Radar contro la droga dalla Spagna? E perché non contro quella dall’Italia? Con un consiglio al PD

Di Corda M. e Bomboi A.

In accordo con il corpo della Guardia di Finanza, è partita da mesi una campagna per l’installazione di una rete di radar che dovrebbe svilupparsi nella costa sud-occidentale della Sardegna. La tecnologia, di derivazione israeliana, permetterebbe l’individuazione di imbarcazioni di migranti provenienti dal mare ma anche la tracciabilità di un’altra serie di traffici, tra cui quelli relativi al mercato della droga.
A livello europeo dunque la scelta di uno scudo preventivo sul Mediterraneo destinato a monitorare eventuali rotte dell’illegalità sarebbe una soluzione auspicabile in relazione ad un potenziamento degli standard di sicurezza a cui le nostre comunità devono poter guardare.
Vi sono tuttavia tre osservazioni fondamentali da cui non si può prescindere:

– Il potenziale deturpamento paesaggistico ed ambientale determinato da installazioni evidentemente invasive sul panorama del territorio.
– L’eccessiva proiezione di inquinamento elettromagnetico sul territorio e quindi sulla presenza umana ed animale circostante alle installazioni.
– Una domanda di carattere logistico e militare: la Difesa – ed in generale la Pubblica Sicurezza – deve scaricare sulla Sardegna la sua assenza di mezzi per pattugliare direttamente in mare la prevenzione dei rischi di illegalità?

In base a quest’ultima osservazione, torna dunque di attualità una tendenza tipica del centralismo italiano a danno dell’isola e, più in generale, dei suoi cittadini stessi. Infatti, come nel caso del poligono militare di Quirra, sottoposto a indagine della Magistratura per disastro ambientale, bisogna chiedersi: è possibile che uno Stato danneggi i propri cittadini nel tentativo di proteggere gli stessi da eventuali minacce esterne? La risposta più ovvia dovrebbe essere no. Pertanto la valutazione di questo problema diventa inevitabilmente politica e per i Sardi la materia diventa non solo un problema di sicurezza esterna ma soprattutto interna, se sul versante esterno la Sardegna ha certamente bisogno di monitorare le minacce alla sua stabilità, su quello interno le minacce vengono esposte dalla penisola italiana e dallo Stato stesso.
Abbiamo quindi una potenziale minaccia esterna e due interne. Tra queste ultime, da una parte abbiamo lo Stato che per controllare quella esterna danneggia il territorio, dall’altra abbiamo le minacce derivanti dalla stessa penisola italiana, la cui criminalità organizzata continua ad immettere nel nostro mercato nero armi e sostanze stupefacenti.
Non sarebbe provocatorio dunque chiedere a Roma se i radar non debbano esistere anche sul versante orientale della Sardegna, qualora non fossero impattanti sotto il profilo ambientale.
I Sardi infatti devono difendersi anche dalle minacce alla sua sicurezza provenienti dalla penisola italiana ed in particolar modo da alcune regioni meridionali.

Andrebbe piuttosto potenziato l’organico ed i mezzi della Guardia Costiera su entrambi i fronti dell’isola, dimostratasi purtroppo poco tempestiva nel far fronte ad altre minacce immediate (come nel versante orientale) quale il salvataggio di natanti in difficoltà. Pensiamo alle imbarcazioni turistiche da diporto e/o quelle per la pesca.
Si impone quindi il no ai radar ma anche un incremento delle dotazioni convenzionali per la sicurezza della Sardegna, sia sul lato occidentale che orientale.

Al Partito Democratico e soprattutto ai parlamentari Sardi occorrerebbe più coerenza: non ci servono infatti “onorevoli” che si accorgono di un problema solo dopo le proteste della popolazione locale e degli indipendentisti al fine di cavalcarle e strumentalizzarle. Ed a maggior ragione, proprio dopo che gli stessi parlamentari avevano invece votato a favore di misure nocive alla Sardegna, come l’ampliamento del poligono di Quirra. I Sardi non hanno tempo da perdere con questa mediocre condotta politica.

Grazie per l’attenzione.

- Vi alleghiamo al seguito lo scorso comunicato dei membri del Comitato Misto Paritetico sulle attività militari nell’isola, pubblicato presso sardegnaeliberta.it:

Al presidente del CO.MI.PA.

