‘Gli stazzi? Cumuli di pietre’. Barrack e lo sceicco in piazza

Si ringrazia Francesco Giorgioni per il contributo.

“Sono un cumulo di pietre: vogliamo lasciarli così?”.

Il cumulo di pietre sarebbero gli stazzi, la domanda (in risposta ad un’altra domanda) con incorporata provocazione, forse inconsapevole, esce dalla bocca di Tom Barrack. Filtrata dalla traduzione dell’interprete, cosicché nascono dispute sul termine precisamente pronunciato dal finanziere texano; qualcuno sostiene che abbia parlato di ruderi, non di cumuli di pietre. Dagli stazzi si passa agli abbeveratoi. “L’acquapark a Liscia Ruja? Pensavamo di farlo per dare un’occasione di divertimento a famiglie e bambini. Lo faremo da un’altra parte”.
Tutto questo accade e si sente giovedì 28 febbraio ad Arzachena, ad un tavolino del caffè gestito da Andrea Ranedda, nel gelo soffiato dal maestrale fino in piazza Risorgimento. Attorniati dai consiglieri della maggioranza comunale e da uno sparuto pubblico, in uno sfavillare di flash, siedono Mohammed Al Sowaidi, Tom Barrack e i sindaci di Arzachena Alberto Ragnedda e di Olbia Gianni Giovannelli. Ad ogni parola corrisponde il ticchettio degli iPad impugnati dai cronisti, attenti a cogliere ogni sfumatura del discorso. Ci si aspettava un incontro pubblico per spiegare alla comunità il nuovo master plan – al centro di un dibattito virtuale, ma molto intenso – ma per ora ci si deve accontentare di una conferenza stampa al bar.
Al Sowaidi è il giovanissimo delegato dello sceicco incaricato di tenere i rapporti con le amministrazioni sui cui territori ricade l’investimento immobiliare proposto dalla Qatar Holding. Barrack, da padrone della Costa Smeralda, è diventato consulente di coloro a cui ha venduto le sue quote di maggioranza. Giovannelli e Ragnedda ascoltano l’esposizione dei due messaggeri dello sceicco.
Il giovane manager arabo spiega che in un turismo mondiale in rapida evoluzione la Sardegna non può restare al palo. Poi interviene Barrack e risponde alla domanda sugli stazzi al centro di un’ipotesi di riqualificazione che, se si dovessero dire le cose come stanno, sarebbe più appropriato definire demolizione per lasciare in piedi solo i metri cubi necessari a realizzare ville ex novo. Barrack mette sul tavolo anche le decine di imprese coinvolte nella ristrutturazione degli alberghi, una cinquantina di ditte chiamate direttamente dai nuovi padroni.
Dopodiché parlano gli amministratori, per la verità più Giovannelli che Ragnedda. “I contrari all’investimento e alle ristrutturazioni degli hotel indichino un’alternativa – s’infervora il sindaco di Olbia – ma questa non può essere certo l’industria. E tengano conto, costoro, che il settore trainante di questo territorio resta il turismo”. Ragnedda si limita a ribadire che un giudizio basato su un piano che non si conosce resta un pregiudizio.
La veemenza di Giovannelli mi sorprende, anche perché Olbia è solo marginalmente coinvolta nel progetto: sul suo territorio ricade solo il 5 per cento del comprensorio Costa Smeralda. Giovannelli è persona misurata, ma il suo intervento dà l’idea della confusione che aleggia nella disputa tra critici e fautori del progetto e, soprattutto, della indisponibilità al dialogo di chi preme per una sua immediata realizzazione.
Anzitutto, chi mai ha posto ostacoli sulla necessità che gli attuali alberghi – del tutto inadeguati al mercato corrente – non debbano essere ammodernati e arricchiti con nuovi servizi? Si è detto l’esatto contrario: invece di costruire ancora, in una provincia con il 53 per cento di seconde case vuote, si aggiorni ciò che già è stato edificato.
Caro Gianni: è più irresponsabile il lasciar fare senza discutere o porre con forza il problema della sostenibilità di un parco divertimenti acquatico a Liscia Ruja o sollevare obiezioni all’ipotesi di un albergo nello splendido promontorio di Monti Zoppu? Per l’ennesima volta, mi vedo costretto a ripetere che non si contestano a prescindere gli investimenti sul turismo ma le speculazioni immobiliari, il cemento fine a se stesso che cessa di produrre ricadute nel momento stesso in cui chiudono i cantieri. Dunque, in pochi mesi. Poniamo la questione in un’ottica manageriale. Nel rapporto costi/benefici, il presunto arricchimento al settore turismo derivante dalla costruzione di un altro mezzo milione di metri cubi è superiore all’impoverimento in termini di perdita ambientale?
Siamo sicuri che si possa lasciare tutto nelle mani di chi considera gli stazzi “cumuli di pietre” o ritiene che per divertirsi, in Costa Smeralda, non si possa fare a meno di una una vasca di plastica con vista su Liscia Ruja?

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos

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    2 Commenti

    • Prima che il popolo Sardo se ne renda conto passera ancora del tempo.
      SARDIGNA NO ESTE italia ma una COLONIA de s’italia.
      IL popolo Sardo un popolo TENACE ma incapace di unirsi per obbiettivi comuni.
      Ti hanno convinto che sei (LOCO) e stai dimostrando di esserlo.
      Rubano le tue risorse e tu li aiuti a farlo.
      Ti levano i soldi dalle tasche e tu gli dici grazie.
      In pagus fueddos SARDIGNA este una COLONIA e una ZONA pro FRANCAS ISTRANZAS
      In poche parole la SARDEGNA è una COLONIA una TERRA AFFRANCATA alle servitù dei padroni STRANIERI.

    • Semplicemente inquietante. Dire che ” il settore trainante di questo territorio resta il turismo” e che “la scelta non può essere certo l’industria” significa proprio avere una visione dell’economia pari a zero. E’ veramente una classe politica che fa pena.

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