Realismo o fanfaronaggine? I sei errori di Trump sull’Ucraina

I cosiddetti “realisti” amano ripeterci: «Vedete? Gli ucraini non riescono a riprendersi i territori occupati dai russi, dunque prolungare la guerra non ha senso».

Chi conosce il realismo politico, e la storia, ricorderà che gli afghani, al tempo dell’occupazione sovietica, non si batterono per liberare ogni metro quadrato di territorio dai russi, perché sapevano di non disporre di una forza militare adatta allo scopo, ma si limitarono a danneggiare pesantemente le forze armate nemiche, grazie al supporto americano. Sinché i sovietici, travolti dai costi di una guerra insostenibile e interminabile, e con l’imminente crollo dell’URSS, furono spinti ad abbandonare spontaneamente tutto il paese.
Lo stesso accadde agli americani in Vietnam.
Qualsiasi analista militare sarà in grado di dirvi che un parametro di successo in una guerra non è determinato dal semplice numero di ettari di terreno conquistati, ma dalla capacità di tenerli nel corso del tempo.

I nostri sedicenti “realisti” amano pure dirci che: «A Trump non interessa far vincere gli ucraini, deve tenere buoni rapporti con la Russia per separarla dalla Cina, vero obiettivo di Washington».

Nella realtà mezza Asia si è già schierata dalla parte dell’Unione Europea, e sapete perché?
Come hanno ben spiegato i premier di Giappone, Corea del Sud e Taiwan, perché premiare la Russia per l’invasione dell’Ucraina significherebbe lasciare campo libero anche ai cinesi per aggredire i propri vicini, a partire dai taiwanesi. Passerebbe il messaggio che si può conquistare militarmente un vicino senza subire alcuna conseguenza, e addirittura venire premiati.
Un pericoloso precedente per il diritto internazionale contemporaneo.
Pertanto, continuare a sostenere l’idea che un avvicinamento USA-Russia sia funzionale ad una strategia di contenimento della Cina, pare ormai un’idea esistente solamente nelle mente dei trumpiani più incalliti, o dei filorussi fintamente “pacifisti”. Sarebbe proprio la debolezza verso Mosca ad innescare un’era di conflitti ed instabilità maggiori, esattamente come l’appeasement del 1938.

Ma per essere precisi, chiunque abbia studiato Relazioni Internazionali conosce i capisaldi del realismo politico, come quelli postulati da Hans Morgenthau (1904-1980), i quali suggeriscono ai capi di Stato e di governo di bilanciare le proprie posizioni sulla base dei rapporti di forza esistenti nello scenario globale.

Trump ha rispettato questi principi?

No, almeno sino a questo momento ha commesso 6 errori, di cui soprattutto gli ucraini stanno pagando il conto.

Quali sono?

1) In primis, sino a poche settimane fa, la Casa Bianca ha sottovalutato il peso dell’Unione Europea e la capacità politico-economica di Bruxelles di condizionare il dialogo tra USA e Russia, e di conseguenza, la capacità dell’UE di influenzare la politica ucraina sulle scelte da adottare in politica estera.

Per esempio, Trump si è solo recentemente reso conto di non poter togliere tutte le sanzioni alla Russia, poiché il loro maggior peso, in termini economici, è stato statuito dagli europei.
Inoltre, Trump si è reso conto che i propri aiuti economici e militari agli ucraini, per quanto importanti in termini tecnologici rispetto a quelli UE, non sono decisivi e risolutivi rispetto a quelli europei.

2) Dalla sottovalutazione di questi rapporti di forza, negli equilibri esterni all’Ucraina, Trump è stato spinto a commettere un secondo errore che riguarda gli equilibri interni ucraini, e che avrebbe evitato se avesse ascoltato gli esperti di intelligence e del Pentagono: ossia quello di sottovalutare la resistenza ucraina.
Una resistenza ucraina che a sua volta viene tenuta in piedi, oltre che dagli aiuti militari, anche e soprattutto dal morale dei combattenti e dell’intera popolazione ucraina che li supporta, come più volte scritto anche dal Col. Orio Stirpe. Poiché a differenza di quanto ripetuto dalla propaganda russa, gli ucraini non stanno combattendo per “far felice Zelensky”, e non ci stancheremo mai di ripeterlo, ma per sopravvivere, per vendicare i propri caduti, per salvare le proprie case, i propri cari, e per evitare che l’intero paese finisca nelle fauci del regime russo. Un regime russo che da 25 anni incarcera e uccide ogni oppositore del Cremlino.

3) Come se non bastasse, oltre al fatto che Trump non ha compreso gli equilibri ideologici e politici interni all’Ucraina, non ne ha compreso neppure quelli tecnico-giuridici: per esempio, nella richiesta di riconoscimento formale della Crimea a favore dei russi, non ha tenuto conto che la Costituzione ucraina impedisce a Zelensky di assumere autonomamente una decisione simile, volente o nolente. Un errore che Trump, anche in questo caso, avrebbe evitato se si fosse affidato a degli esperti e non alle proprie impressioni, magari maturate ascoltando troppa propaganda russa.

