indipendentismo europeo si avvia così definitivamente a chiudere l’esperienza armata per approfondire a tutto tondo quella politica. Le ragioni sono molto semplici, la violenza non produce risultati, non porta benefici al popolo che si intende liberare e spesso si avvantaggiano i diretti avversari.
Ma in questi giorni la crisi israelo-palestinese ha sollevato un problema politico alquanto serio per la nostra galassia pacifista e indipendentista: da una parte si è giustamente contestato l’abuso della forza da parte di Israele contro la popolazione palestinese, dall’altra, diversi indipendentisti sono arrivati a tifare per Hamas, una organizzazione politica dotata di un braccio paramilitare, finanziata da varie potenze regionali del Medio Oriente, fra cui si sospetta il Qatar. E più per scopi politici che bellici. Infatti a nessuno sarà sfuggita la sproporzione di forze militari fra Tel Aviv e Gaza. Ciò non è dovuto tanto all’embargo di fatto prodotto da Israele sulla striscia di Gaza, ma al fatto che i facoltosi sostenitori mediorientali di Hamas (che al pari dell’occidente posseggono alcuni fra i migliori pezzi d’artiglieria e dell’aviazione esistenti), forniscono la sedicente resistenza palestinese di varie tipologie di razzi prevalentemente inefficaci, per una serie di ragioni che non staremo ad approfondire in questa sede. L’obiettivo può essere molto semplice: lo status quo. Ai Paesi arabi vicini non importa la nascita di uno Stato palestinese democratico (poiché potrebbe causare la fine dei vari regimi dell’area), e sfruttano così i palestinesi come zona-cuscinetto, dove la destabilizzazione di frontiera deve essere aperta e costante. Colpisce soprattutto la sproporzione di ricchezza fra i leader di Hamas (ma anche dell’ANP) ed il popolo. Pensate che mentre numerose ONG occidentali aiutano i bambini palestinesi, i leader di Hamas fanno turismo in pregiate capitali del Golfo. Non solo a Doha (dove uno dei dirigenti sarebbe azionista di una vasta holding immobiliare) ma anche negli Emirati, a Dubai. Il solo presidente Abu Mazen ha un patrimonio personale stimato in 100 milioni di dollari. L’UE destina abitualmente all’ormai ex ANP/Stato Palestinese milioni di euro (100 nel solo 2012), si stima per un totale di 5 miliardi di euro a partire dal 1994. Fino al 2004 invece l’Arabia Saudita avrebbe versato oltre 50 milioni di dollari all’anno. Ignoto il volume complessivo del sostegno dall’Iran, inizialmente attestatosi sui 3 milioni di dollari annui e lievitato fino ad un calo nel 2012, anno in cui lo scarso sostegno di Hamas all’alleato di Teheran, Assad, sarebbe costato una riduzione. Andrebbe inoltre analizzata la mappa dei finanziamenti alle fazioni combattenti, mai sprovviste di denaro (mentre medici e insegnanti sarebbero spesso sul lastrico), secondo quando riportato da uno studio di Rachel Ehrenfeld. Abbiamo quindi una classe politica palestinese la cui fazione più radicale dipende dalla politica di altri Paesi, che risulta fra le più assistite del mondo, e che non riesce ad operare per costruire scuole ed ospedali a sufficienza (per non parlare dell’assenza di diritti civili a cui è sottoposta la popolazione). La corruzione e la dipendenza in politica estera di Hamas si traduce nella rovina dei palestinesi, perché i lanci di razzi, simulando una inutile resistenza, hanno l’unico obiettivo di attirare la superiorità bellica di Israele e di creare nuovi martiri, utili al consenso della dirigenza di Hamas (il cui statuto, giova ricordarlo, non impone il disarmo qualora Tel Aviv lasci i territori occupati, ma invita a proseguire la battaglia fino alla distruzione finale). Tale linea rende di fatto la classe politica di Gaza come speculare agli interessi di numerosi Paesi, incluso proprio Israele, che ha così l’opportunità di proseguire nel suo interventismo militare.
Hamas è anche riuscita a colpire due asili ebraici, con la differenza che erano stati precedentemente evacuati dalle autorità israeliane, mentre il movimento palestinese invita il suo popolo a non abbandonare le case ed utilizza persino gli uffici delle Nazioni Unite come ripostiglio per i razzi.
Gli attacchi terroristici sono numerosi, con decine e decine di vittime israeliane, bambini inclusi. Fra i più noti, lo Sbarro restaurant massacre (130 feriti e 15 morti, di cui 7 bambini); il Passover massacre (140 feriti e 30 morti); il primo attacco al bus della Jerusalem Central Station (26 morti); al Jerusalem main market (16 morti); l’Egged bus 6 bombing (28 colpiti); la strage alla discoteca Dolphinarium (21 ragazzi morti); il Rishon LeZion bombing (15 morti), l’HaSharon mall suicide bombing di Netanya (5 morti), e potremmo continuare con una lunga lista che copre decenni di sanguinose battaglie.

Pacifisti e indipendentisti Sardi non possono sostenere i palestinesi radicali come risposta alle azioni di Israele, e qualora esistesse uno Stato Sardo, non avremmo esitato ad inserire Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche. Nessun sostegno a dei banditi miliardari pagati da Stati che sfruttano le miserie del proprio popolo.

A.B.

Iscarica custu articulu in PDF

U.R.N. Sardinnya ONLINE

Be Sociable, Share!

    1 Commento

    Commenta



    Per la pubblicazione i commenti dovranno essere approvati dalla Redazione.