E i soldi dei contribuenti? Dal buco nero di Abbanoa alla fine del Galsi

Di Roberto Melis.

Lo scarso virtuosismo della Regione nei settori chiave della nostra economia ha pesanti ricadute – non solo nella pianificazione energetica e logistica dell’isola – ma anche per i servizi essenziali alla cittadinanza, pensiamo alla ricapitalizzazione di Abbanoa.
La decisione di salvare l’ente idrico (purtroppo avvallata dall’Assessorato ai Lavori Pubblici guidato dai sovranisti) mostra la totale incapacità della Regione di progettare un piano di distribuzione all’insegna dell’efficienza e delle leggi del libero mercato. D’altra parte non ci aspettavamo la presentazione di un piano industriale alternativo, perché chiunque arrivi all’assessorato, oltre a non avere competenza in materia, deve fare i conti con la pila di vertenze aperte, e spesso l’unica strada è quella di proseguire l’operato dei predecessori.
A fronte di centinaia di milioni di euro di debiti causati dalla lottizzazione politica a cui quasi tutti i partiti del Consiglio Regionale negli anni hanno presto parte, si continua a riversare denaro pubblico senza alcuna efficace azione di controllo sull’operato della politica. Secondo l’assessore Paolo Maninchedda (PDS) non si può distruggere un servizio fondamentale e bisogna andare avanti con il piano di investimenti. In buona sostanza, la maggior parte dell’esposizione finanziaria riguarderebbe proprio gli investimenti per rilanciare il servizio, mentre i restanti milioni di euro sarebbero un problema secondario, quasi che la politica abbia il diritto di sperperare denaro pubblico senza dover rendere conto della propria fallimentare esperienza sul piano della gestione. Politica che è azionista nel CDA attraverso le maggiori amministrazioni comunali della Sardegna, come Sassari e Cagliari.
Si tratta di una posizione inaccettabile, nascosta dallo spauracchio di difendere l’acqua pubblica contro inesistenti aggressioni da parte di presunte multinazionali straniere. Prima di tutto perché l’acqua come bene pubblico non è in discussione, e secondo, perché l’efficienza del servizio richiederebbe meno ostilità ideologica per la sua distribuzione, che potrebbe aprire maggiormente ai privati, conservando quindi la proprietà collettiva del bene. L’esperienza ha già dimostrato che in Sardegna l’operato delle multinazionali non è sempre vantaggioso per i privati (osservate il vecchio debito di Abbanoa con Acciona Agua), mentre per le assunzioni gli appalti non sono mai stati esenti da influenze politiche (vedere i multiservizi di Cofely-GDF Suez nel nuorese). Ognuno tragga le sue valutazioni del caso.

Di questi temi se ne dovrà assolutamente parlare, perché trasparenza ed efficienza dovranno essere le bandiere dell’azione politica indipendentista sul territorio. Inoltre Paolo Maninchedda ha dimostrato di apprezzare le generose indennità con cui gli ignari contribuenti Sardi spesano le tasche dei consiglieri regionali, vedere gli assegni di fine mandato.

Interessante invece il “Partito dei Sardi” nella sua iniziativa regionale mirata ad assumere il controllo delle dighe nel settore idroelettrico Sardo, attendiamo di vedere quali iniziative verranno promosse nel campo dell’energia eolica e solare. Le delibere approvate sinora riguardano i bacini di Flumendosa, Taloro e Coghinas, subentrando nei progetti Monti Nieddu e Cumbidanovu. Nulla di cui esultare però al momento. Andrà evitata la tendenza a “nazionalizzare” determinati servizi, e stando attenti che i prezzi sul mercato non subiscano variazioni al rialzo. Il punto non è controllare un bene pubblico, ma far si che la sua gestione sia efficiente nel rapporto costi/benefici ai contribuenti. Avremo modo di valutarne gli esiti.
Anche se rimaniamo critici sul progetto politico intrapreso da Sedda e Maninchedda con l’attuale maggioranza regionale, la qualità del loro assessorato rimane superiore a quella di altri uffici della maggioranza.

Tuttavia c’è un altro grave problema irrisolto. Lo scorso 14 maggio la Giunta Pigliaru ha congelato l’investimento in SFIRS per la realizzazione del gasdotto dall’Algeria, e con il ritiro di tutti gli undici milioni di euro inclusi nel progetto. Si è trattato di una decisione politica poco meditata, dettata dai rallentamenti per la messa in opera del progetto causati dall’azione di lobbying di alcuni gruppi energetici italiani e stranieri, e anche dai mutamenti politici algerini e di mercato sopravvenuti negli ultimi anni. Eppure la crisi Ucraina e la nuova serrata del gas russo avrebbero dovuto indurre tutto il Consiglio Regionale, opposizione compresa, a discutere il problema.
In ogni caso la maggioranza non ha abbandonato la volontà di metanizzare l’isola, e stando a quanto affermato dall’Assessore alla Programmazione Raffaele Paci, la Regione sarebbe pronta ad investire su un progetto alternativo.
Rimangono quindi tanti dubbi riguardo alle future azioni che la Giunta Pigliaru intenderà intraprendere, perché senza un gasdotto, il metano arriverebbe per mezzo delle navi metanifere, ed a quel punto sarebbe necessario investire sull’adozione di rigassificatori, oltre che per la posa della rete di distribuzione interna da collegare alle reti cittadine. Dovremmo così scongiurare la classica commercializzazione del metano in bombola, di cui si avvantaggerebbero i soliti oligopolisti a discapito dei risparmiatori Sardi e dello sviluppo industriale ed economico dell’isola. Il punto è che non si comprende come la Regione intenda muoversi, anche in ragione della tutela ambientale e per lo sviluppo delle energie rinnovabili. L’unico dato certo è che per il momento la concentrazione di interessi nel mercato energetico continua a dissanguare il nostro tessuto economico e civile. Quando inizieremo a parlare di Antitrust?

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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