I membri del Comitato Misto Paritetico sulle attività militari in Sardegna, rappresentanti il Consiglio Regionale Sardo, non partecipano alla riunione convocata per il giorno 23 Maggio presso il Comando Marina di Cagliari, per l’esame dei programmi addestrativi del secondo semestre 2011, per i seguenti motivi:
le problematiche che emergono dalle vicende legate alle attività militari in Sardegna sono giunte ad un punto tale che non consentono a nessuno un approccio pilatesco o, peggio ancora, noncurante delle conseguenze, quasi che, approvare i programmi e quindi avallare tutte le operazioni connesse, sia un momento distinto e senza un legame logico e consequenziale con gli effetti che conseguono a queste operazioni.
In diverse circostanze e da troppi anni abbiamo sollevato dubbi, manifestato perplessità e reiterato, inascoltati, la richiesta improcrastinabile di un serio, oggettivo e neutrale monitoraggio ambientale per tutti i poligoni sardi: Quirra, Capo Teulada, Capo Frasca, innanzitutto.
C’è voluta la magistratura, verrebbe da dire, e un accumulo inusitato di indizi tutt’altro che rassicuranti; non ci sentiamo per questo sminuiti o scavalcati, da qualunque parte venga un approccio serio a queste tematiche ben venga ma soprattutto presto venga!
Il monitoraggio ambientale, quello vero, arriva a Quirra quando forse le situazioni parrebbero assai compromesse; una ragione ulteriore perché si estenda immediatamente l’indagine anche agli altri siti, sperando che corrisponda ai canoni di una ragionevole ed opportuna opera di prevenzione, senza aspettare che si alimenti una nefasta psicosi collettiva, che si produca immediatamente il danno di immagine senza avere alcuna certezza sulla reale situazione oggettiva, senza che sia necessaria la riesumazione delle vittime o la ricerca affannosa di porre riparo all’irreparabile.
Una normale, dovuta attività di prevenzione invece, avendo come obiettivo attività addestrative compatibili con le situazioni reali in cui si va ad incidere, selezionando ed utilizzando tecniche e materiali adeguati a garantire la salute, in prima luogo degli addetti che lavorano e vivono nei poligoni, ma con la dovuta attenzione alle popolazioni civili dei territori più prossimi ai siti militari che, senza averlo scelto, si trovano a subire le conseguenze come se fossero maestranze degli stessi o peggio un complemento qualunque dei luoghi interessati dalle esercitazioni.
Per questi motivi riteniamo che i programmi addestrativi possano essere esaminati, discussi e licenziati solamente in presenza di uno scenario che comprenda impegni concreti di tutti coloro che hanno competenza in materia, per la soluzione dei problemi evidenti a qualunque cittadino consapevole, ancora di più se direttamente investito di una quota di responsabilità rispetto ad essi.
Per quanto ci riguarda riteniamo che svolgere fino in fondo la nostra funzione significhi sollevare tempestivamente le questioni nelle sedi competenti, lontano dai clamori ma prossimi alle sedi deputate ad assumere le opportune decisioni, come è stato recentissimamente nella sede istituzionale della Presidenza del Consiglio Regionale, direttamente con l’On. Claudia Lombardo, prospettando le questioni e chiedendo cortesemente di farsi tramite nei confronti della competente commissione consiliare per una audizione sull’argomento.
La stessa richiesta invieremo immediatamente all’Assessore Liori e a tutti i gruppi consiliari regionali perche si facciano carico del problema, ad incominciare dallo stanziamento delle risorse necessarie per il monitoraggio ambientale di tutti i poligoni e delle azioni che ne dovessero conseguire.
Inoltre i rappresentanti civili del CO.MI.PA. informano l’Ammiraglio che non sono stati ancora risolti i seguenti argomenti:
1) NON SONO ARRIVATI I CONTRIBUTI PREVISTI DALLA LEGGE 104, RELATIVI AGLI ANNI 2005/2009.
2) (CIRCA 15.000.000 DI EURO).
3) NON E’ STATO FIRMATO IL DISCIPLINARE D’USO DEL POLIGONO DI TEULADA, PER IL QUALE DA PARTE DELLA REGIONE SONO STATE INOLTRATE PIU RICHIESTE COMPRESO L’OSSERVATORIO AMBIENTALE.
4) NON SONO ANCORA STATI PREVISTI I DISCIPLINARI PER I POLIGONI DI QUIRRA E CAPO FRASCA.
5) IL COMIPA (PARTE CIVILE) NON E’ STATO INVITATO ALLE RIUNIONI E NON GLI SONO STATI CONSEGNATI I RISULTATI DEL MONITORAGGIO AMBIENTALE NEL POLIGONO DEL P.I.S.Q, GIA GARANTITI NEL MESE DI SETTEMBRE 2010.
6) NON SONO STATI PORTATI ALL’ATTENZIONE DEL CO.MI.PA. i lavori per l’istallazione dei radar: Capo Pecora a Fluminimaggiore, Capo Sperone a Sant’Antioco (sito che in base agli accordi del 2008 deve essere dismesso in favore della Regione Sardegna), Punta Foghe a Tresnuraghes, l’Argentiera nel comune di Sassari, tutte zone di alta valenza ambientale e paesaggistica tutelate dal PPR, argomenti letti nei quotidiani locali.

Aramu, Cherchi, Fiori, Fronterrè, Mocci, Orrù, Tanas.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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