Morgenthau spiegò errori simili nelle scelte effettuate dai capi di Stato ritenendo che questi potessero essere guidati, in parte, da elementi irrazionali o comunque privi di aderenza alla realtà.
Per esempio, lo stesso Putin ha avviato la guerra sulla base di presupposti errati, vittima della sua stessa propaganda, in quanto, A) riteneva di conquistare l’intera Ucraina in pochi giorni e senza particolari sforzi, poiché, B) sopravvalutava il proprio esercito e, C) sottovalutava quello ucraino. Inoltre, D) riteneva che gli ucraini, soprattutto quelli del Donbass, sarebbero stati più accondiscendenti verso Mosca (denotando il fallimento dei rapporti russi di intelligence). Infine, E) sottovalutava la reazione della comunità internazionale alla sua guerra, che ha supportato attivamente la resistenza ucraina.

4) Il quarto problema di Trump riguarda la sua sopravvalutazione della forza russa. Ad oggi il fronte è relativamente congelato, nella misura in cui non ci sono nuovi significativi avanzamenti russi a danno degli ucraini, con questi ultimi che di recente hanno formalizzato anche l’occupazione di una porzione della regione russa di Belgorod. Ufficialmente con l’intento di realizzare una zona cuscinetto di sicurezza contro le incursioni russe nel territorio ucraino antistante.
La Russia inoltre sta riscontrando una penuria di mezzi, una penuria di droni, ed una superiorità dei droni ucraini che sono riusciti ad abbassare il vantaggio russo in termini di numero di soldati rispetto a quelli ucraini. Ricordiamo infine: tutti sono consapevoli che gli aiuti europei cresceranno nel tempo in quantità e qualità, mentre le risorse russe, in presenza di sanzioni e senza una loro revoca dovuta ad un cessate il fuoco, continueranno a degradarsi.
Il presidente USA invece insiste con la narrazione russa di una possibile conquista dell’intera Ucraina da parte di Putin.

5) Il quinto problema di Trump è poi quello di non aver compreso la variazione degli equilibri internazionali in relazione alle proprie decisioni sull’Ucraina.
Abbiamo già accennato alla posizione di Giappone, Corea del Sud e Taiwan per offrire un esempio al riguardo. E come recentemente scritto da Lisa Haseldine per un editoriale sul Telegraph, Trump non sembra neppure aver compreso gli effetti sulla Cina dei suoi colloqui con Putin, perché la debolezza e l’accondiscendenza trumpiana verso Mosca può avere conseguenze, non solo nel fallimento di un accordo di pace in Ucraina, e non solo con la volontà di Pechino di annettere Taiwan, ma anche su altri tavoli di discussione che riguardano la Casa Bianca. Pensiamo alla guerra tariffaria sui dazi con Pechino e altri paesi, o anche al programma nucleare iraniano, o alla massiccia presenza turca in Siria, non del tutto apprezzata dall’alleato israeliano.

6) Il sesto problema, in conclusione, riguarda la parodistica azione negoziale di Trump coi russi. Gli inesperti negoziatori trumpiani non hanno compreso che ad ogni nuova concessione fornita a Putin, questi ha aumentato il volume delle condizioni e delle pretese, allontanando la pace. Nonostante Kyiv e Bruxelles avessero già allertato la Casa Bianca sul modus operandi russo.
Ma ciò è avvenuto anche perché sin da subito Trump ha consegnato importanti leve negoziali ai russi, non ha mai fatto concrete pressioni su di loro. Ed ha più volte attaccato Zelensky e gli ucraini per spingerli, non ad un accordo equo e/o vantaggioso per l’aggredito, ma per riabilitare l’aggressore, senza offrire garanzie di sicurezza agli ucraini.

D’altra parte, non si tratta neppure di un’autentica mediazione. Osserviamo solamente la linea in cui l’arbitro propone esclusivamente ad una parte di cedere qualcosa, facendogli pressioni, e riportando per filo e per segno le richieste dell’aggressore.
Di una simile “mediazione” si può benissimo fare a meno. Al resto ci penserà la storia, che saprà bollare col marchio dell’infamia questo triste passaggio della storia americana.

Fortunatamente, né Kyiv né l’Europa e gli altri alleati avvalleranno mai la capitolazione dell’Ucraina, soprattutto sulla base di motivazioni ridicole da parte dei due Paesi che la reclamano, USA e Russia, che non dispongono neppure del controllo del territorio ucraino conteso.
Infatti, per stare sul solco del realismo politico, siamo in presenza di un’altra sua mancata regola, perché non si può disporre tramite accordi di beni altrui se poi questi vengono amministrati materialmente da qualcun altro.
Come voler decidere sul frazionamento di una casa altrui, senza possedere l’effettivo potere per farlo. Il che renderebbe tale accordo pura carta straccia.

Adesso bisognerà osservare se Trump riuscirà ad ottenere una tregua temporanea, oppure, nell’ipotesi di un fallimento, se procederà a ritirarsi dai negoziati, o se introdurrà realmente severe sanzioni alla Russia, dando una svolta alla propria nociva politica. I prossimi sette giorni saranno fondamentali.

Adriano Bomboi.

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    1 Commento

    • Analisi perfetta, concordo in pieno, bravissimo.

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